Stampa

Violenza di genere, i numeri del 2020: verso un nuovo Piano 2021-2024, le proposte per un sistema di contrasto più inclusivo ed efficace

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA -  Una “Pandemia ombra”: così l’agenzia dell’ONU per l’uguaglianza di genere, UN Women, ha definito l’esplosione di violenza di genere avvenuta nel 2020. I numeri e le testimonianze provenienti da tutto il mondo rivelano violenza domestica, abusi fisici e psicologici, situazioni di pericolo alimentati da convivenze forzate e isolamento dalle comunità. Secondo UN Women, tra le categorie più vulnerabili c’è quella delle donne rifugiate e sfollate, maggiormente a rischio anche prima della pandemia.

2020, in Italia uccisa una donna ogni tre giorni. E in Italia? Secondo l’Eures, tra inizio gennaio e fine ottobre 2020 sono state uccise 91 donne, quasi una ogni tre giorni. Nei mesi tra marzo e giugno le richieste di aiuto al 1522, il numero antiviolenza e stalking, sono più che raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2019. Un’emergenza nell’emergenza, perché a fronte delle richieste c’è stata una diminuzione del personale, dei luoghi per l’isolamento fiduciario, di spazi sicuri. Tuttavia, la pandemia ha esasperato dei problemi già esistenti. Il rapporto di ActionAidTra retorica e realtà. Dati e proposte sul sistema antiviolenza in Italia”, focalizzato sulla risposta all’emergenza COVID-19 in Lombardia, Calabria e Sicilia, ha messo in evidenza i molti deficit strutturali del sistema antiviolenza italiano, come quelli che riguardano l’allocazione e la gestione di fondi e il coordinamento tra gli attori coinvolti.

Centri antiviolenza: 0,05 ogni 10.000 abitanti. E non tutti aderiscono alla Convenzione di Istanbul, del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Secondo l’ultima rilevazione ISTAT, i centri antiviolenza (CAV) al 2018 erano 302. Significa 0,05 centri ogni 10.000 abitanti, con le dovute rarefazioni al Sud Italia e nelle isole. Ma la situazione in realtà è ancora più grave: non tutti i CAV infatti rispettano i criteri della Convenzione del Consiglio d’Europa (o Convenzione di Istanbul) sulla prevenzione e la lotta alla violenza di genere. Secondo questi criteri, il CAV deve garantire alle donne un percorso completo, che va dall’accoglienza telefonica all’autonomia, compreso l’inserimento lavorativo. Deve inoltre tenere conto delle esigenze specifiche di ciascuna donna.

Associazione “Donne in rete contro la violenza”: 20.000 accolte nel 2018. Accanto agli attori statali del sistema antiviolenza c’è l’Associazione D.i.Re, “Donne in rete contro la violenza”, che rappresenta la rete dei centri antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne. Il lavoro che svolge è molto importante: da un lato, gli 80 centri della rete osservano i criteri della Convenzione di Istanbul e hanno accolto quasi 20.000 donne solo nel 2018, fornendo circa il 40% del supporto complessivo italiano. Dall’altro, l’Associazione si occupa di formare operatrici e mediatrici e tramite una intensa attività di ricerca e pressione dialoga con le istituzioni competenti e mette al centro del discorso politico e sociale la questione dei CAV e dei bisogni specifici delle donne.

Il progetto Leaving Violence Living Safe per le migranti e rifugiate. Uno dei progetti dell’Associazione si chiama “Leaving Violence. Living Safe” (LVLS), cui collabora anche l’UNHCR, l’Alto Commissariato ONU per i rifugiati. Il programma è partito nel 2017 ed è indirizzato alle donne migranti richiedenti asilo e rifugiate arrivate in Italia negli ultimi anni. Secondo l’UNHCR, quasi tutte hanno subito violenza: durante il viaggio, nei Paesi di transito, e anche in Italia. Spesso continuano a subirla e faticano a riconoscere il proprio diritto a vivere una vita libera dalla violenza maschile. Eppure, per il sistema italiano sono in larga parte invisibili, oppure vengono confinate nei percorsi anti-tratta che riguardano solo una parte di loro. Secondo i risultati presentati da D.i.Re, i 71 CAV aderenti al progetto hanno accolto complessivamente 301 donne, la maggior parte proveniente dalla Nigeria e con un’età compresa tra 18 e 29 anni. Nel corso del progetto sono state formate 179 operatrici e 50 mediatrici culturali.

Piano Antiviolenza 2021-2024. In vista della discussione del nuovo Piano Antiviolenza nazionale (2021-2024), lo scorso dicembre D.i.Re e UNHCR hanno presentato alcune proposte strategiche per rendere il sistema antiviolenza italiano più efficace, in particolare per quanto riguarda i bisogni delle donne migranti. Si va da misure per l’inclusione delle migranti richiedenti asilo e rifugiate nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza ad azioni di coordinamento tra i vari attori statali, civili e comunitari per creare delle squadre di lavoro trasversali, chiamate “équipe al quadrato”.

Le proposte di D.i.Re. Più visibilità e appoggio istituzionale. Stop al lavoro volontario delle operatrici. Le proposte sono articolate in sezioni, sono indirizzate a vari livelli di istituzioni e rispondono alle criticità incontrate durante questi anni di attività. Prima su tutte, mancanza di informazione sull’attività dei CAV e la difficoltà di collaborazione con gli enti gestori degli spazi di accoglienza. Si tocca poi l’organizzazione del sistema: articolata, disomogenea e oggetto di tagli finanziari che rendono instabile e spesso volontario il lavoro delle operatrici. Il 55,5% di chi lavora in un CAV, infatti, lo fa da volontaria. Eppure le operatrici sono il cuore dell’accoglienza. Psicologhe, coordinatrici ma anche mediatrici culturali: l’esperienza di Leaving Violence. Living Safe ha dimostrato come una mediatrice preparata sia necessaria per costruire relazioni di fiducia e superare barriere culturali, dolore e diffidenza.

“Proposte lodevoli”. Le proposte sono state lodate dalla Ministra per le pari opportunità, Elena Bonetti, che ha dichiarato: “Occorre promuovere la coerenza e individuare possibili forme di integrazione tra i Piani nazionali Antiviolenza e Antitratta, entrambi in corso di rinnovo e affrontare la sfida di far emergere la violenza invisibile subita dalle donne migranti e rifugiate”.

Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna