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Fuori i capezzoli! Siamo donne. A New York è topless day

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Alexander Rubinstein

[25 Aug 2015 | 0 Comments | 87 views]

 

Domenica 23 per le strade di New York sfilavano alcune decine di donne in topless e molti più fotografi. Le donne erano lì per chiedere parità di diritti, per poter smettere di nascondere il proprio corpo per paura di essere trattate come oggetti. Il racconto della giornata

Nel pomeriggio di domenica 23 agosto, nel centro di Manhattan gente senza maglietta sfila per le strade, da Columbus Circle fino a Bryant Park. In topless ci sono un paio di dozzine di donne e alcuni uomini. Di gran lunga più numerosi dei manifestanti sono i fotografi, accorsi per immortalare lo spettacolo di un bel paio di tette nella vivace Midtown.

“Mi aspettavo ci fosse più gente in topless – mi dice una donna che si presenta come Luna e secondo la quale entrambi i sessi sono numericamente sottorappresentati – la proporzione tra fotografi e reali manifestanti è ridicola”.

Durante la marcia, una donna in topless cammina lungo il cordone di polizia spintonando e facendo spazio al suo smartphone per scattare foto degli innumerevoli volti di curiosi con le macchine fotografiche. Le donne sono qui per chiedere parità dei diritti.

A New York girare in topless è legale per le donne. Nel 1992 una sentenza della Corte d'appello ha stabilito che le donna possono andare a torso nudo, a patto che non sia per ragioni commerciali. Il caso fu scatenato da sette donne, le Topfree Seven, che avevano fatto un picknic a torso nudo a Rochester, New York. Il tribunale decise in loro favore e così le donne di New York conquistarono il diritto di topless anche se il giudice non ritenne che la vecchia legge fosse discriminatoria, come racconta The New York Times.

La parata è organizzata in coincidenza con le polemiche sollevate dal giro di vite promesso dal sindaco de Blasio che ha annunciato una battaglia contro le donne nude con la pelle dipinta che, nella commerciale Times Square, chiedono mance ai turisti. Il sindaco sta valutando di chiudere l'intera piazza alle ormai troppe figure in costume che affollano Times Square in cerca di offerte.

Già prima del Go Topless Day 2015, nelle strade e nei bar di New York, da giorni l'argomento della liberazione del capezzolo è caldo. Su Instagram si è creato un movimento di donne sotto l'hashtag #freethenipple. Anche la libreria che frequento ha iniziato a vendere capezzoli in feltro.

Phoenix, del gruppo GoTopless.org, che organizza le proteste in topless in più di 60 città in tutto il mondo, parla alla folla a Bryant Park, faticando a far sentire la sua voce tra gli incessanti click delle macchine fotografiche: “Spero che siate qui per il motivo giusto. Spero siate qui per la parità di diritti e non scattare foto perverse. Siamo qui per la parità dei diritti, siamo qui perché le donne non debbano essere violentate e poi andare da un agente di polizia solo per scoprire che l'unica questione che li preoccupa è quello che diavolo indossavano! Dobbiamo interrompere questa cosa, ora! Dobbiamo fare in modo che le madri possano allattare i propri figli senza essere stigmatizzate, molestate o cacciate via”.

Phoenix ricorda poi che gli stigmi producono dismorfismi: “La perversione è un tuo problema, non mio. Tu hai il dovere di metterci un freno! – dice alla folla acclamante – È una questione di topless quanto per Rosa Parks era una questione di autobus”. L'attivista continua incoraggiando i manifestanti a partecipare ad una prossima protesta di massa in New Jersey, dove lei stessa ha dovuto affrontare problemi giuridici per via delle sue azioni: “Spero di tornarci con tutti voi. Per favore, venite con me. Spero che riusciremo ad organizzare una vera manifestazione di massa in total topless. A tutti può capitare di essere multati e tutti insieme dobbiamo fare in modo che la questione torni davanti alla Corte Suprema e, se saremo abbastanza, spero che riusciremo a far passare una legge federale”.

Un'altra manifestante parla della storia dei diritti delle donne: “Era il 1920 quando fu approvato l'emendamento per la parità dei diritti. Adesso diamo per scontato il diritto di voto, ma c'è comunque disuguaglianza. Essere in topless può sembrare una cosa sciocca, ma è stupido solo perché la gente prova ancora a disagio. Nel 1920 era considerato osé per una donna mostrare le caviglie e le donne potevano essere multate o messe in carcere se esponevano le ginocchia”.

Dopo il raduno, mi fermo nel giardino di a Bryant Park a parlare con tre donne e un uomo in topless, tutti di Brooklyn: “Siamo venuti perché abbiamo voluto provare l'esperienza di essere in topless a New York City e di sentirne l'emozione e la paura – mi dice Rachel, una delle donne – Però c'è tanta gente che ci tratta come oggetti sessuali, senza la nostra approvazione”.

Nel discutere le polemiche riguardo Times Square, che in parte si inseriscono in un sforzo da parte dell'amministrazione comunale di rendere la popolare piazza più adatta alle famiglie, Luna, che si è unita al gruppo, mi dice: “I bambini vedono più seni di chiunque altro. Appena cinque anni fa avevano molta familiarità con il seno”.

Cosa c'è di più adatto alle famiglie che il seno di una madre? “Il ciclo mestruale”, dice Luna. L'uomo seduto con il gruppo, che si presenta come Charlie, contesta la posizione di de Blasio sulle donne dipinte a Times Square, anche se riconosce che si tratta di una questione distinta dalla protesta. Dice che il 30 per cento delle mance che le ragazze che lavorano a Times Square riescono a raccogliere finiscono nelle tasche dei loro boss che definisce personaggi “smil-papponi”. Charlie si dice in favore di Ruben Diaz, senatore dello Stato di New York che propone una legislazione che renderebbe il topless illegale sia per gli uomini che per le donne: “Per lo meno non è sessista a riguardo”, mi dice. Altri nel gruppo sono scettici riguardo ad una normativa che potrebbe produrre una quantità di nuovi piccoli reati di cui la polizia dovrebbe occuparsi. Charlie è venuto a torso nudo alla protesta, per sostenere la causa di questo movimento che ha iniziato a seguire tre anni fa. “In ultima analisi si tratta di normalizzarlo, in modo che la donna in topless non venga molestata” mi dice.

“Solo perché le mie ghiandole mammarie hanno più grasso non posso avere pari diritti”, sottolinea Rachel che dei tanti fotografi presenti dice: “Nel tentativo di desessualizzare i nostri corpi veniamo ulteriormente rese oggetti”. Sulla desessualizzazione del seno, Luna aggiunge: “Devi decidere se reagire alla percezione degli altri è più importante che agire secondo le tue percezioni”.

Mentre torno verso casa, sulla linea F della metro, rifletto su quello che ho ascoltato, sul coraggio delle donne che protestavano in topless tra un mare di amanti del brivido a buon mercato. Alzo lo sguardo e vedo un annuncio pubblicitario che mi è familiare, reclamizza l'operazione per aumentare il seno: fianco a fianco, ci sono due immagini della stessa ragazza; in una è imbronciata mentre si accosta al seno due piccoli mandarini, nell'altra sorride e sorregge due grossi pompelmi. Così stanno le cose per le donne a New York, nel 2015: il topless è legale dal 1992, ma quello che c'è dietro il reggiseno è ancora oggetto di scrutinio.

 

Nota: Tutte le foto che accompagnano questo articolo sono state scattate e vengono pubblicate con il consenso dei soggetti ritratti.

 

Una versione in inglese di questo articolo viene pubblicata anche su WordOut.nyc

 

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