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1° maggio: 75 anni di violenza ai diritti dei lavoratori con la complicità dei sindacati - la VOCE del TRENTINO

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Oggi più che mai la retorica della festa dei lavoratori del 1° maggio ha raggiunto il punto più basso dal giorno della sua calendarizzazione. Di fatto, inesorabilmente, un’abrogazione di diritti sul lavoro dopo l’altro, da festa dei lavoratori si è trasformata alla “festa ai lavoratori” (vedasi la situazione venutasi a creare dopo i provvedimenti anti coronavirus, trasformatisi in provvedimenti affossa lavoro e lavoratori).

Dall’unità d’Italia, fino all’avvento del governo monarchico fascista, le condizioni dei lavoratori erano disumane, i pochi provvedimenti in termini di diritti migliorativi si dimostravano gravemente inadeguati e non per tutti.

È storicamente e documentalmente dimostrato, che la dignità che spettava ai lavoratori, viene ad essi consegnata dai provvedimenti introdotti dal governo monarchico fascista, così come onestamente aveva asserito la comunista Margherita Hack.

Quello che ha ottenuto il fascismo in campo sociale oggi ce lo sogniamo. Non si trattava solo dei treni in orario. Assegni familiari per i figli a carico, borse di studio per dare opportunità anche ai meno abbienti, bonifiche dei territori, edilizia sociale. Questo perché solo dieci anni prima Mussolini era in realtà un Socialista marxista e massimalista che si portò con sé il senso del sociale, del popolo”.

Le dirò –prosegue la Hack– il fascismo modernizzò il paese. Resta una dittatura, ma anche espressione d’italianità. Bisognerebbe fare un’analisi meno ideologica su questo” (Marzo 2013 Barricate).

Anche da oltre Oceano giunsero segni di apprezzamento per l’opera messa in atto dall’Italia del Ventennio. John Patrick Diggins, autore del libro “L’America, Mussolini e il Fascismo”, a pag. 45, ha scritto: “Negli anni Trenta lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici, offriva un allettante esempio di azione diretta di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine con cui il Presidente Hoover affronto la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività (…)”. 

Il comunista Renzo De Felice: “La liberale e antifascista ‘Nation’ arrivava ad auspicare un Mussolini anche per gli Stati Uniti”.

L’inglese Michael Shanks, economista di vasta esperienza internazionale, già direttore della Commissione Europea degli Affari Sociali, nonché Presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro “What’s wrong with the modern world?” lo Stato Corporativo di Mussolini come l’unico metodo per uscire dalli crisi.

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Il Regime fascista nel suo “programma politico e sociale per l’ammodernamento e l’industrializzazione del Paese”, come osservato anche dal politologo e storico statunitense James Gregor, non poteva eludere una globale politica previdenziale. La competenza dell’INPS andava dall’invalidità e vecchiaia alla disoccupazione, dalla maternità alle malattie.

Altre assicurazioni coprivano, praticamente, la totalità dei prestatori d’opera, garantendo così all’Italia un altro primato mondiale. Sulla scia dell’INPS sorsero, sempre negli anni ’30, l’INAM, l’EMPAS, l’INADEL, l’ENPDEP, tutti enti che permetteranno poi, anche se fra scandali, ruberie e arroccamenti di potere politico, all’Italia post-fascista di tutelare i lavoratori.

Frank Delano Roosevelt aveva impostato la campagna elettorale all’insegna del New Deal, ossia ad un vasto intervento statale in campo economico, ossia proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta eletto Roosevelt inviò, nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i suoi più preparati uomini del Brain Trust per studiare il miracolo italiano.

Nel 1933 Roosevelt firmò il First New Deal, e il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936. Quindi Franklin D. Roosevelt ad istituire il Social Security Act, una legge che introduceva, nell’ambito del New Deal, indennità di disoccupazione, di malattia e di vecchiaia.

Contemporaneamente nacque anche il programma Aid to Family with Dependent Children (aiuto alle famiglie con figli a carico), tutti provvedimenti che avevano già visto la luce in Italia nel Ventennio fascista. Incredibilmente, gli Stati Uniti d’America, la casa della democrazia accettò, mutuò ed applicò i concetti degli Stati totalitari per uscire dalla grande crisi. Purtroppo, per gli USA, la Corte Costituzionale americana, decretò l’incostituzionalità di alcuni provvedimenti.

Quel che segue è un elenco frammentario ed incompleto, ma significativo, di alcune leggi, riforme a favore del lavoratore realizzate dal Fascismo, che cambiarono il volto della società italiana.

