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Margaret Atwood: "Donne, resistete" - la Repubblica

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

La scrittrice canadese Margaret Atwood, classe 1939, è indicata da anni tra i principali candidati al Nobel. Ma è anche un’icona dei movimenti femministi e ambientalisti, da qualche decennio le limitazioni dei diritti delle donne e il mondo dopo la catastrofe sono argomenti ricorrenti in tutti i suoi scritti. Ha iniziato con la poesia, ma la fama vera e propria l’ha ottenuta con i suoi romanzi. Ne ha scritti 19, tra cui la famosa distopia Il racconto dell’ancella. Ha ricevuto per due volte il Booker Prize (per L’assassino cieco e I testamenti).    Alcuni giorni fa le ancelle erano a Lodz e davanti alla sede del Parlamento Europeo.  “Contro cosa protestavano?”  Contro l’irrigidimento della legge sull’aborto in Polonia. “È comunque bello sentire che le donne possono ancora protestare, che ancora non le arrestino o non gli sparino. Anche se forse i vostri governanti non si sono decisi a farlo soltanto per via della televisione e dei social media. Non sarebbero delle belle immagini da vedersi. È abbastanza curioso che 35 anni dopo averlo scritto, Il racconto dell’ancella abbia ancora tutta questa risonanza. Ovviamente ciò è anche dovuto agli avvenimenti politici. Durate i due mandati del presidente Usa Barack Obama il libro è iniziato a vendersi un po’ meglio, perché la gente temeva – e come poi si è visto non a torto – che dopo di lui sarebbe stato scelto un repubblicano. Dopo la vittoria di Trump, Il racconto dell’ancella è tornato tra i best seller e le vendite hanno poi ricevuto un’ulteriore spinta dal serial. Se Hillary Clinton avesse vinto le presidenziali nel 2016 la gente avrebbe pensato che quanto ho raccontato non potrebbe accadere per nessuna ragione nel mondo reale”.    Lei è probabilmente l’unica persona che ha tratto un vantaggio dal governo di Donald Trump.  “Effettivamente non mi viene in mente nessun altro”.    I governi di destra giovano alla popolarità dei suoi libri. La cosa dovrebbe farle piacere.  “Per niente. È un incubo. Se qualcuno mi dicesse ‘i regimi di destra scompariranno, ma i suoi libri verranno considerati delle balordaggini’, beh, le assicuro che risponderei ‘hurrà!’. Purtroppo nessuno mi ha mai fatto una proposta simile”.    Il Racconto dell’ancella è stato pubblicato in Polonia soltanto negli anni Novanta, ma i suoi libri erano importanti per le polacche anche ai tempi della cortina di ferro.  “Nel libro Il Negus Kapuscinski ha raccontato la situazione dell’Etiopia e per questa ragione la censura non aveva potuto contestargli nulla. Tuttavia i lettori polacchi sapevano che in realtà si trattava di un racconto sul sistema corrotto in cui loro stessi vivevano. Durante tutti gli anni del comunismo voi polacchi eravate abituati al fatto che vi si parlasse in maniera indiretta, in modo allegorico. Il racconto dell’ancella riguarda gli Stati Uniti, certo, ma potrebbe trattarsi di qualsiasi altro paese in cui le autorità compiano un attentato contro i diritti delle donne. Nel 1984, quando scrivevo quel libro, ho fatto un viaggio in Polonia. Avevo ricevuto una borsa di studio a Berlino ovest e ne approfittavo per fare qualche viaggetto. In Polonia ero rimasta incantata dal fatto che gli artisti avevano imparato a creare le proprie opere in modo che la censura non potesse rilevare certi contenuti. La Scuola Polacca del Manifesto si è sviluppata proprio perché gli artisti erano costretti a ingegnarsi di continuo per aggirare la censura”.    Che cosa ricorda ancora della Polonia di quegli anni?  “Avevo anche visitato la Germania est e la Cecoslovacchia e ricordo che gli abitanti di quei paesi mi sembravano sospettosi, si guardavano tutto il tempo intorno, quando la conversazione prendeva una piega pericolosa cambiavano argomento all’improvviso. Tra tutti gli Stati dell’Europa socialista la Polonia mi sembrava il più aperto. Ricordo che eravamo andati a una fiera del libro e poi a un incontro dell’Associazione dei Letterati Polacchi. Appena siamo entrati ci hanno offerto del cognac. Non riuscivo a credere che avessero a disposizione dei prodotti così imperialisti e soprattutto che li consumassero senza nascondersi. Questa apparente libertà era certamente dovuta al fatto che esistesse da voi una forte opposizione democratica, poggiante in larga misura sulla Chiesa. Una simile forza non c’era nella Germania Est e neppure in Cecoslovacchia. Dopo aver visto queste cose non potevo non concordare con Kapuscinski sul fatto che la Polonia sarebbe stato il primo paese a uscire dal comunismo. Ma il fatto che un regime autocratico abbia fine non è una garanzia sufficiente che non verrà sostituito da un altro regime autocratico. Dopo la rivoluzione francese la Repubblica è durata soltanto un decennio e poi c’è stato l’avvento dell’epoca di Napoleone, che – tra l’altro – ha proibito l’aborto. Dopo il 1984 sono stata in Polonia un’altra volta, nel 1989, quando è finita la guerra fredda. Ero di nuovo capitata da voi in un momento molto interessante”.    Forse è arrivato il momento di un’altra visita?  “Mi piacerebbe. La Polonia si trova a un crocevia, alcuni vanno a sinistra, altri a destra. In generale non è una situazione molto vantaggiosa per il popolo polacco, ma almeno avete una storia molto interessante. Per quanto atroce”.    Per quale ragione le donne sono sempre attaccate per prime?  “Siamo un bersaglio facile. Consideri poi che solitamente i regimi autoritari sono creati dai cosiddetti uomini forti. La regola è questa: se le formiche si assumessero l’organizzazione di un picnic, farebbero in modo che rispondesse al meglio alle loro necessità. Nello stesso modo i regimi degli uomini forti stabiliscono le nuove regole del ‘picnic’ perché al meglio soddisfino ai bisogni degli uomini, intendo dire dei maschi. Ma non è detto che debba essere così per tutti. I maschi che trattano seriamente gli obblighi familiari non devono per niente essere entusiasti del fatto che il loro ruolo venga definito da qualcun altro. È necessario non solo che la gente si chieda in che paese vuole vivere, ma che si domandi anche: come vedo la mia vita privata? Queste due questioni non sono poi così distanti l’una dall’altra. I governi totalitari cercano sempre, in un modo o nell’altro, di controllare le donne. In Cina la politica del figlio unico ha fatto sì che i figli non voluti – il più delle volte bambine – venissero gettati nei fiumi. Nella Romania comunista un decreto di Ceausescu proibì l’aborto e l’utilizzo di anticoncezionali alle donne che avevano meno di quattro figli. Le cittadine in età fertile venivano costrette ogni mese a sottoporsi a dei test di gravidanza. Nascevano molti figli non voluti, venivano messi negli orfanotrofi, maltrattati dai tutori, le donne spesso si suicidavano perché non erano in grado di mantenere delle famiglie così numerose. I politici che tengono al controllo delle nascite dovrebbero essere preparati al fatto che tutto questo ha un costo. Bisogna pagare i costi dell’assistenza e degli esami durante la gravidanza e il parto, le spese per il mantenimento dei figli. Capita spesso che le persone non vogliano avere dei figli perché semplicemente non se lo possono permettere. Il regime del Racconto dell’ancella tratta la questione dei figli molto seriamente. Gli assicura un adeguato nutrimento, i vestiti, l’assistenza. In quella società i bambini sono molto preziosi. A meno che non nascano con dei difetti che li qualificano come nonbambini. Questa idea si ispira alla concezione della propaganda del Terzo Reich”.    Ultimamente ha scritto una lettera in difesa della comunità LGBTQ polacca.  “Beh, se concordiamo sul fatto che anche i membri di questa comunità sono persone, allora dobbiamo difendere i loro diritti”.    In Polonia non è per niente una cosa così ovvia. Tra i politici del governo ha assunto molta popolarità lo slogan “Non sono persone, ma un’ideologia”. Lo ha detto, tra gli altri, anche il Presidente della Repubblica.  “Beh, il fatto che siano esseri umani non è certo cosa che si possa negare. E se qualcuno provasse a farlo dovrebbe chiarire la propria posizione utilizzando argomenti scientifici. Senta, i regimi dittatoriali si manifestano ciclicamente. Possiamo pensare a un pendolo. Avete avuto una dittatura di sinistra, un periodo relativamente breve di ‘politica di centro’ e adesso, in larga misura anche a causa delle ondate di emigranti, è arrivato il momento dei governi di destra. Il momento della politica moderata tornerà, la domanda è soltanto quando. Il pericolo dei governi a lungo termine, dell’una come dell’altra parte, sta nella loro radicalizzazione. Le persone hanno la sensazione di essere sottoposte a una prova e di doverla superare. La maggior parte della società si sente meglio in un’atmosfera di tolleranza e di comprensione, in altre parole quando vengono rispettate le regole della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Sarebbe forse il caso di ritornare a quel documento o di rispondere sinceramente a questa domanda: a quali altre persone abbiamo intenzione di negare l’umanità?    La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo è un documento abbastanza articolato. Forse andrebbe diviso in tweet?  “Oh, la prego di credermi, ho provato a farlo. Il problema è che i messaggi su Twitter raggiungono un gruppo limitato di utenti. Il punto è che quando le formiche hanno già preso il controllo del picnic, non sono necessariamente interessate a consentire l’accesso al cibo anche agli altri. È necessario attendere il cambio delle formiche”.  Il racconto dell’ancella è una specie di cupa profezia. Nella Trilogia di MaddAddam si racconta invece di un virus letale. Ha previsto ancora una volta il futuro? “Rappresento il futuro in tinte fosche, ma non si tratta di alcuna profezia. Mi sono limitata a descrivere delle cose che già avvenivano nel mondo, anche se non erano così visibili. Il primo romanzo della trilogia è L’ultimo degli uomini, pubblicato nel 2003. Da allora la catastrofe climatica e l’estinzione di molte specie viventi non sono più degli argomenti marginali, ma stanno al centro del dibattito pubblico. La cosa che più mi fa piacere è che molti giovani sotto i vent’anni si rendono conto della gravità della situazione in cui ci troviamo. La domanda più importante che ci dobbiamo porre è questa: vogliamo che il genere umano sopravviva su questo pianeta? Se la risposta è ‘no’, allora tutto questo parlare di diritti delle donne o delle persone LGBTQ non ha alcun senso. Se siamo destinati a estinguerci perché mai dovremmo stare a ragionare sui diritti dell’uomo? Dal punto di vista delle altre specie la nostra estinzione non sarebbe una catastrofe, anzi, se la caveranno benissimo senza di noi. Al limite mancheremmo alle lucertole che grazie agli uomini vivono piuttosto comodamente. Ma se la nostra estinzione fosse dovuta alla morte degli oceani allora la situazione sarebbe diversa, perché con noi morirebbero tutti gli animali terrestri. Per quanto per qualche ragione non mi preoccupo per gli scarafaggi, loro se la caveranno”.  Il virus letale della sua trilogia è nato in un laboratorio. Secondo alcune teorie complottiste il coronavirus sarebbe stato creato dall’uomo. “Gli scienziati sono oggi in grado di confermare una tesi del genere e nessuno di loro lo ha ancora fatto. In ogni caso, l’uomo è effettivamente in grado di creare dei virus in laboratorio. Perché non vengono utilizzati come arma di distruzione di massa? Soltanto perché bisognerebbe creare immediatamente un antidoto per evitare che il virus danneggiasse anche i ‘nostri’. Comunque sì, ho sentito dire da qualcuno che dietro a questa epidemia c’è Bill Gates. Che razza di sciocchezza. Tra tutte le persone al mondo Gates è l’ultimo ad avere una ragione per fare una cosa del genere. Ma non potevano pensare a qualcuno di più sospetto? Le persone che non credono alla pandemia possono andarsene in giro senza mascherina e contagiarsi, se questa è la loro volontà. Tuttavia questo comportamento è gravemente scorretto nei confronti dei medici e di tutti quegli addetti alla Sanità che poi dovranno mettere a repentaglio la salute o la vita per curarli. Hai diritto a non portare la mascherina, ma non hai il diritto di contagiare gli altri”.    