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Niente fondi colf e badanti

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Il decreto “cura Italia” non prevede fondi. Sono 850 mila i lavoratori domestici nel nostro Paese

Alina è una quarantenne rumena che fino a due settimane fa si prendeva cura di Marco, un signore anziano che abitava da solo in un piccolo appartamento della prima periferia romana. Lo aiutava nelle faccende di casa, gli teneva sotto controllo la pressione, insieme andavano al parco a fare due passi. Adesso Marco è andato a vivere con il figlio e la nuora, lui in cassa integrazione, lei in smart working. E Alina ha perso il lavoro, era pagata in nero e non può chiedere alcun sussidio. E’ una delle tante storie che emergono in questi giorni per effetto dell’emergenza sanitaria. Colf, badanti e baby sitter rappresentano una delle categorie con piu’ lavoratori, soprattutto donne e straniere, eppure sono rimaste fuori dal decreto ‘Cura Italia’. «I lavoratori domestici iscritti all’Inps sono 858 mila, ma se si considerano anche gli invisibili si arriva a oltre due milioni, davvero tanti se pensiamo che i metalmeccanici sono un milione e ottocentomila. E si meriterebbero la stessa dignità», sottolinea Luciana Mastrocola della Filcams Cgil. «Chi paga il prezzo piu’ alto sono le badanti che convivono con le persone che assistono, rischiano di perdere vitto e alloggio oltre allo stipendio perché molte di queste persone vanno a vivere con un familiare o finiscono in ospedale. Ma anche chi lavora a ore è in difficoltà perché gli italiani stando in casa possono occuparsi di figli e anziani. Il risultato è che i domestici vengono messi in ferie o licenziati» sottolinea la sindacalista. «Viviamo un grosso problema sociale, tutte queste assistenti familiari non hanno piu’ un salario e non sanno dove andare».Il ministero del Lavoro e il Mef stanno mettendo a punto un decreto attuativo per consentire a queste categorie, escluse dalla cassa integrazione in deroga, di accedere al fondo per il ‘reddito di ultima istanza’, previsto dall’articolo 44 del Cura Italia e destinato ad aiutare i lavoratori che non hanno tutele, garantendo un’indennità di 600 euro per il mese di marzo. Ovviamente è una misura che riguarda chi ha un contratto, per gli altri «non c’è niente da fare», ammette la rappresentante della Cgil, se non incentivare l’emersione degli irregolari: «Fare i contratti deve diventare conveniente, si potrebbe dare la possibilità alle famiglie di portare in detrazione il costo dell’assunzione». Una proposta condivisa anche dai datori del lavoro domestico e che verrà esposta al Governo nei prossimi incontri. Andrea Zini, delegato di Fidaldo, la Federazione che rappresenta le associazioni principali, la spiega così: «La deducibilità secondo noi è sacrosanta e vorrebbe dire anche assicurare piu’ diritti ai lavoratori». Se in queste settimane le famiglie hanno sopperito con i propri mezzi, Zini lancia l’allarme per il mese prossimo: «Noi stiamo consigliando ai datori di concordare con i loro dipendenti un periodo di permesso non retribuito, ma siamo molto scettici sul reddito di ultima istanza: un fondo di 300 milioni non basta per dare risposte ai collaboratori, ai precari e anche agli operatori domestici». Le associazioni dei datori di lavoro stimano quasi 250 mila badanti che in questo momento non lavorano e circa 8 mila che sono tornate nei loro paesi di origine. Se aumentassero i licenziamenti molte persone potrebbero lasciare l’Italia e il rischio è che quando il Coronavirus sarà passato le famiglie italiane si trovino davanti uno scenario di bassa offerta. «Per questo noi continuiamo a chiedere ai ministri Catalfo e Gualtieri di estendere la cassa in deroga anche agli assistenti domestici e al contempo favorire una strategia di emersione». Perchè nella crisi c’è anche qualcuno che sta assumendo per paura dei controlli sugli spostamenti, una tendenza che se alimentata darebbe certezze alle famiglie e a quell’esercito di operatrici che hanno un ruolo fondamentale nel welfare per l’aiuto che ogni giorno dedicano alla terza età e ai non autosufficienti.

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