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Elena Flores prigioniera politica del regime di Jeanine Añez

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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È il 4 marzo scorso quando Elena Fores, presidenta del sindacato cocalero di Adepcoca (Asociación Departamental de Productores de Coca), viene arrestata con l’accusa di furto aggravato e danneggiamento della proprietà pubblica a seguito della retoma, il tentativo di riprendere possesso del Centro de Especialidades de Atención Integral, di proprietà della sua organizzazione sindacale, ma adesso sotto il controllo dei paramilitari al servizio del governo golpista di Jeanine Añez.

Elena Flores, leader cocalera afroboliviana della regione Los Yungas, a nord-est di La Paz, da sempre è stata vicina al Movimiento al Socialismo (Mas), e, fin dai giorni successivi al colpo di stato contro Evo Morales del 10 novembre 2019, ha denunciato la repressione e la militarizzazione del governo. Da due mesi  la donna è una prigioniera politica. Primo volto femminile a guidare Adepcoca, eletta nell’agosto 2019, fin dall’inizio del suo mandato si è dedicata a combattere il paramilitarismo e ad impegnarsi per tutelare la dignità e i diritti delle donne.

Il Centro de Especialidades de Atención Integral, che appartiene ad Adepcoca, è passato sotto il controllo della destra grazie al suo precedente presidente, il sindacalista giallo Franklin Gutiérrez. Attualmente Elena Flores si trova in carcere insieme a María Eugenia Choque Quispe, presidenta del Tribunale Supremo elettorale su cui pende l’accusa di frode, e l’avvocata indigena Patricia Hermosa.

I movimenti sociali boliviani sostengono che la persecuzione politica contro Elena Flores fa parte di una più vasta offensiva del governo golpista contro le organizzazioni popolari e indigene. Dalla Bolivia alle organizzazioni afrodiscendenti di Haiti, Argentina, Guatemala, Honduras, Giamaica, Trinidad e Tobago, Belize, Messico, El Salvador, Bolivia e Brasile, centinaia di intellettuali, attivisti e organizzazioni sociali sono tornati a chiedere la liberazione della donna, che paga la sua vicinanza a Evo Morales, tanto da spingere il governo a presentare prove false nei suoi confronti, a partire dall’accusa di  aver distrutto il Centro de Especialidades de Atención Integral.

Il fatto avvenne nel luglio 2019, ma foto e testimonianze sono  state presentate dal regime solo adesso e inoltre, sottolinea l’avvocato di Elena Flores, le è stato negato il diritto ad un giusto processo. I cocaleros dettero effettivamente vita alla retoma del Centro e Adepcoca cercò di difenderne le ragioni, ma tutto ciò è emerso soltanto lo scorso novembre, dopo l’estromissione di Morales da Palacio Quemado. La detenzione della donna, fa notare ancora il suo avvocato, è illegale anche perché non le è stata mai notificata.

Le condizioni di detenzione di Elena Flores sono preoccupanti, sottolineano allarmati i movimenti sociali boliviani, aggiungendo che il governo sta conducendo una vera e propria campagna di diffamazione, spesso anche dai contenuti razzisti, contro i referenti politici maggiormente in vista dello stato plurinazionale boliviano. Non a caso Las Yungas, da dove proviene Elena Flores, è una delle roccaforti del Mas, ma anche una zona dove maggiori sono i tentativi di espropriazione del territorio da parte delle multinazionali, a partire dall’estrazione mineraria . Proprio da lì è partita la campagna di Añez per smantellare i programmi sociali e distruggere il sistema di sanità pubblica.

Leader di oltre trentamila coltivatori della foglia di coca nella zona di Las Yungas, Elena Flores aveva cominciato a militare nel sindacato fin da giovane e in breve tempo è divenuta un punto di riferimento per i cocaleros: per questo i paras e il governo boliviano hanno deciso di arrestarla, insieme a María Eugenia Choque Quispe  e Patricia Hermosa, per colpire il Mas e l’organizzazione dei movimenti sociali.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

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