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La figura femminile nel corso dei secoli: tesina

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

La figura femminile nel corso dei secoli: tesina

image La figura femminile nel corso dei secoli: tesina — Fonte: getty-images

Introduzione. La figura della donna e il suo ruolo all’interno della società sono sempre stati determinanti nella storia umana.

Possiamo affermare, infatti, che tutte le tappe fondamentali della nostra evoluzione e vita sono state affiancate dalle donne.

Mogli, compagne, amiche, condottiere, martiri, serve… ogni tipo di ruolo (a volte pure denigrante) è stato ricoperto dal popolo rosa.

Le prime donne al tempo dell’epoca preistorica badavano sostanzialmente al focolare domestico (nel vero significato del termine, dopo la scoperta del fuoco, infatti in ogni caverna o rudimentale riparo, trovava posto un focolare che ardeva giorno e notte che aveva funzione oltre che di riscaldamento e cucina, anche di punto d’incontro), ai figli, alla raccolta di erbe e radici commestibili.

Agli uomini era invece adibito il compito di procacciare cibo, della fabbricazione di rudimentali abiti (realizzati con le pelli e il vello delle prede) e delle prime pitture ed incisioni della vita sociale del villaggio o dell’accampamento nomade.

Non esistevano divisioni fra uomini e donne, si viveva in promiscuità e allo stato animalesco (le barbarie erano all’ordine del giorno, le donne venivano picchiate e trascinate per i capelli), l’umanità era infatti alle prese con l’accettazione e la scoperta delle proprie funzioni e del saper reagire agli stimoli.

La prima testimonianza che ci ha permesso di risalire alla fisionomia e alle abitudini alimentari dei nostri antenati è stato il ritrovamento nei primi anni ‘90 del cranio di Lucy (nome datogli dai ricercatori americani che fecero la scoperta), un ominide femmina vissuta attorno al 10000 a.C. in Africa.

Dalle analisi dell’ossatura e dall’usura dei denti molari è emersa l’abitudine al consumo di radici e di carne cruda o comunque poco cotta.

Alcuni millenni dopo, grazie alla scoperta della possibilità di intrecciare e lavorare le fibre vegetali, le donne preistoriche misero a punto grazie a piccoli bastoncini ed ossi forati un sistema rudimentale di cucito e tessitura: vennero create corde per legare il bestiame o le prede e in seguito indumenti più leggeri e versatili.

Nelle zone mesopotamiche si svilupparono soprattutto le coltivazioni di specie vegetali, si arrivò a produrre miele che veniva utilizzato per produrre bevande e preparazioni dolci, antenati, molto remoti dei nostri pasticcini.

Le zone nordiche, infine, erano dedite all’allevamento di bestiame e al nomadismo.

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Donna come dea nell’impero Greco-Romano

Nel corso dei secoli, la civiltà umana andava formandosi sviluppando di volta in volta abilità tecniche e capacità cognitive nuove e sempre più specifiche.

E’ interessante soprattutto soffermarsi ad analizzare l’impero Greco Romano (fondato da Alessandro Magno nel 146 a.C. e che raggruppava gran parte dei territori dell’Europa Meridionale, spingendosi sino alla Bretagna), secondo solo allo splendore dell’impero Egizio (del quale, però, comprendeva i territori settentrionali) e nello specifico il ruolo che ricoprivano le donne all’interno della società.

Come vivevano e di cosa si occupavano le nostre antenate ellenico-romane? Innanzitutto, trascorrevano le loro giornate all’interno della domus, la casa, il centro della vita, insieme alle piazze cittadine, le agorà (dove avvenivano i mercati, le assemblee, i discorsi tenuti dagli oratori, le attività della vita pubblica…).

La casa, in particolare, rivestiva un importante ruolo ed era così suddivisa: ingresso, tabernae (una sorta di spazio comune), atrio (dove venivano ricevuti gli ospiti), cisterna per l’acqua, tablinum (un’area adibita agli studi), la sala da pranzo (dove si tenevano fastosi banchetti per celebrare nascite, morti e per propiziarsi il favore divino), ambienti laterali e camere da letto, all’esterno trovava posto un orto.

Il dettaglio più importante era la divisione dei coniugi, vi era infatti un’area dedicata alla donna (con camere e appartamenti) e una al marito.

Per quanto riguarda la vita pubblica, alle donne, agli schiavi e ai minori non era concesso alcun diritto di espressione di carattere elettorale o politico, l’elezione del parlamento (a proposito della democrazia greca) era affidato agli uomini.

