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Xinjiang: Pechino chiede ad Ankara l'estradizione degli uiguri che si rifugiano in Turchia

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Per le sue politiche nella  provincia del Xinjiang. la Cina è accusata da più parti a livello internazionale di gravi violazioni dei diritti umani

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di Maria Novella Rossi01 gennaio 2021Ufficialmente la campagna di repressione che Pechino porta avanti nella regione del Xinjiang, la provincia cinese occidentale a minoranza  turca uigura di religione musulmana, è "legittimata" dal governo centrale con il pretesto di combattere il terrorismo islamico, operazione propagandata dalle autorità cinesi anche per gli   atti violenti attribuiti agli uiguri   che si sono effettivamente verificati nella  regione. Un obiettivo  che si inserisce nella  linea politica per la sicurezza nazionale annunciata nel recente  plenum del PCC dal presidente cinese  Xi Jinping e che, per quanto riguarda  il Xinjiang,(il Turkestan Cinese), ha introdotto  una  serie di provvedimenti tra cui la richiesta ad Ankara di una legge sull'estradizione per gli uiguri che si rifugiano in Turchia.

Firmato nel 2017 in occasione della visita a Pechino del primo ministro turco Recep Erdogan  ma non ancora ratificato da entrambe le parti,  il trattato  avrà un ruolo determinante nella lotta al terrorismo islamico secondo Pechino,  dal momento che "la Cina come la Turchia combatte da tempo contro questa minaccia per la società", ha detto al South China Morning Post Li Wei, esperto di antiterrorismo al China Institute of Contemporary International Relation di Beijing. Ma per le sue politiche nella  provincia del Xinjiang  Pechino è accusata da più parti a livello internazionale di gravi violazioni dei Diritti Umani; almeno un milione di uiguri sono stati internati nei campi di rieducazione  negli ultimi anni, con il pretesto di combattere il terrorismo.  Nell'ottobre  2018 gli  stessi funzionari cinesi hanno ammesso l'esistenza di queste strutture,   una  rete di centri di detenzione segreti  che il governatore della regione  Shorat Zakir ha definito in quell'occasione strutture di "avviamento professionale" nelle quali vengono  svolti "programmi di formazione". 

Ricordando gli attacchi terroristici compiuti dai musulmani nella regione il governatore ha spiegato che il governo aveva istituito dei Centri di Formazione Professionale per curare le menti corrotte dall'estremismo religioso. La tv di stato cinese ha inoltre mostrato uno di questi campi a Hotan, un'antica città oasi dove c'erano detenuti che studiavano il mandarino o si dedicavano ad attività di artigiananto ringraziando le autorità di averli salvati. Ma notizie contrastanti sulla sorte degli uiguri arrivano da  documenti governativi fatti trapelare dalla stampa internazionale secondo cui  molti membri di questa etnia venivano internati per motivi quasi inesistenti come portare la barba lunga o chiedere il passaporto. Altre fonti parlano di lavaggio del cervello  condotto su masse di giovani, o del controllo della popolazione attraverso raffinate tecnologie, software  in grado di stabilire l'etnia di una persona attraverso il riconoscimento facciale. Si è parlato inoltre di torture, stupri e  genocidio a causa delle sterilizzazioni forzate delle donne uigure.  La persecuzione sistematica dell'Islam nel Xinjiang non è comunque un fenomeno nuovo:  iniziata alla fine degli anni 50, si è poi intensificata negli anni 60 con la Rivoluzione Culturale. A parte una breve pausa negli anni 80 con la politica delle riforme di Deng Xiaoping, quando,  al contrario,  la regione autonoma del Xinjiang  godette di una relativa autonomia,   il governo cinese ha ripreso le sue politiche repressive alla fine  degli anni 90 e dopo  l'11 settembre 2001; da allora  il terrore di avere la jihad in casa ha inasprito ulteriormente le misure   intese a soffocare qualunque manifestazione legata all'identità etnica e religiosa degli uiguri.  Per qualche anno si è parlato, e non solo in Cina, della possibilità che lo stesso Bin Laden fosse nascosto nelle lande remote del Xinjiang. La  politica di contenimento messa in atto nei confronti delle minoranze uigure si è espressa  attraverso le ondate di immigrazione  degli han, i cinesi propriamente detti,  spinti dagli incentivi del governo a trasferirsi in questo far west cinese. Una  colonizzazione lenta che  ha cambiato volto alla regione:   nel 1949  gli han erano il  6% della popolazione, nel 2011 il 38%. Gli oltre 12 milioni di uiguri, un tempo la maggioranza della regione,  ora sono nettamente  minoritari rispetto agli han.  

Ma questa  sinizzazione forzata   non è riuscita a realizzare gli obiettivi di stabilità sociale auspicati dal governo; al contrario spesso  ha creato forti squilibri e tensioni fra i due popoli: nel  2009  gli uiguri attaccarono gli han nel capoluogo della provincia  Urumqi,  e fu un massacro: morirono 197 persone e oltre 1700 rimasero ferite. Nel marzo 2014 un commando di dieci uiguri armati di coltelli si avvento' sui pendolari alla stazione di Kunming nella provincia meridionale dello Yunnan, uccidendo 31 civili e ferendo 143 persone. 

Oggi la minoranza turca del Xinjiang è diventata il simbolo della repressione messa in atto da Pechino, un tema cruciale  oggetto di scrutinio internazionale. Il presidente eletto degli USA  Joe Biden ha ripreso più volte la questione del Xinjiang, e già l'amministrazione Trump ha cavalcato  la questione uigura nello  scontro con la Cina; in ogni caso la violazione dei diritti umani nel Xinjiang ha innalzato il clima di tensione tra l'Occidente e la Repubblica Popolare. Molte delle notizie che arrivano su queste violazioni non sono facilmente verificabili in un paese come la Cina mentre Pechino non permette agli investigatori dell'Onu di svolgere  un'inchiesta indipendente sul posto. Una tensione che potrebbe crescere anche per le spinte separatiste che periodicamente si manifestano nella regione: un territorio che la Cina difficilmente lascerebbe andare, come altri all'interno dei suoi confini. Il Xinjiang ha un forte valore strategico per Pechino: quest'immensa provincia occidentale non solo racchiude risorse petrolifere ma costituisce la frontiera  esterna della Cina con i paesi dell'Asia Centrale, un'area fondamentale per le nuove vie della seta. 

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