Elena Flores prigioniera politica del regime di Jeanine Añez
Elena Flores, leader cocalera afroboliviana della regione Los Yungas, a nord-est di La Paz, da sempre è stata vicina al Movimiento al Socialismo (Mas), e, fin dai giorni successivi al colpo di stato contro Evo Morales del 10 novembre 2019, ha denunciato la repressione e la militarizzazione del governo. Da due mesi la donna è una prigioniera politica. Primo volto femminile a guidare Adepcoca, eletta nell’agosto 2019, fin dall’inizio del suo mandato si è dedicata a combattere il paramilitarismo e ad impegnarsi per tutelare la dignità e i diritti delle donne.
Il Centro de Especialidades de Atención Integral, che appartiene ad Adepcoca, è passato sotto il controllo della destra grazie al suo precedente presidente, il sindacalista giallo Franklin Gutiérrez. Attualmente Elena Flores si trova in carcere insieme a María Eugenia Choque Quispe, presidenta del Tribunale Supremo elettorale su cui pende l’accusa di frode, e l’avvocata indigena Patricia Hermosa.
I movimenti sociali boliviani sostengono che la persecuzione politica contro Elena Flores fa parte di una più vasta offensiva del governo golpista contro le organizzazioni popolari e indigene. Dalla Bolivia alle organizzazioni afrodiscendenti di Haiti, Argentina, Guatemala, Honduras, Giamaica, Trinidad e Tobago, Belize, Messico, El Salvador, Bolivia e Brasile, centinaia di intellettuali, attivisti e organizzazioni sociali sono tornati a chiedere la liberazione della donna, che paga la sua vicinanza a Evo Morales, tanto da spingere il governo a presentare prove false nei suoi confronti, a partire dall’accusa di aver distrutto il Centro de Especialidades de Atención Integral.
Il fatto avvenne nel luglio 2019, ma foto e testimonianze sono state presentate dal regime solo adesso e inoltre, sottolinea l’avvocato di Elena Flores, le è stato negato il diritto ad un giusto processo. I cocaleros dettero effettivamente vita alla retoma del Centro e Adepcoca cercò di difenderne le ragioni, ma tutto ciò è emerso soltanto lo scorso novembre, dopo l’estromissione di Morales da Palacio Quemado. La detenzione della donna, fa notare ancora il suo avvocato, è illegale anche perché non le è stata mai notificata.
Le condizioni di detenzione di Elena Flores sono preoccupanti, sottolineano allarmati i movimenti sociali boliviani, aggiungendo che il governo sta conducendo una vera e propria campagna di diffamazione, spesso anche dai contenuti razzisti, contro i referenti politici maggiormente in vista dello stato plurinazionale boliviano. Non a caso Las Yungas, da dove proviene Elena Flores, è una delle roccaforti del Mas, ma anche una zona dove maggiori sono i tentativi di espropriazione del territorio da parte delle multinazionali, a partire dall’estrazione mineraria . Proprio da lì è partita la campagna di Añez per smantellare i programmi sociali e distruggere il sistema di sanità pubblica.
Leader di oltre trentamila coltivatori della foglia di coca nella zona di Las Yungas, Elena Flores aveva cominciato a militare nel sindacato fin da giovane e in breve tempo è divenuta un punto di riferimento per i cocaleros: per questo i paras e il governo boliviano hanno deciso di arrestarla, insieme a María Eugenia Choque Quispe e Patricia Hermosa, per colpire il Mas e l’organizzazione dei movimenti sociali.