Ma allora, si potrebbe pensare, quale altro ruolo rivestivano le donne? Ovviamente, la gerarchia esistente all’epoca suddivideva la popolazione in ordini sociali (sovrano, nobili, ecclesiastici, plebe e schiavi), quindi non tutte le rappresentanti del gentil sesso godevano degli stessi diritti e privilegi, però le donne erano viste, prevalentemente, come muse ispiratrici e sacerdotesse della cultura.

Era infatti radicata nella società greca, l’idea che il sapere fosse affidato al regno degli Dei che si trovava sul Monte Olimpo sull’isola di Lesbo, ma le responsabili dell’intercessione divina fossero appunto le muse e le sacerdotesse.

Le muse erano nove spiriti mitologici custodi delle Arti e ispirazione per gli artisti.

Secondo l’attribuzione più diffusa, Calliope era la musa della poesia elegiaca, Clio della poesia epica e della storia, Euterpe della poesia lirica e della musica, Melpomene della tragedia, Tersicore della danza e dei cori, Erato della poesia d’amore, della geometria e del mimo, Polinnia della danza e poesia sacra, Urania della poesia didascalica e dell’astronomia e Talia della commedia e della poesia bucolica.

Le sacerdotesse rappresentavano una fascia avvantaggiata della popolazione che aveva il compito di eseguire riti e sacrifici per ingraziarsi il volere divino.

Un esempio sono le vestali, sacerdotesse di Vesta, divinità del focolare Romano, il cui compito principale era custodire e alimentare il sacro fuoco della Dea presso il tempio pubblico e di preparare i riti sacrificali; furono il primo ordine sacerdotale istituito a Roma da Numa Pompilio.

Erano scelte tra le fanciulle di età compresa tra i sei e i dieci anni, appartenenti alle famiglie patrizie e rimanevano in carica per trent’anni, durante i quali avevano l’obbligo di rimanere vergini: coloro che infrangevano la regola venivano sepolte vive.

Godevano di grandi onori e privilegi, infatti vivevano in una casa a loro riservata, presso il Foro; erano mantenute dallo stato; non sottostavano all’autorità paterna; potevano fare testamento ed essere sepolte entro il confine sacro della città.

Inoltre, le donne partecipavano a rappresentazioni teatrali, ciò avveniva principalmente in Grecia, dove il teatro svolgeva una funzione aggregativa e sociale molto forte ed alcune componevano versi e odi poetiche. 

E' il caso di Saffo, la più famosa poetessa ellenica nonché l’esponente di maggior rilievo della lirica monodica d’età arcaica, famosa anche per le relazioni omosessuali con le proprie adepte.

Infine, un aspetto curioso del periodo era l’assenza di legami puramente eterosessuali, in quanto tutti, uomini e donne, avevano legami amorosi e affettivi con entrambi i sessi: erano infatti convinti dell’universalità dell’Amore.

I diritti delle donne nel mondo: riassunto

Dal Medioevo al Rinascimento: prima strega, poi dama

Giungiamo ora all’epoca medievale, cosa succedeva alle donne? In questo periodo storico, la donna dovette subire, oltre alle discriminazioni (veniva considerata debole e preda da sottomettere, molto diffusa la pratica della prostituzione che favoriva la proliferazione di malattie veneree e della peste stessa), molto spesso anche l’accusa di stregoneria.

Nel Medioevo tale credenza era diffusa in tutta Europa, sorretta da leggende e superstizioni popolari, si accompagnava a riti pagani, talvolta rielaborati alla luce del cristianesimo e a pratiche magiche che facevano ricorso a erbe medicamentose e psicotrope.

Malgrado le leggi li proibissero, i riti erano molto radicati soprattutto nelle campagne e venivano spesso praticati da giovani donne a scopo propiziatorio. I casi di repressione severa furono comunque piuttosto rari fino al XII secolo.

Le cose cambiarono verso la fine del XIII secolo, quando si cominciò a considerare la stregoneria come opera del diavolo e si coniò il termine “strega”, che definiva la donna accusata di procurare il maleficio attraverso i riti della magia nera.

In seguito, si diffuse la credenza nel sabba (riunione periodica di streghe e stregoni caratterizzata da riti orgiastici, omicidi rituali e atti d'adorazione di Satana) e verso la metà del secolo successivo si arrivò a identificare la stregoneria con una forma eretica e anticristiana, della quale avrebbe dovuto occuparsi l'Inquisizione.

Migliaia di donne furono torturate, processate, impiccate e bruciate vive in roghi pubblici, poiché considerate portatrici del male.

Anche le donne che vivevano alla corte del re o nel feudo non trascorrevano un’esistenza felice: erano oggetto di stupri, violenze e soprattutto quelle sposate alle casate nobili, dovevano fornire un erede maschio, pena l’estradizione e la morte.

