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Violenza di genere ai tempi del Coronavirus: la crisi è mondiale. E l'Italia non è messa meglio

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

image Mani che sanguinano perché obbligate a lavarle troppo spesso. Allontanamento da ogni forma di contatto con parenti o amici. Paura di essere soffocate o accoltellate per una parola male interpretata in tempi di porte chiuse. Le donne sono la metà del cielo destinata a pagare maggiormente le conseguenze negative dell'epidemia che costringe vittime e carnefici alla convivenza forzata 24 ore su 24. Dalla Cina al Brasile, dall'Italia alla Spagna il virus ha reso la casa un inferno per chi la vita ha posto accanto a un uomo egoista e violento. E l'Italia non fa eccezione. Anzi, fatica a dare una riposta concreata alle donne in difficoltà. A differenza dei Centri per uomini maltrattanti , che purtroppo hanno chiuso in tempi di Covid-19, «noi avvocatesse, psicologhe, impiegate lavoriamo come matte da casa per aiutare le donne in difficoltà ma ci mancano le risorse», spiega Maria Rosaria De Luca del Telefono Rosa . Il problema chiave è la cronica mancanza di alloggi. Non ce n'erano abbastanza nemmeno prima dell'epidemia e l'emergenza non ha messo fretta a nessuno. La ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti ha promesso risorse e la sensibilizzazione dei comuni per la ricerca di edifici idonei ma al momento, dopo tre settimane di chiusura della nazione, tante belle parole e nessun risultato concreto. Fa eccezione la regione Umbria dove nelle ultime settimane 13 donne sono riuscite a trovare posto nei centri anti violenza dopo che i comuni avevano messo loro a disposizione immobili in cui passare i giorni di quarantena necessari insieme ai figli, racconta da Perugia Elena Bistocchi, responsabile di tre centri antiviolenza: «Adesso ci chiama solo chi è disperata ed ha bisogno immediato di un alloggio».

Intanto in Europa è partita in Spagna, prima nelle Canarie, poi in Andalusia e Cantabria, e da oggi in gran parte del Paese, l'iniziativa “mascarilla 19” in aiuto delle donne sotto scacco. Coloro che riescono a raggiungere una farmacia, potranno chiedere una mascherina 19 per suonare l'allarme e far partire i soccorsi verso le mura domestiche. Si tratta di un linguaggio in codice legato alla più ampia campagna di sensibilizzazione dal titolo “Stiamo con te, la violenza di genere la fermiamo insieme” elaborata dal governo per non lasciare sole le donne vittime di violenza domestica, fornendo loro numeri di telefono, contatti, possibilità di alloggio esterno e, soprattutto, rendendo complici l'intera società e le sue coscienze.image«Stiamo seguendo con interesse l'iniziativa spagnola», racconta Michela Cicculli, attivista romana dell'organizzazione Lucha Y Siesta a sostegno delle donne che vivono in situazioni di violenza: «Ma pensiamo che forse da noi sarebbe più opportuno utilizzare la rete dei supermercati dove tutte le donne si recano». L'idea è allo studio di diverse associazioni, coordinate dall’associazione nazionale Di.Re. ma si scontra con la mancanza di alloggi. «Ne stiamo discutendo con le ministre Bonetti e Lamorgese (Interni) che stanno sensibilizzando i comuni perché mettano a disposizione degli immobili. Ma ancora non c'è niente di concreto e siamo in emergenza».La ministra Bonetti ha annunciato al quotidiano Repubblica lo sblocco dei 30 milioni di euro stanziati per il 2019 e mai consegnati ma le associazioni che combattono la violenza contro le donne non hanno registrato nessun aiuto in entrata. «Questi fondi dovrebbero poter essere trasferiti direttamente dallo Stato ai centri antiviolenza, senza passare attraverso la strozzatura delle Regioni», si era inutilmente raccomandata già il 24 marzo la presidente di D.i.Re. Antonella Veltri. Intanto i 20 milioni del 2020 non sono stati neppure inviati alle regioni.

In questo periodo, sebbene le denunce alla polizia siano diminuite, a crescere sono le richieste di aiuto via Whatsapp da parte di donne che, isolate, senza amici né famiglia, non sono più in grado di sopportare il compagno fuori controllo. Il telefono Rosa ha creato una app dedicata e invitato tutti ad aiutare chi non è in grado da sola a installarla. «Prima usavano il telefono ma adesso che non si può a causa della vicinanza con il compagno violento abbiamo escogitato questo mezzo per continuare a sostenere le donne che hanno bisogno, un numero in crescita».

Di.re, notando il calo del 50 per cento delle chiamate di aiuto, per aiutare la ricerca di chi ha bisogno di aiuto ha fatto una mappatura città per città di tutti i centri antiviolenza e ora lavora soprattutto su app e Whatsupp. Bisogna essere creativi di questi tempi, «cercando magari di non rendere note al violento le modalità di comunicazione con le donne», sottolinea una portavoce di Di.Re nello spiegare come mai secondo loro la campagna della mascherina in Italia non potrebbe funzionare.

Intanto è stata la Francia a copiare l'iniziativa spagnola e a rilanciarla, racconta l'associazione Nous Toutes che sottolinea come le donne che prima volevano dare ancora una chance al marito violento adesso siano rinchiuse con lui, alla sua mercé e disperatamente inviano richieste di aiuto via Whatsapp. La segretaria di Stato per le Pari opportunità, Marlène Schiappa, ha assicurato che a tutte le donne in difficoltà verrà offerto un alloggio sicuro, ricordando come l'evizione di un congiunto violento sia comunque possibile anche durante il periodo di confinamento in casa, dopo intervento della polizia.

«L'inferno è ora moltiplicato per dieci perché non esiste più il tempo del lavoro», spiegano al canale televisivo RTBF le rappresentanti della la Delegazione dipartimentale della Costa d'Oro per i diritti delle donne e per l'uguaglianza: «Quello che prima era ancora sopportabile adesso è micidiale». Nel vicino Belgio la polizia ha voluto far sapere pubblicamente che in tre dei quartieri più multietnici del Paese, Saint Josse, Evere e Schaerbeek, la polizia ricomincerà a mettersi in contatto con tutte coloro che hanno esposto denuncia contro i maltrattanti «per non farle sentire sole durante queste settimane di confinamento». Ed è fissata per il 2 aprile in videoconferenza la riunione interministeriale per fare il punto sulle misure di prevenzione, informazione, sostegno e protezione delle vittime.

Come per la pandemia anche per la violenza domestica la Cina era stata terreno di esempio e sperimentazione. Qui l'associazione “Lantianxia”, Sotto il cielo blu, nata sei anni fa in soccorso delle donne, ha recentemente fatto sapere che nel mese di febbraio i casi di violenza domestica sono triplicati rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso: «Abbiamo ricevuto anche più di dieci telefonate al giorno», ha raccontato Wan Fei, la fondatrice, al Settimanale del Sud: «Ansietà e depressione causate dalla situazione di grande pressione aumenta la possibilità di violenza domestica». Gli internauti non dimenticano la donna dello Shanxi, una delle poche storie trapelate, che si è buttata dal balcone del suo appartamento all'11esimo piano nella regione dello Shanxi (tutta la Cina è o è stata chiusa in casa, non solo la regione dell'Hubei), dopo avere sopportato per giorni le sevizie del marito.

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