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Polonia, la protesta travalica l'aborto e tocca i diritti civili

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Non sono più solo le donne a scendere in piazza in Polonia contro l’ulteriore limitazione al diritto di aborto. Le manifestazioni stanno assumendo i connotati di una completa protesta politica contro il Governo. Più di centomila in piazza a Varsavia, altre migliaia in varie città, nonostante la quarantena imposta come restrizione dalla pandemia da coronavirus, hanno fatto persino uscire allo scoperto l’esercito. In un comunicato duecento alti grado hanno messo in guardia le istituzioni contro il pericolo di disordini che possano causare vittime e feriti invitando il Governo e i manifestanti a mantenere la calma. A Cracovia le donne hanno pure preso a simbolo della loro rivolta la canzone Bella Ciao, che è diventata un simbolo del movimento di sciopero femminile. Nella cattolica Polonia nel lontano 1993 era stata approvata una legge molto limitativa sulla possibilità di abortire che il Governo ultraconservatore attuale aveva cercato più volte di restringere ulteriormente con iniziative legislative poi rese vane dalle proteste delle associazioni femminili e della società civile. Ma negli ultimi mesi il leader nazionalista del Pis (partito di governo) Jaroslaw Kaczynski ha cambiato tattica e anziché andare in Parlamento si è affidato alle sentenze della Corte Costituzionale, che controlla completamente, e che ha dichiarato illegittima la possibilità di abortire per le malformazioni del feto. Ciò ha provocato l’immediata risposta delle donne che hanno cominciato a manifestare la loro protesta. Il Governo ha mobilitato le forze dell’ordine per sedare i disordini mentre nelle chiese polacche si organizzavano funzioni di preghiera per riportare la calma. Ma da qualche giorno il numero dei manifestanti è andato via via aumentando così come è diventata più repressiva la risposta dell’Esecutivo. A Varsavia tre attiviste sono state arrestate e andranno nei prossimi giorni a processo per aver raffigurato l’immagine della Madonna con i colori dell’arcobaleno, cosa ritenuta offensiva per il sentimento religioso, e rischiano fino a due anni di carcere. “Siamo pronte a combattere fino alla fine” ha dichiarato Marta Lempart, cofondatrice del movimento Sciopero delle donne. La dimensioni della protesta hanno ormai travalicato la questione dell’aborto e hanno assunto caratteristiche politiche con la richiesta di dimissioni del Governo. Il Pis, partito promotore dell’iniziative dell’Esecutivo, sembra risentirla notevolmente sul piano dei consensi ed è dato al 31% , più di dieci punti in percentuale in meno del risultato delle ultime elezioni.La protesta questa volta non ha riguardato le grandi città ma anche le periferie e il territorio rurale dove il Pis raccogli i maggiori consensi. Dalla parte dei manifestanti di è schierato il Sindaco di Varsavia Rafal Trzaskowski noto per la due posizioni liberali ambientalistiche ed europeiste eletto due anni fa e che nell’ aprile di quest’anno aveva perso di poco la sfida presidenziale con Andzrej Duda il candidato del Pis e di Kaczynski. Su Trzaskowski si rivolgono ormai le speranze dei polacchi che, stufi di una politica autoritaria che li isola sempre di più dall’Europa e che calpesta i più elementari diritti civili, si battono per la democrazia e la libertà. Le donne scese in piazza a Varsavia e in altre città sono l’avanguardia di un movimento generale di popolo che non darà tregua al Governo polacco fino al ripristino delle regole democratiche e civili. Un primo segnale che il Governo debba prendere in seria attenzione quanto avvenuto in questi giorni è stata la decisione dell’ Esecutivo di non applicare subito la Sentenza contestata della Corte Costituzionale, ma di prendere un periodo di approfondimento della stessa. Nulla e stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 2 novembre e lo stesso Presidente della Repubblica Duda ha auspicato un nuova normativa che permetta l’ aborto per gravissime malformazioni del feto. Quasi una marcia indietro che non convince però il movimento di protesta.

Alessandro Perelli

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