Un eroina storica del periodo medioevale europeo fu Giovanna D’Arco, giovane ragazza francese, che all’età di soli tredici anni si sentì chiamata da Dio, con la missione di difendere la Patria e il suo sovrano Carlo VII.

Si impegnò in prima persona, vestendo i panni maschili per camuffarsi e non destar sospetti, nella Guerra dei Cent’anni; venne poi bruciata al rogo dai nemici inglesi con l’accusa di stregoneria ed eresia.

Successivamente, nei secoli XV e XVI assistiamo prima in Italia e poi nel resto dell’Europa alla nascita del Rinascimento, periodo storico e movimento di pensiero caratterizzato dall’affermarsi di un nuovo ideale di vita e dal rifiorire degli studi e delle arti.

Crollò il Feudalesimo che aveva caratterizzato il Medioevo e la società (basata soprattutto sull’economia agricola e su una vita intellettuale e culturale ispirata al pensiero religioso) si trasformò in una dominata dalle istituzioni politiche centrali che lanciavano un’economia commerciale di tipo urbano e il patrocinio laico nell’arte e nella letteratura.

Si assistette alla nascita di vere e proprie cittadine e di nuovi studi culturali-filosofici che ponevano grande attenzione sulla nuova concezione dell’individuo.

Per quanto riguarda la figura femminile, è il periodo della vita a corte: le donne che vivevano presso i castelli e le corti di tutta Europa vestivano abiti sontuosi, discorrevano di arte, erano fonte di ispirazione per i numerosi artisti e poeti (era l’epoca dell’amor cortese, sentimento di amore platonico, puro e disinteressato dei cavalieri per le dame corteggiate).

Ma non bisogna erroneamente credere che le donne avessero solamente una funzione di belle statuine o di madri/mogli: è l’esempio di Elisabetta I, regina d’Inghilterra: figlia di Anna Bolena e di Enrico VIII che non la vide mai di buon occhio perché nata femmina, quando egli bramava per un primogenito.

Elisabetta I, dalla seconda metà del ‘500, guidò da sola l’intera nazione risollevando abilmente le sorti di un paese provato da dissidi e guerre, creando un vero e proprio impero colonialistico, riuscendo a fortificare le flotte navali, fino ad arrivare alla conquista delle Indie.

Verrà poi creata la celebre Compagnia delle Indie Orientali, gruppo di imprese mercantili formatesi con il sostegno di alcuni governi dell'Europa occidentale nei secoli XVII e XVIII allo scopo di gestire il commercio internazionale e in particolare lo sfruttamento dei territori d’oltremare.

Tutto questo senza mai farsi mancare la benevolenza dei propri sudditi. Un’impresa non comune che dimostra che la forza e la tenacia femminile non hanno età.

800-900: una svolta?

Nel corso dei secoli abbiamo potuto vedere quanto le donne siano state messe da parte o poco considerate nella società, eppure quanto la loro presenza sia stata determinante nelle vicende umane.

Una tappa significativa avvenne tra l’800 e il ‘900, quando ormai la rivoluzione industriale che aveva investito l’Europa si era consolidata e nelle industrie nascenti trovavano posto (seppur dopo qualche diffidenza iniziale) anche le donne che insieme ai lavoratori minorenni, purtroppo non godevano di alcun diritto di tipo lavorativo e sindacale.

A tal proposito, è bene ricordare che però i movimenti socialisti/comunisti che istituirono i sindacati nel XIX secolo (ossia associazioni che perseguivano e tutelavano gli interessi dei lavoratori) trascurarono inizialmente quelle che erano le problematiche femminili: tutela del diritto alla maternità e la parità con i lavoratori uomini, mentre si occuparono soprattutto del lato materiale della vicenda, cioè rivendicazioni di tipo salariale o contrattuale.

Quindi chi ha combattuto una battaglia a favore della popolazione femminile? La risposta è molto più semplice di quanto si crede: le donne stesse.

Poche determinate lottatrici che non hanno avuto timore di schierarsi a favore delle loro sorelle, ricordiamo ad esempio Anna Kuliscioff, compagna di Filippo Turati che per prima sollevò la questione femminile all’interno del Partito Socialista Italiano e sensibilizzò i suoi aderenti e in particolar modo le donne del movimento operaio all’importanza della questione femminile.

La Kuliscioff diresse la rivista “Critica Sociale” per alcuni anni, impegnandosi in prima persona nell’organizzazione di dibattiti, dove esponeva il suo pensiero innovativo: l’emancipazione della donna, anche sul piano del rapporto con l’altro sesso, è possibile solo attraverso il lavoro; conquistando l’indipendenza economica e abbattendo il “monopolio dell’uomo”, la donna può aspirare all’uguaglianza.

