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Anna Maria Mozzoni, la prima custode della libertà femminile italiana

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

«È stata una custode gelosa della libertà femminile». Fiorenza Taricone, docente universitaria di Storia del pensiero politico e questione femminile presso l'Università degli Studi di Cassino, sintetizza così la vita di Anna Maria Mozzoni (all'anagrafe Marianna), la voce più forte tra Ottocento e Novecento a chiedere pari diritti politici e sociali per le donne italiane. Giornalista, scrittrice e attivista dei diritti civili, Mozzoni era innegabilmente una donna all'avanguardia e il testo “La liberazione della donna” (edizioni All Around) con la prefazione di Taricone e l'introduzione di Donatella Alfonso, ne raccoglie gli scritti, ripercorrendo la vita di una donna che ripeteva: "Che fa la penna in mano ad una donna, se non serve alla sua causa come a quella di tutti gli oppressi?". Nel 2020 ha senso parlare di Mozzoni?«Dal punto di vista anagrafico è un personaggio del passato, ma dalle tematiche incredibilmente attuali». Una femminista ante litteram?«Sicuramente. Il femminismo come concetto e parola entra in uso in Italia nei primi del '900, dopo il termine emancipazionismo. Anche se quando Mozzoni scrive le prime opere non è ancora un termine in uso, è impossibile non usarlo nei suoi confronti. Le sue argomentazioni sono serrate, si rifanno alle relazioni tra i sessi e ai vuoti legislativi». Qual è stato il suo apporto nella riedizione di “La liberazione della donna”?«Introduco in modo complessivo la figura storica, cercando di cogliere la novità e l’originalità del tempo, perché il suo linguaggio ottocentesco non aiuta a una lettura moderna, può essere ridondante e pesante. Ho voluto far cogliere la sua originalità, non ultimo il fatto che rifiutasse l’ingresso in un partito, perché riteneva che la causa femminile non avesse una sua specificità».

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Ad esempio?«Come donna è stata l’unica in Italia, anzi la prima e l’unica, che ha risposto alle nefandezze del codice civile italiano promulgato nel 1965 per cui la donna era a metà tra un’apolide e una schiava. Dal diritto al voto all’istruzione, alla famiglia non gerarchica, Mozzoni denuncia le condizioni femminili sul lavoro. Non sono rimaste le stesse, come il lavoro delle bambine, ma le disparità sul lavoro sono ancora esistenti».

Come mai è poco nota?«Fino agli anni Settanta del ‘900 era sconosciuta in Italia, ha pagato lo scotto della dimenticanza, della sottovalutazione e di non poter essere presente come donna nella politica. Era amica di Salvatore Morelli, il primo deputato femminista del parlamento italiano, ma a distanza, era un colloquio da lontano».

Cosa direbbe delle donne di oggi?«Direbbe che abbiamo marciato lentamente. Già nell'Ottocento rivendicava la libertà feminile e oggi potrebbe dire che è da ridiscutere: le donne hanno interpretato questa libertà troppo spesso in chiave di liberazione sessuale, solo sessuale, che va benissimo ma non può essere da sola».

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