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Quali diritti non hanno le donne?

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Donne e uomini hanno un trattamento diversificato, soprattutto in alcune Nazioni. La discriminazione di genere esiste e, se il fenomeno ti preoccupa, ti indichiamo alcuni dati interessanti. 

Spesso, senti parlare di “parità di genere”, di emarginazione delle donne dal contesto sociale e lavorativo, di diritti negati. Forse, pensi che si tratti di esagerazioni, di episodi circoscritti, di paradossi che non corrispondono al vero. Ti dobbiamo contraddire: sei in errore. La discriminazione di genere esiste ed è molto radicata in Italia, in Europa e nella comunità internazionale. Piuttosto che negare a prescindere l’esistenza del fenomeno, dovresti quindi interrogarti su quali diritti non hanno le donne.

Ovviamente, la situazione ha una portata diversa a seconda del contesto giuridico che prendi in considerazione e, all’interno dello stesso, a seconda della Regione in cui ti trovi a vivere o lavorare.

Quindi, se è vero che nell’ambito dell’Unione Europea si sostiene la piena parità tra uomini e donne, è anche vero che in alcuni Paesi, soprattutto quelli del continente asiatico ed africano, la condizione della donna è ancora oggi molto problematica. Per questo motivo, ci sembra opportuno distinguere le situazioni e presentarti un quadro diversificato in base al territorio di appartenenza.

La condizione della donna in Italia

Nel nostro Paese, a partire dal 1948, anno di adozione della Costituzione italiana, è stato ufficialmente affermato il principio di pari opportunità tra uomini e donne. I padri costituenti si sono preoccupati di dare massima diffusione al nuovo criterio e, per tale motivo, hanno guardato a tutti i settori della vita quotidiana. In particolare, lo hanno imposto sia per la vita lavorativa sia in ambito familiare. Così, ad esempio, a parità di lavoro la donna ha diritto alla stessa retribuzione dell’uomo e, con riferimento alla gestione dei figli, la madre esercita una potestà del tutto analoga a quella del padre. C’è anche da dire, però, che i precetti costituzionali non hanno trovato immediata attuazione in Italia. E, quindi, per un arco di tempo piuttosto lungo, la donna è rimasta priva dei diritti riconosciuti nella carta fondamentale. Così, ad esempio, per l’attuazione della parità familiare si è dovuto attendere addirittura il 1975: soltanto in tale data, infatti, è stata adottata la riforma del diritto di famiglia che, tra le altre cose, ha soppresso la “patria” potestà e l’ha sostituita con la potestà “genitoriale”.

Gradualmente, nel corso degli anni, si sono compiuti significativi passi in avanti nel riconoscimento alla donna del posto che merita nella società. Ciò non vuol però dire che l’obiettivo della parità di genere sia stato raggiunto. Se, infatti, da un lato donne e uomini hanno teoricamente diritto allo stesso trattamento giuridico, dall’altro lato, non sempre questo principio trova attuazione nella realtà dei fatti.

Per fare un esempio: considera la condizione della donna lavoratrice. Statisticamente, il livello di disoccupazione è molto più elevato rispetto a quello degli uomini; quando, poi, una donna viene assunta è assoggettata a forme contrattuali precarie e a termine anche se svolge la stessa attività degli uomini con il “posto fisso”. Tale situazione ruota soprattutto attorno al “problema” della maternità: posto che la donna può diventare – per sua stessa natura – mamma e, di conseguenza, può esercitare tutte le facoltà ad essa connesse, i datori di lavoro non le accordano fiducia. Una disparità di trattamento evidente e alla portata di tutti.

Inoltre, se guardi alle posizioni di vertice della pubblica amministrazione o dei grandi gruppi imprenditoriali, ti rendi conto di come la percentuale femminile sia bassissima. Le donne, infatti, incontrano molte più difficoltà nel far prevalere la meritocrazia e ottenere i posti apicali che le spetterebbero per diritto.

Ancora oggi, in molti casi, la donna viene, dunque, concepita soltanto come l’angelo del focolare domestico.

La condizione della donna in Europa

Quando parliamo di condizione della donna in Europa facciamo riferimento a una situazione parzialmente frastagliata: devi, anzitutto, distinguere tra Paesi membri dell’Unione Europea e Stati europei non aderenti. Tra i primi, poi, occorre selezionare la situazione giuridica a seconda della tradizione storica del paese coinvolto. Ti rendi facilmente conto di come non sia possibile presentare un quadro di insieme univoco e dettagliato.

In linea di massima, però, è utile fornire alcune indicazioni generali: mentre, infatti, nei paesi del nord Europa la situazione appare meno problematica, in tutti gli altri Stati si possono riscontrare ipotesi di arretratezza culturale e giuridica.

Prendiamo ad esempio il contesto giuridico della Bulgaria. In tale Paese, per espressa affermazione della Commissione europea, lo stato della legislazione nazionale non è concretamente in grado di garantire l’attuazione del principio di non discriminazione tra uomini e donne.

Per superare queste divergenze, all’interno dei Trattati, le istituzioni europee si sono prefissate l’obiettivo di raggiungere l’uguaglianza di genere, di combattere la discriminazione in base al sesso e di eliminare le disparità in ogni strategia per l’occupazione.

La condizione della donna nel resto del mondo

Complessa e problematica appare la condizione femminile nel resto del mondo.

La situazione ti appare immediatamente familiare se guardi ai paesi asiatici in cui continua a essere presente una visione medievale della donna. Pensa, ad esempio, alla Cina o all’India, nazioni in cui sono predomina un netto squilibrio tra i due sessi.

I diritti negati alle donne sono numerosissimi: si va dal diritto all’istruzione al diritto di scegliere l’uomo con cui costruire una famiglia (pensa al fenomeno dei matrimoni combinati o delle spose bambina).

In alcuni casi, è messo in pericolo lo stesso diritto alla vita: la politica del figlio unico, infatti, induce alcuni genitori a propendere per l’aborto se, quando viene comunicato il sesso del nascituro, si scopre che nascerà una bambina; nei casi più gravi, si ricorre addirittura all’omicidio della neonata. Alle donne viene anche negato il diritto a disporre della propria sessualità: spesso, figlie e sorelle vengono utilizzate come “merce di scambio” e offerte in vendita sulle strade.

La via da percorrere è, dunque, ancora molto lunga ed articolata. Per superare i limiti culturali non sono sufficienti soltanto interventi normativi, ma è soprattutto necessaria una mobilitazione delle coscienze e un’opera di sensibilizzazione ad ampio spettro.

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