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La coda di cavallo ha una storia

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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La lunga e vivace storia del movimento di liberazione delle donne è fatta di conquiste grandi – diritti sociali, civili, economici – e altre più piccole, che nella quotidianità le hanno liberate da incombenze, scomodità e stereotipi. Alcune di queste fanno parte della storia del costume, e qualcuno potrebbe pensare per questo che siano solo frivolezze, ma hanno avuto un impatto significativo e non solo simbolico: una di queste è la coda di cavallo, che secondo l’edizione francese di Vogue è stato il modo di portare i capelli più di moda dell’autunno 2018.

La coda di cavallo ha una sua storia. Inizialmente era una cosa da uomini, intanto: convenzionale e per niente originale. A parte qualche testimonianza nell’antica Grecia (ci sono affreschi a Creta che mostrano delle donne acconciate in questo modo), la coda di cavallo era una tradizione per i maschi Manciù della Cina nord-orientale, che nel Diciassettesimo secolo sconfissero la dinastia Ming e fondarono la dinastia Qing: avevano mezza testa rasata nella parte anteriore e il resto dei capelli raccolti in lunghe code. I Manciù imposero con la forza il loro stile agli uomini cinesi Han: l’accettazione dell’acconciatura significava l’accettazione dei Ming al dominio Qing, ed era utile a identificare i dissidenti che non avevano voluto sottomettersi.

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Uomini cinesi con acconciatura Manciù nel libro “Geschichte des Kostüms” (storia del costume) pubblicato nel 1905.

Nel Diciottesimo secolo, in Europa, la coda era invece il modo in cui si dovevano acconciare i soldati. La portavano sia i francesi che i britannici ed era previsto che ci fossero delle lunghezze standard: poteva essere intrecciata a un nastro oppure fissata sulla punta sempre con un nastro o con un fermaglio. In altri casi, veniva tenuta compatta dalla scarsa pulizia o dalla cipria.

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Un ufficiale inglese, francese e tedesco

L’esercito britannico ricevette l’ordine di non usare più le code nel 1800, quando cambiarono le regole e i capelli corti furono ritenuti più funzionali. La marina continuò invece a portare una versione della coda, nota come “codino”, fino al 1820 circa.

Per quanto riguarda le donne, la coda di cavallo è stata considerata come un’acconciatura soprattutto informale, poco elegante e adatta più alle ragazzine che non alle donne. Fu negli anni Cinquanta che la coda trovò il suo momento: grazie alla prima Barbie (che aveva un’acconciatura a coda di cavallo, un costume da bagno zebrato, sandali, occhiali da sole e orecchini) e grazie ad alcune star del cinema, come Sandra Dee, che nei film per gli adolescenti interpretavano le ragazze della porta accanto dal viso pulito e ingenuo.

Negli anni Sessanta divenne famosa la coda di Barbara Eden in Strega per amore e anche quella di Brigitte Bardot, che la reinventò rendendola meno ordinata e più scompigliata. Nel frattempo, negli anni Settanta, tornarono ad allungarsi anche i capelli degli uomini ma liberati da code e trecce varie.

Negli anni Novanta la coda tornò di moda con Madonna, il cui reggiseno a cono e i cui capelli color biondo platino tenuti insieme da una treccia diventarono sinonimo di indipendenza e potere delle donne (così come altre sue scelte di stile). La sua coda alta e tiratissima venne subito copiata, ma in realtà Madonna abbandonò quell’acconciatura a metà del tour perché i capelli le restavano impigliati nelle cuffie. Negli anni Novanta, grazie a Janet Jackson, si diffuse anche la moda della coda alta che raccoglieva i capelli acconciati in piccole trecce.

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Madonna durante il tour Blonde Ambition, Philadelphia, 16 giugno 1990 (AP Photo/Sean Kardon)

In Italia, in quegli anni, la coda tornò brevemente di moda anche tra gli uomini: Fiorello, allora giovane presentatore televisivo, condusse per tre anni un programma di grande successo, Karaoke, diventando famoso anche per la sua coda di capelli.

Oggi la coda di cavallo – portata morbida, e dunque più confortevole rispetto a quella alta e tiratissima – viene associata alla comodità: al fatto che una donna che lavora ha bisogno che i capelli non le vadano sul viso e non debbano essere sempre perfetti, e quindi anche al fatto che una donna che lavora dia priorità a un’acconciatura comoda piuttosto che una più appariscente ma fastidiosa.

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