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Sarà vera ripartenza solo investendo su autonomia e lavori delle donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

La crisi determinata dall’irrompere del Coronavirus ha ulteriormente evidenziato distorsioni, iniquità, discriminazioni che attraversano il mondo del lavoro e incidono negativamente non solo sulla vita delle persone ma anche sulla qualità del nostro sistema produttivo e sulle prospettive di crescita dell’intero sistema Italia. Nel giorno della festa delle lavoratrici e dei lavoratori non possiamo infatti non riconoscere e denunciare con forza che già oggi, e con ogni probabilità anche nel prossimo futuro, a pagare il prezzo più alto in termini di diritti e occupazione rischiano di essere soprattutto le donne.

Nonostante siano loro ad aver garantito la continuità dei servizi essenziali per tutta la durata del lockdown, pur essendo rimaste in prima linea nelle corsie degli ospedali, alle casse dei supermercati e in tutti i settori che non si sono fermati a cominciare dalla scuola e dall’assistenza alle categorie più fragili, e anche in casa dove hanno dovuto coniugare smart working – laddove riconosciuto - e responsabilità di cura h 24, nei prossimi mesi saranno proprio loro le più esposte alla perdita del lavoro, all’ampliarsi del gender pay gap già stimato, in tutta Europa, intorno al 16%, alla riduzione di tutele e diritti.

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No. E non solo perché si tratterebbe di un’inaccettabile violazioni di diritti fondamentali, di una discriminazione di genere intollerabile, ma perché rinunciare al lavoro delle donne corrisponderebbe a rinunciare a un investimento che vale diversi punti di Pil – a livello mondiale il 35% entro il 2025 secondo il Fondo monetario internazionale - e quindi alla possibilità di rimettere il Paese sui binari di una crescita più solida, sostenibile, paritaria, inclusiva. Le misure messe in campo finora dal governo – bonus baby sitter, congedi parentali - sono utili ma assolutamente non sufficienti né a sostenere oggi le donne che lavorano né tantomeno a strutturare un piano innovativo per il rilancio dell’economia, dell’occupazione e di tutti gli altri settori piegati dall’emergenza.

Un rilancio che non deve essere sinonimo di ritorno al passato ma di cambiamento totale del paradigma su cui deve essere basato il nostro sistema produttivo, di consumo e di relazione. Un nuovo modello frutto di una cultura dell’innovazione, della sostenibilità, dell’etica e dell’equità, capace di mettere al centro la persona e il benessere generale, di cui proprio le donne possono e devono essere protagoniste e principali interpreti. Se questo è l’obbiettivo, se ammettiamo che investire sul lavoro delle donne significa investire sul futuro del Paese, allora dobbiamo mettere da parte vecchi strumenti basati su una falsa neutralità formale delle misure – che troppo spesso comportano una discriminazione sostanziale – e ragionare in termini di impatto di genere. In Parlamento ci sono due disegni di legge, di cui sono prima firmataria, che vanno in questa direzione.

Il primo riguarda l’istituzione di un’osservatorio sull’impatto di genere della regolamentazione che valuti ex ante ed ex post l’impatto delle politiche pubbliche per non fare scelte neutre e mettere tutti nelle condizioni di dichiarare prima l’impatto che quella politica, nei campi dell’istruzione dell’economia e del lavoro, può avere su uomini e donne. Il secondo provvedimento, che recepisce un’indicazione del Parlamento europeo risalente ormai al 2003, introduce il bilancio di genere nei comuni con più di 5mila abitanti al fine di ristrutturare, in ottica di una maggiore parità e con maggiore trasparenza, le entrate e le uscite degli enti locali. Eliminare le discriminazioni, dirette e indirette, tra donne e uomini, nelle condizioni di lavoro e nel riconoscimento economico – obbiettivi indicati già dalla Conferenza mondiale di Pechino del ’95 – incentivare la partecipazione delle donne alla vita pubblica con politiche di empowement e di mainstreaming, liberando le loro energie, cercando nuove soluzioni nel loro sguardo e pensiero originale, valorizzandone la differenza, riconoscendo loro il diritto di essere madri e lavoratrici senza dover essere costrette a compiere scelte escludenti dell’una o dell’altra condizione, significa un beneficio per tutti, tanto più necessario oggi per uscire da una crisi mondiale che sta drammaticamente, ma in un certo senso anche finalmente, svelando tutte le ingiustizie e contraddizioni su cui si basa gran parte del nostro sistema sociale, economico, produttivo e di consumo.

Nell’Agenda 2030 l’accesso a lavori di qualità, la protezione sociale, misure che riconoscano e redistribuiscano il carico domestico e di cura, sono tutti considerati fattori indispensabili per realizzare traguardi come ridurre la povertà e le diseguaglianze, raggiungere l’eguaglianza di genere e promuovere una crescita economica inclusiva e sostenibile, piena e produttiva occupazione e un lavoro decoroso per tutte e tutti. Una sfida di oggi per domani che, anche grazie a questa crisi, abbiamo l’opportunità di affrontare con più decisione, tempestività ed efficacia.

Valeria Fedeli, sindacalista e senatrice Pd

30 aprile 2020 (modifica il 1 maggio 2020 | 04:07)

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