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"Ripartiamo con strumenti per migliorare le condizioni delle donne lavoratrici"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

La Casa delle Donne di Ravenna, insieme alle sezioni ravennati di Unione donne in Italia, Presiose e Donne in Nero, ha inviato una lettera al presidente e vicepresidente della Regione, al sindaco e agli assessori alle politiche di genere e dei servizi sociali del Comune di Ravenna e alle organizzazioni sindacali.

"Questa pandemia ha messo a nudo tutta la fragilità dei nostri sistemi sociali, la convinzione patriarcale e antropocentrica di sentirsi padroni del mondo. Ha inoltre acuito disparità di diritti tra esseri umani, nello specifico il diritto alla cura, all'istruzione, a una morte dignitosa, il diritto ad un lavoro equo, a migrare, a spostarsi liberamente - si legge nella missiva - Non siamo tutte e tutti uguali di fronte al virus, così come non lo eravamo prima, nella vita quotidiana. Il virus è stato una sorta di lente di ingrandimento di ciò che già era. Questa tragedia si abbatte ancora di più sulle donne che spesso già nella vita “ordinaria” accumulano diseguaglianze e svantaggi intersezionali. Le narrazioni false, che entrano a far parte dei luoghi comuni senza che ce ne accorgiamo, hanno delle conseguenze: la metafora del virus come guerra porta a derive di cittadini sceriffi, chiama la logica del nemico, del sospetto, accarezza l’idea dei pieni poteri. La narrazione di italiane/i come popolo privo di senso civico offre ai governi centrali e locali il capro espiatorio perfetto in caso di insuccesso. Le donne conoscono molto bene, per esperienza diretta, le disparità di diritti, le false rappresentazioni, sanno che i diritti acquisiti vanno sempre costantemente difesi e abitati, pena l’arretramento. Dunque siamo e saremo vigili perchè questa pandemia non ci porti a perdere traguardi raggiunti tanto faticosamente. Vigileremo per conservare i nostri posti di lavoro, per avere un ruolo interlocutorio con il piano politico, per scongiurare la ritirata delle donne nel privato, richiamate a coprire le falle di un welfare in emergenza. Ribadiamo forte e chiaro che le nostre vite, le scelte, il lavoro, non sono sacrificabili in nome della logica emergenziale. Vigileremo non solo per conservare, ma per estendere i diritti. Spesso nelle situazioni eccezionali si arretra in nome della emergenza, si accetta di perdere diritti e libertà. Noi sosteniamo il processo contrario: fare di questa crisi un motivo di avanzamento dei diritti".

"Il femminismo ci può aiutare a pensare la ripartenza - continua la lettera - lavorando a strumenti per affrontare la disparità salariale tra uomini e donne; per migliorare le condizioni delle lavoratrici adibite a funzioni di cura; per migliorare la conciliazione dei tempi di lavoro e vita dei genitori. Le nostre proposte: rispetto al congedo parentale straordinario al 50%, introdotto in questi tempi di pandemia. Quando una famiglia deve decidere chi dei due genitori ne usufruisce, spesso la componente economica ha un peso determinante e si sceglie di rinunciare alla metà dello stipendio più basso; nella maggior parte dei casi è quello della donna, poiché la disparità salariale è ancora marcata. Dunque proponiamo che la quota del 50% venga calcolata sullo stipendio più basso e sottratta proporzionalmente da entrambi gli stipendi dei genitori. Essi potranno decidere se ad assentarsi è la madre o il padre indifferentemente, anche dividendosi fra loro i giorni totali. In questo modo la decisione di chi dei due genitori starà a casa non sarà dettata da questioni economiche, ma da scelte e necessità decise da uomini e donne con pari diritti. Proponiamo di favorire a costi agevolati la regolarizzazione di colf e babysitter. La pandemia sottolinea più di prima quanto la nostra vita quotidiana si regga sul lavoro di cura e accudimento svolto in gran parte dalle donne. Molte famiglie in tempi ordinari si servivano dell’aiuto di colf e baby sitter in nero. Queste lavoratrici, tutte donne, non essendo regolarmente assunte, si trovano ora a casa senza stipendio e senza ammortizzatori sociali. Questa è l’occasione per aprire percorsi facilitati di regolarizzazione di queste lavoratrici tanto preziose per le nostre vite quanto fragili dal punto di vista lavorativo. Una agevolazione potrebbe essere che la Regione o lo Stato paghi il primo anno di contributi di queste lavoratrici. Sarebbe un risultato per tutti: per la lavoratrice, per la famiglia e per lo stato che vedrebbe così l’emersione di una quota di lavoro irregolare. Innanzitutto smettiamo di chiedere che le scuole riaprano per aiutare le mamme. Per due motivi: la cura dei figli spetta a padri e madri insieme, non solo a queste ultime; la scuola non è solo strumento di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ma è soprattutto diritto all’istruzione, esperienza educativa e sociale fondamentale per bambini e bambine. Quando riaprirà, la scuola (dai Nidi alle scuole medie) non potrà, almeno per un po’, accogliere tutti gli alunni/e di prima".

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"Dunque - concludono le femministe - occorre creare un ventaglio ampio di possibilità per rispondere alla necessità di affidare figli e figlie durante il lavoro, come: il congedo parentale; babysitter adeguatamente formate con la collaborazione, per esempio, dai servizi che si occupano di infanzia e istruzione del nostro Comune da inserire in una banca dati cui le famiglie potranno attingere; agevolazioni per quei datori di lavoro che assumeranno babysitter aziendali per far fronte alle necessità dei propri dipendenti; facilitazione nell’avvio di percorsi di educatrici domiciliari, di condominio o di stradario. Queste proposte non riguardano solo le donne: non esiste il giusto per le donne e il giusto per gli uomini. Le discriminazioni di genere ci riguardano tutte e tutti; spetta a uomini e donne contrastarle".

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