Anche la polacca, tedesca d’adozione, Rosa Luxemburg, dalla fine dell’800 concepì una visione rivoluzionaria distaccandosi delle ideologie di Karl Marx, affermando nella sua opera principale “Die Akkumulation des Kapitals”, la possibilità di rivincita del partito di massa, dello sciopero generale come strumento di lotta, della potenza delle ricchezze del colonialismo, per riprendere l’economia e, in particolare, dell’importanza della donna e l’inutilità della guerra.

La Luxemburg nel 1916 insieme al socialista tedesco Karl Liebknecht organizzò un gruppo rivoluzionario all'interno del Partito Socialdemocratico di Germania (SPD), la cosiddetta Lega di Spartaco, da cui nel 1918 si formò il Partito comunista tedesco.

Nel gennaio del 1919 gli spartachisti organizzarono una insurrezione armata, seguita da una dura repressione durante la quale la Luxemburg fu uccisa insieme con Liebknecht.

Un’altra tematica molto importante nella questione femminile del primo Novecento era la mancanza del diritto di voto.

Milioni di donne, in tutta Europa e negli Stati Uniti, erano escluse dalla vita politica della loro Patria, problema che si faceva più accentuato man mano che passavano gli anni e soprattutto in Europa che si avvertivano le prime tensioni governative e lo spettro delle Guerre Mondiali.

Si sviluppò in Gran Bretagna, per promuovere il diritto di voto nelle elezioni generali inglesi, il movimento femminista delle suffragette, che nasceva dall’insoddisfazione che già da alcuni decenni, aveva iniziato a manifestarsi venendo continuamente bollata dal Parlamento e in particolar modo dalla Regina Vittoria (temevano che i voti femminili potessero ribaltare i risultati elettorali).

Il persistente rifiuto al diritto di voto per il Parlamento spinse la suffragetta Emmeline Pankhurst a fondare nel 1903 l’Unione politica e sociale delle donne che portò a decise forme di protesta, come una marcia verso la sede del Parlamento stesso, durante la quale decine di donne si incatenarono lungo Downing Street, dove risiedeva il primo ministro.

In seguito, numerose suffragette, colpevoli di atti di vandalismo, furono imprigionate, altre che attuavano uno sciopero della fame furono costrette con la forza a nutrirsi.

Nel 1918, le donne di età superiore ai 30 anni ottennero il diritto di voto, nel 1928 il diritto di voto fu concesso a tutte le donne che avessero compiuto 21 anni.

Movimenti analoghi a quello delle suffragette inglesi si formarono anche in altri paesi, come Stati Uniti e Nuova Zelanda, le italiane dovranno attendere il ’46 per poter esprimere il loro voto nel Referendum del 2 Giugno.

Un’altra tappa storica fondamentale nel riconoscimento dei diritti della donna fu lo “Woman’s Day”, la festa della donna che nacque nel febbraio del 1908 a Chicago, in seguito ad una conferenza alla quale tutte le donne erano tenute a parteciparvi per discutere dello sfruttamento operato dai datori di lavoro ai danni delle operaie in termini di basso salario e di orario di lavoro, delle discriminazioni sessuali e del diritto di voto femminile.

Ciò era il risultato delle pressioni operate nel corso della Seconda Internazionale del 1907 da Rosa Luxemburg e da altre deputate del Partito Socialista, per promuovere il voto femminile e il riconoscimento dei diritti fondamentali della donna.

La festa della donna, però, non ebbe una data prestabilita negli anni a seguire, poiché veniva considerata troppo spesso un avvenimento di poca importanza, strettamente collegato al partito socialista e all’ambito lavorativo, non come uno strumento collettivo.

Nel corso del dopoguerra si fece spazio la leggenda di un presunto rogo in un cotonificio di New York agli inizi del ‘900 nel quale avrebbero perso la vita più di un centinaio di operaie e che la festa della donna rappresentasse la commemorazione ad un simile triste evento.

In Italia, tale festa fu riconosciuta soltanto negli anni ’70 grazie al movimento femminista che lottava per l’indipendenza morale, economica e sessuale delle donne e nel resto del mondo, grazie all’intervento delle Nazioni Unite che nel 1975 riconobbe la giornata mondiale della donna, per valorizzare la sua figura nel corsi dei secoli e il suo ruolo di mediatrice di pace nel mondo.

Tuttora, nei paesi più arretrati e poveri la donna è riconosciuta solo come “una fattrice” o peggio una schiava, l’impegno collettivo da parte delle nazioni industrializzate deve porre fine a questo scempio, radicando il principio che: essere donna non significa essere inferiore, debole, ma è uno strumento di forza vera, quella che scaturisce dal potere di amare, donare vita, perseguire gli ideali in cui si crede con la forza delle emozioni vere!

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