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perché leggere Il fuoco il libro Laura Bates

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Il fuocoè il titolo di un romanzo che ha il ritmo di una scintilla. E la scintilla ha mille facce: un post, una foto instagrammata. Magari una richiesta di amicizia sui social, uno sguardo in classe o una birra consumata il sabato sera con gli amici. La scintilla prima, le fiamme dopo. E le fiamme sono fatte di bullismo, aggressività, stalking, minacce: quando divampano, non le controlli più. È da qui che parte il libro di Laura Bates (acquistalo ora formato Kindle su Amazon), edito da Rizzoli, una storia di cyberbullismo dedicata agli adolescenti «perché non si sentano soli».

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Bates, 34 anni, inglese scrittrice e esperta in studi di genere, è fondatrice del progetto Everyday Sexism, che da dieci anni raccoglie storie di sessismo e discriminazioni in tutto il mondo. «Alcuni giorni mi capita di ricevere duecento minacce di morte e di stupro», confessa. «Il dato che trovo più scioccante però è che in Inghilterra quasi un terzo delle adolescenti dichiara di aver subìto un contatto sessuale non desiderato a scuola. Stando ai dati della polizia, si registra uno stupro al giorno a scuola. E non è un problema solo inglese, sia chiaro. Ho sentito storie simili ovunque. Detto ciò, non parlerei ancora di epidemia per la violenza sessuale tra i banchi perché ai ragazzi dico sempre che il sessismo appartiene al passato e che non c’è miglior momento storico per essere donna. Pretendo solo che non si faccia finta che il problema non esista», aggiunge la Bates che scrive sui giornali anche di tematiche femministe per cui combatte e per le quali ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui la British Empire Medal da parte della Regina.

«Mi consola vedere tante ragazze impegnate in campagne di resistenza contro dress code unfair e sessismi in generale: per questo sono ottimista. Ciò che mi scoraggia è invece vedere certi media che remano contro. Come se il problema del sessismo non fosse reale, ma amplificato dalle lotte femministe. In Inghilterra, per esempio, le femministe che stanno lottando contro le disuguaglianze sono state definite feminazis sulle prime pagine dei più grandi quotidiani. Suscitano diffidenza per il sol fatto che parlano dei diritti delle donne. La verità, invece, è che dovremmo insegnare ai ragazzi a non aggredire le coetanee piuttosto che sperare che queste ultime imparino a proteggersi dagli estranei. Del resto, nelle statistiche gli autori di violenza sono perlopiù fidanzati, colleghi, amici, mariti», precisa.

Ma dov’è che comincia il sessismo? In certi ambienti, tra cui le università americane, la questione del politicamente corretto sta diventando ingombrante e si può essere denunciati per una battuta. «Sono una studentessa universitaria. Nella mia classe siamo 15 donne e un maschio», si legge su everydaysexism.com, il sito del progetto di Bates. «Una volta un professore ha detto al compagno maschio “lucky you, che fortunato”, come se noi fossimo la merce che lui poteva scegliere». La maggior parte delle ragazze che scrivono ha non la certezza, ma il dubbio di essere vittima di sessismo. Perché, spiega Bates, ci sono tante forme di discriminazione su cui chiudiamo un occhio e a cui invece dovremmo fare attenzione poiché sono l’anticamera di un maschilismo pericoloso. Davya scrive: «Martedì mattina, ufficio. Stavo passando dalla dispensa per andare alla toilette e trovo un gruppo di colleghi. Uno di loro mi dice: “Perché non ci prepari un buon tè?”».

«Il sessismo è dappertutto, difficile dire dove comincia», spiega Chiara Volpato, docente di Psicologia sociale all’Università Bicocca di Milano. «C’è il sessismo ostile, che opera attraverso il disprezzo per le donne, considerate dagli uomini concorrenti sleali nel mercato del lavoro e presenze infide nelle relazioni interpersonali. E c’è, molto più diffuso, il sessismo benevolo, che considera invece la donna in modo positivo, come entità affettuosa e capace nelle relazioni affettive e di cura, ma le attribuisce una fragilità che la rende bisognosa della protezione maschile. Il sessismo benevolo è intorno a noi, ci circonda nei gesti quotidiani, ci penalizza sul lavoro e anche nelle relazioni; è ciò che rende le donne delle ottime ed apprezzate seconde, ma raramente concede loro la prima fila». Sessista (e benevolo) è dire, per esempio, che la donna è la regina della casa. Peccato che la casa sia il luogo dove, in realtà, subiscono la gran parte delle violenze e delle sopraffazioni.

Anche nel mondo del lavoro il sessismo è vivo e vegeto ed è lo stesso per cui è apprezzata chi resta in secondo piano, sorridente e silenziosa. «Il sessismo oggi è aumentato? Non ci sono dati attendibili», conclude Volpato. «Io credo che sia diminuito solo perché la condizione della donna è migliorata un po’ ovunque, e se aumenta il potere femminile diminuisce ogni forma di sessismo. Certo, bisogna considerare le forme di ritorsione e rivincita verso chi sfida il potere maschile. È il fenomeno del backlash, come dicono gli anglosassoni: l’ostilità che circonda le donne in carriera. Hillary Clinton e Ségolène Royal ne sono esempi perfetti: due donne competenti che proprio per questo sono state considerate pericolose e poco affidabili».

C’è infine una caratteristica tipica del sessismo moderno: è l’opposizione alle richieste femministe perché ritiene falsa ladiscriminazione delle donne. «Il sessismo nasce con noi», aggiunge la Bates. «Perché vestire di rosa le bambine e celeste i bambini? È così che lui si sentirà il “futuro supereroe” e lei urlerà “odio le mie cosce!”. Parliamo dei giochi scientifici per i maschi e delle cucine-giocattolo per le coetanee? È così che ci facciamo un’idea su quanto valgo io e quanto vale l’altro sesso, e sul ruolo futuro che avremo», precisa la Bates che, tra tutte le forme di discriminazione, vuol segnalarne una. Ovvero: far sentire in colpa la vittima, come se il sessismo subìto dipendesse da lei. «Alle ragazze mancano le parole per dire cosa vivono. C’è chi lo scambia per un complimento e chi si ricrede perché “se alla fine mi è piaciuto, che stupro è?”. E poi usano una parola che mi fa paura: palpeggiare. È l’eufemismo con cui riescono a non parlare di violenza sessuale, un modo per minimizzare, e ignorare il problema».

Stando a una ricerca europea di YouGov per Once, app leader nello slow dating, il 45 per cento delle italiane under 35 dichiara di essere stata oggetto di messaggi aggressivi usando le app di dating. La metà dice di aver ricevuto contenuti espliciti non richiesti, tra cui foto di nudo o di natura sessuale. È la ragione per cui Clementine Lalande, fondatrice e ceo di Once, ha lanciato un appello alle altre app: serve un “dating detox”: no sessismo, sì nuove relazioni.

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