L’aggravarsi delle diseguaglianze tra i sessi, la violenza domestica, la possibilità di perdere alcune conquiste della lotta per l’emancipazione femminile: secondo lei la pandemia sta avendo un impatto negativo sulla situazione delle donne?  “I diritti delle donne sono una argomento di cui la gente si occupa nei cosiddetti tempi felici, quando tutto va bene. Ma nei tempi di crisi solitamente assistiamo un regresso. Crisi significa meno cibo, meno cibo significa prezzi più alti, e quanto più crescono i prezzi tanto più si accumula pericolosamente il malcontento sociale. La Rivoluzione francese scoppiò perché la monarchia aveva investito enormi somme di denaro nella rivoluzione americana. Voleva vendicarsi con i britannici perché gli avevano sottratto la Nuova Francia. Ma la monarchia francese aveva sopravvalutato le proprie possibilità finanziarie e fu costretta ad aumentare le tasse ai contadini. A questo si aggiunse poi un anno di carestia, l’aumento del prezzo del pane. La gente non aveva da mangiare, tutto lì. Bastò una scintilla. Se consideriamo i periodi delle rivoluzioni – non solo in Francia, ma anche in Russia – vediamo che le donne costituivano un importante elemento operativo. Ma una volta che i tumulti si spegnevano si sentivano dire: ‘Grazie, signore, ma adesso il vostro posto è in casa. Non avete sentito cosa ha detto Jean-Jacques Rousseau?’. Dopo la Rivoluzione francese le donne che reclamavano i propri diritti venivano decapitate. È quello che accadde per esempio a Olympe de Gouges, autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Ogni volta che scoppia una crisi significa l’inizio di tempi difficili per le donne”.    Una visione poco ottimistica.  “Allora proviamo a cambiare prospettiva. Quali possibilità professionali avrebbe avuto lei, se fosse nata nel 1830? Lei oggi può fare la giornalista, guadagnare, viaggiare per il mondo. La condizione della donna ha avuto un significativo miglioramento. Che cosa dunque posso dire alle donne? Tenete duro. Combattete per non perdere quei diritti che vi siete già conquistate. Alla fine il pendolo si sposterà dall’altra parte”.  Guardare a una data situazione adottando una prospettiva la tranquillizza? “Provi a pensare a come gli adolescenti reagiscono a tutti i momenti difficili che attraversano. Di solito dicono: ‘è orribile, nessuno si è mai trovato in una situazione difficile come la mia’. Beh, non è così. Ricordiamoci che neppure questa pandemia è la peggiore della storia. Durate l’influenza spagnola la gente moriva letteralmente per strada, il sangue gli usciva dalle orecchie. Fino a qualche tempo fa malattie che oggi non ci sembrano affatto terribili mietevano milioni di vittime, soprattutto tra i bambini. Per le persone del XXI secolo la quarantena è qualcosa di orribile, ma una volta queste cose accadevamo molto più di frequente e nessuno se ne preoccupava così tanto. La differenza sta nel fatto che adesso abbiamo accesso alle informazioni ventiquattro ore su ventiquattro. Possiamo seguire l’evolvere della pandemia giorno dopo giorno”.  Sembra che lei si interessi un po’ di tutto. “Il fatto è che ormai sono molto vecchia. Perché lei possa immaginare quanto, le basti sapere che ho conosciuto ancora dei polacchi che hanno fatto la resistenza durante la Seconda guerra mondiale. Una di queste partigiane una volta mi ha detto: ‘Prega per non trovarti mai nella situazione in cui dovrai dimostrarti un eroe’. L’eroismo è una virtù necessaria in epoche piene di disperazione. Gli eroi hanno bisogno di draghi con cui combattere. In ogni caso sono una scrittrice, devo interessarmi di quello che succede nel mondo. Lei quanti anni ha?”.

