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Il virilismo tribale della politica siciliana e la mancanza di coraggio delle donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

«Quest’Aula ha dimostrato un parlamento vero e molto serio. La Sicilia è ai primi posti di intelligenza politica. I miei complimenti a tutti i gruppi». Così parlò Gianfranco Miccichè - che non è Zarathustra e nemmeno Bellavista - per magnificare la legge che introduce la “quota rosa” nel governo regionale (dalla prossima legislatura un terzo di assessori). A distanza di pochi mesi con la stessa vacuità il presidente dell’Ars in Sicilia, Gianfranco Miccichè, ha rimosso manu militari l’unica assessora della giunta Musumeci, giusto per onorare quella «intelligenza politica» con cui aveva celebrato la norma che impone un terzo di donne nel governo regionale.

Ma c’è un interrogativo che fermenta sotto la inossidabile spudoratezza con la quale Miccichè compone e scompone da oltre vent’anni la politica siciliana, come fosse un commissario politico di sovietica memoria: perché le donne siciliane, impegnate in politica, continuano a sottostare alle logiche di questa oppressione maschilista? Pensano davvero che la riserva indiana (quote rosa) possa rappresentare la chiave per accedere all’agognata “parità”? E che una formuletta da discount interpreti le ragioni dell’emancipazione femminile?

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Forse il virilismo tribale di Miccichè trova terreno fertile nell’acquiescenza culturale delle donne, allineate alla politica maschia per comodità d’incasso, nel solco di quella logica che premia il servilismo e mortifica le capacità.

Senza coraggio, autonomia e personalità le donne nella politica siciliana continueranno ad avere ruoli marginali in quota ai Miccichè di turno. Ed è una specificità politica tutta sicula, visto che sul versante istituzionale, fino a qualche mese fa, 8 prefetti su nove erano donne in Sicilia. Certo, rivendicare diritti e spazi fa parte di quello slancio ideale che interpreta valori solo in una dimensione trasversale, fuori dai recinti di appartenenza. E il silenzio delle donne nel centrodestra non è stato scalfito neanche dal "celodurismo" leghista del deputato Figuccia.

Resta da capire con quale profilo Musumeci ratificherà le disposizioni di Miccichè. Il presidente della Regione deve giustificare una manovra che non condivide. Intanto ha chiuso il rapporto con il portavoce Fabio De Pasquale, professionista serio e preparato che ha vinto il concorso all'ufficio stampa della Regione. Forse il governatore si è convinto che la comunicazione sia un punto debole della sua proiezione esterna. Si tranquillizzi, è un alibi. Vale molto di più la capacità di frenare l'offensiva di Miccichè. Oggi – complice l'overdose social – non è importante la tesi, ma la credibilità di chi la sostiene. La propaganda, più o meno raffinata, non può decorare il deserto.

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