Assicurazione Invalidità e Vecchiaia (R.D. 3184 – 30/12/1923); Riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore giornaliere (R.D. 1955 – 10/9/1923); Tutela lavoro donne e fanciulli (R.D. 653 – 26/4/1923); Assistenza ospedaliera per i poveri (R.D. 2841 30/12/1923); Assicurazione contro la disoccupazione (R. D. 3158 – 30/12/1923); Maternità e infanzia (R.D. 2277 – 10/12/1925); Assicurazione contro la TBC (R.D.2055 -27/10/1927); Esenzioni tributarie famiglie numerose (R.D.1312 – 14/6/1928); Opera nazionale orfani di guerra (R.D. 1397 – 26/7/1929); Istituzione libretto di lavoro (R.D. 112 – 10/1/1935); INPS (R.D.1827 – 4/10/1935); Riduzione settimana lavorativa a 40 ore (R.D. 1768 – 29/5/1937); ECA (R.D. 847 – 3/6/1937); Assegni familiari (R.D. 1048 – 17/6/1937); Casse rurali e artigiane (R.D.1706 – 26/8/1937); INAM (R.D. 318 – 11/1/1943); Legge sull’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e legge istitutiva dell’INAIL (R.D. 928 – 13/5/1929 e R.D. 264 – 23/3/1933)

Il capolavoro per eccellenza fu la socializzazione delle imprese.

<< Chi dice lavoro dice borghesia produttiva e classi lavoratrici delle città e dei campi. Non privilegi alla prima, non privilegi alle ultime, ma tutela di tutti gli interessi che si armonizzano con quelli della produzione e della Nazione>>. (BENITO MUSSOLINI, Il primo discorso presidenziale alla Camera dei deputati, in Opera Omnia, XIX, pp. 21-22)

Storicamente nel periodo compreso tra il 1919 (Conferenza di Pace di Parigi) e il 1939 si consuma la chiusura dei conti del Capitalismo Finanziario con i due “indisciplinati” Paesi europei, Germania e Italia. Il progressivo deterioramento dei rapporti tra il Fascismo e le democrazie occidentali, è dovuto principalmente alle decisioni adottate da Mussolini nell’interesse del popolo italiano, che determinarono sostanziali cambiamenti nella vita economica e sociale del nostro Paese.

Vedi la progressiva costituzione dello Stato Corporativo. Il 18 agosto 1926, nel discorso che tenne a Pesaro, Mussolini manifestò la propria intenzione di rivalutare la lira, stabilendo la cosiddetta “Quota Novanta”, cioè il limite massimo del cambio della nostra moneta (lire 92,46) per una sterlina inglese (e di 19 lire per un dollaro degli Stati Uniti).

La rivalutazione della lira era dunque il primo passo del percorso, tracciato da Mussolini, verso la prevista socializzazione delle imprese, enunciata poi, in ben altre, difficili, circostanze nel 1944, come parte fondamentale dei 18 punti del Manifesto di Verona.

Queste le parole di Mussolini “La socializzazione altro non è se non la realizzazione italiana, umana, nostra, effettuabile del socialismo. Dico nostra in quanto fa del lavoro il soggetto unico dell’economia, ma respinge le meccaniche livellazioni inesistenti nella natura impossibili nella storia”.

Tappa decisiva di questo processo furono i principi dell’ordinamento corporativo, espressi nella Carta del Lavoro che vide la luce nell’aprile del 1927. La “Carta del Lavoro” attribuiva ai lavoratori quei diritti che per la prima volta permettevano loro di stabilire nuovi e ordinati rapporti con i detentori del capitale.

Nell’assegno in bianco – conosciuto come Armistizio Lungo – accettato firmato il 29 settembre del 1943 dal maresciallo Badoglio per il Regno d’Italia, Art. 33 è il più significativo, perché di fatto pretende l’abrogazione della legge sulla socializzazione delle imprese. ”Il Governo italiano adempirà le istruzioni che le Nazioni Unite potranno impartire riguardo alla restituzione, consegna, servizi o pagamenti quale indennizzo (payments by reparation of war) e pagamento delle spese di occupazione”.

Finita la guerra, i comunisti che controllavano il C.L.N.A.I., come primo atto ufficiale, firmato da Mario Berlinguer (padre di Enrico), addirittura il 25 aprile, abolirono la legge sulla socializzazione. Era il dovuto riconoscimento da parte dei comunisti verso il grande capitale, per l’aiuto economico elargito da quest’ultimo al movimento partigiano dominato al novanta per cento dai comunisti.

Con l’introduzione della Repubblica – dopo un referendum Monarchia / Repubblica discutibilissimo – le tutele dei lavoratori sono in settantacinque anni stuprati, violentati, abortiti. La legge Biagi, che ha reso il lavoro precario, abrogata e sostituita con una legge ancor più disarmante, il Jobs act, l’abolizione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, il recepimento della direttiva Bolkestein, la legge Fornero….

In un Paese, l’Italia, che il 25 aprile festeggia un’OCCUPAZIONE militare (sul territorio italiano 59 basi ed installazioni militari con personale statunitensi con circa 13.000 militari) spacciata per liberazione (stratificata sindrome di Stoccolma), non stupisce che si festeggino i lavoratori quanto in realtà, come già anticipato sopra, è da tempo che hanno fatto la FESTA ai lavoratori con la complicità dei sindacati. 

Ps. «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Non è una barzelletta che non fa ridere, è il primo articolo della Costituzione della Repubblica Italiana.

Il contributo per La Voce del Trentino è di Emilio Giuliana, Progetto Nazionale.

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