Trentatré.“Età difficile. La compatisco. Per fortuna ha raggiunto l’età di Cristo. Da ora in poi sarà un po’ più in discesa. Lei di certo si sentirà abbastanza vecchia, ma non lo è. Quanto avrà quarant’anni comincerà a rilassarsi”. Quale decennio della sua vita ricorda con maggiore piacere? “I trent’anni sono stati un’epoca molto intensa, bisognava pensare a un mucchio di cose. Ma dai venti ai trenta era ancora peggio, almeno per quanto mi ricordo. Gli anni dell’adolescenza sono stati terribili, un’altalena di umori e stati d’animo. Dopo i quaranta si inizia a respirare con maggior sollievo, anche se per me è stata un’epoca abbastanza difficile: non ero più una giovane e promettente scrittrice, ma non ero ancora una scrittrice vecchia e importante. Penso che l’epoca migliore sia stata intorno ai cinquanta: hai ancora molte energie ma non devi più dimostrare a nessuno chi sei”.  Il 2019 è stato per lei un anno inteso e difficile. Ha pubblicato I testamenti, ovvero il sequel del Racconto dell’ancella. Ha vinto il Booker ed ha girato mezzo mondo. Durante la promozione del romanzo è morto il suo compagno, Graeme Gibson. “Sì, è così”. Ciò nonostante ha continuato a viaggiare. Non ha avuto il desiderio di tornare a casa e rintanarsi?“Che cosa mi aspettava al mio ritorno a casa? Provi a immaginarlo”. Il vuoto.“Appunto, il vuoto. Ero lieta di essere tutto il tempo impegnata e di non avere tempo per pensare a quello che era accaduto. È stato un anno molto duro, ma avevo intorno a me delle persone che mi aiutavano”. È dispiaciuta per non avere avuto il Nobel?  “Niente affatto. Sono invece contenta che lo abbia ricevuto Louise Glück, leggevo le sue poesie già negli anni Settanta. So che la gente si domanda ogni anno se riceverò il Nobel oppure no, ma questo genere di speculazioni non ha senso. Anche considerato che è stata appena premiata una vecchia donna bianca dell’America del nord. Poco probabile che venga premiata nel prossimo futuro una persona dello stesso tipo”. Mi ricordo la faccia che ha fatto lo scorso anno quando ha ricevuto il Booker. Come volesse dire “O no, di nuovo”.“È stata una sorpresa. Davvero non ho bisogno di suscitare un maggiore interesse di quello che ho già suscitato. Sono contenta che insieme a me sia stata premiata ex-equo Bernardine Evaristo. Il suo romanzo Girl, Woman, Other è davvero eccellente”. È sollevata di non poter viaggiare a causa del coronavirus?“Non direi che la mia situazione sia cambiata più di tanto. Il numero degli incontri con i lettori, quello delle conferenze e di altri simili avvenimenti è più o meno lo stesso di prima. La differenza è che tutto si svolge online”. Quindi non si riposa?“Riposare? Cosa vuol dire?”. Se ne sta chiusa in casa?“Esco per fare delle passeggiate. Non è così male, a marzo era peggio. Ora su questo virus ne sappiamo un po’ di più. Per esempio sappiamo che uscire all’aria aperta mantenendo l’adeguata distanza dagli altri non dovrebbe essere pericoloso. Mi è difficile trovare un’espressione per definire la situazione in cui ci troviamo. Forse ‘clausura parziale’? In ogni caso sono felice di poter uscire di casa, anche considerato che il tempo a Toronto è molto bello. E com’è a Varsavia?”. Cielo grigio, freddo.“Vabbè. Provi comunque a vedere le cose da un altro punto di vista: per lo meno non dovete combattere con gli incendi”. Sta per essere pubblicato un suo volumetto di poesie. Sta scrivendo un nuovo romanzo?“Anche se fosse così non lo riconoscerei mai. Che cosa succederebbe se le dicessi che sto lavorando a qualcosa e poi non riuscissi a finirla?”.  Le telefonerei una volta alla settimana per chiederle come procede il nuovo romanzo. “Appunto! Anche i miei editori non sanno mai su cosa sto lavorando. Lo faccio per il loro bene. Se negli anni Ottanta gli avessi detto che stavo scrivendo il Racconto dell’ancella sarebbero rimasti sconvolti: ‘Cosa hai detto che stai scrivendo?’ Perché mai dovrei innervosirli?”. (Copyright Gazeta Wyborcza/Lena-Leading European Newspaper Alliance. Traduzione di Dario Prola)

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