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Signorine in marcia per le pari opportunità - Cultura

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

imageLe splendide foto dell’archivio: donne in prima linea impegnate sul lavoro

Milano, 6 giugno 2020 - Dalla disparità salariale che era la norma (ahimè anche oggi!) sino all’obbligo di indossare il grembiule, nero, spesso confezionato su misura con tagli di stoffa che la stessa banca forniva. E guai a stendersi sulla labbra un filo di rossetto, era vietato. Così come non indossare le calze ma visto che era un capo di abbigliamento introvabile e costosissimo in piena guerra, ecco che con una circolare dell’ispettorato del Personale della Cariplo, si dà il permesso al "personale femminile di stare in ufficio senza calze". Era il 13 giugno 1943. Vita difficile per le donne che da angelo del focolare, per necessità, in quegli anni, si trasformavano in lavoratrici. Non solo "signorine" come venivano chiamate le prime donne assunte nelle banche italiane per rinforzare gli organici in sostituzione del personale maschile chiamato alle armi, ma "coraggiose professioniste". Dall’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo, in occasione delle terza edizione di Archvissima, emerge uno spaccato sociale interessante che consente di ricostruire la presenza del personale femminile in banca dai primi del Novecento.

La prima ad assumere un contingente numeroso di donne, ben 1300, fu la Comit nel 1915. E tra le prime donne che entrarono nella banca Commerciale Italiana, c’era Rita Montagnana (1895-1979) figura di spicco della politica italiana della prima metà del secolo scorso. Militante socialista già dal 1917 e poi tra i fondatori del PCI nel 1921, sposò Togliatti nel 1924 e lo seguì in esilio nelle sue varie peregrinazioni. Deputata della Costituente nel 1946 e poi senatrice, fu tra le fondatrici dell’Unione Donne Italiane. Generalmente le “signorine ” lavoravano con regolare contratto fino alla data del matrimonio. Poi venivano licenziate. C’è scritto nel regolamento di Confederazione Bancaria fascista dell’aprile del 1927: "Per il personale femminile la cessazione del rapporto di impiego avviene di pieno diritto quando l’interessata contragga matrimonio". Nel 1929 questo articolo venne abrogato, ma dalla consultazione dei fascicoli matricola emerge che la consuetudine di licenziare le donne al momento di contrarre matrimonio (seppure non manchino le eccezioni a questa regola), mascherata da finte dimissioni, rimane fino alla legge del 9 gennaio 1963 sul “Divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio”.

Della carriera poi, manco a parlarne. Bisognerà aspettare la seconda metà degli anni Settanta e soprattutto gli anni Ottanta per apprezzare i primi sostanziali cambiamenti su questo versante. La prima promozione a funzionario di una donna nella Cassa di Risparmio della Provincie Lombarde risale al 1963, 140 anni dopo l’apertura dell’Istituto. "Dobbiamo essere grate a queste donne perchè ci hanno insegnato a resistere mostrandoci come è possibile conquistare spazi di dignità ed autonomia con perseveranza", fa notare Barbara Costa, responsabile dell’Archivio IntesaSanPaolo. "Mi ha colpito la storia di Anna Angeleri, ragioniera. Fu assunta dalla cassa di risparmio di Voghera come impiegata straordinaria nel marzo 1918, nel 1921 vinse il concorso per entrare in ruolo nella sede centrale provocando le proteste della sezione locale “Combattenti” perché portava via il “posto“ a un uomo. Rinuncia, per pressioni. Poi viene assunta in ruolo nel 1924 ma in una filiale, con stipendio inferiore, e quando va in pensione, nel 1943, pur non intendendo avvalersi – come scrive nei documenti – “di diritti che so di non avere che in via morale”, invoca “un atto di giustizia, che mi reintegri in diritti che senza mia colpa mi furono tolti”. Una lezione per tutte".

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