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C’è una competenza morale anche nella scelta di abortire

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

E’ un libro da leggere, anzi da studiare a fondo, Dai nostri corpi sotto attacco, perché induce a nuove riflessioni anche chi delle tematiche femministe e relative all’aborto si è sempre interessata/o. Almeno così è accaduto a me e desidero quindi scriverne per quanto posso in questo spazio necessariamente ristretto e per quanto ho potuto comprendere. La prima parte del libro analizza il tema da tre diverse prospettive: aborto e politica, aborto e diritto, aborto e morale. E le tre prospettive si differenziano per i tagli con cui si riflette sulla problematica e si completano, così al termine della lettura non solo ho avuto la sensazione di saperne molto di più, ma, soprattutto, di essere stata stimolata a proseguire con il mio pensiero e questo è l’esito forse principale di un libro: generare desiderio e competenza per un pensiero autonomo. Innanzitutto la necessità di una ripresa del discorso sull’aborto, che viene discussa nell’introduzione delle curatrici al testo e ripresa al termine della prima parte.

Quel che sta accadendo è sotto i nostri occhi, è una realtà verificabile quasi quotidianamente: continui attacchi volti allo smantellamento della legge 194, aumento dell’obiezione di coscienza, salita a livelli intollerabili in alcune regioni italiane, impoverimento progressivo dei consultori, ‘delegittimazione sociale dell’accesso delle donne all’aborto, presupposto culturale per modificare il quadro normativo’, proposte politiche e movimenti a difesa della famiglia naturale (?), presentata come l’ultimo baluardo contro ogni male.

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Ilaria Boiano, Caterina Botti (a cura di)«Dai nostri corpi sotto accusa» ed. Ediesse, Roma 2019, pp.193 14 euroUna spinta reazionaria diffusa e che non riguarda solo il nostro Paese. Cecilia D’Elia nel primo capitolo dedicato al rapporto tra aborto e politica chiarisce il motivo per il quale questa questione è centrale per il riconoscimento della soggettività, libertà e responsabilità delle donne. Il tema, insomma, della perpetuamente incompiuta cittadinanza femminile, cui i vari movimenti per la vita tendono a togliere ogni autonomia, competenza decisionale in nome di un ritorno alla famiglia tradizionale cui le stesse donne attenterebbero in nome di egoismi individuali e libertari. E per famiglie tradizionali o naturali si considerano quelle famiglie che non siano monoparentali, allargate, omogenitoriali o semplicemente divorziate. Forse, sommando tutte queste diverse forme di famiglia, ci si avvicina alla maggioranza o, comunque, la cosiddetta famiglia naturale non appare più rappresentativa della realtà. Ma il tema e l’attacco torna sulle donne e sull’urgenza da parte nostra di comprendere, e far comprendere, come senza riconoscimento di competenza e autonomia femminile sull’aborto, che continua ad essere un ‘nervo scoperto’ nella politica della contemporaneità, ancora immersa nelle contraddizioni tra ordine democratico e ordine patriarcale, senza questo riconoscimento non si può parlare o pensare a una piena cittadinanza femminile.

Le contraddizioni scoppiano, qualcosa di profondo è cambiato nelle menti delle donne, scrive Cecilia D’Elia, una sorta di mutazione antropologica – e sono proprio d’accordo con lei – e indietro non si torna.

Accedendo al campo del diritto, con le riflessioni di Laura Ronchetti siamo accompagnate a un breve carrellata storica fino ad arrivare alla 194, ai suoi meriti, ai suoi limiti. Ma anche alle sue mancate applicazioni: esemplare il dilagare dell’obiezione di coscienza, che rende impossibile in alcune regioni esercitare il diritto all’aborto, anche se è la stessa legge che in realtà dovrebbe garantire, tramite ad esempio forme di mobilità, l’accesso a questo diritto in ogni territorio e struttura ospedaliera. E, altro momento di preoccupazione, i continui tentativi, realizzatisi in alcune o molte realtà, di trasformare i consultori, nati con tutt’altre finalità, in Centri per la vita, in pratica organismi dissuasori all’esercizio del diritto di aborto. Ma quel che mi appare particolarmente interessante della riflessione di Laura Ronchetti è l’osservazione, più generale, che finché si renda preferenziale o unica la prospettiva della tutela della salute, se pure non solo fisica, non si può accedere a una concezione del diritto più stabilmente significativa rispetto al corpo delle donne, che ne definisca una volta per tutte l’autonomia, l’autodecisionalità di un soggetto compiutamente di diritto.

Nello scritto di Caterina Botti la prospettiva ulteriormente si amplia prendendo in considerazione, inevitabilmente, la questione morale, la competenza morale che le donne esercitano nella riproduzione, tra soggettività e relazionalità, libertà e responsabilità. E cosa significa tutto ciò nel momento in cui si mette al mondo, o si decide di non mettere al mondo un nuovo individuo. Una prima considerazione dell’autrice libera il terreno della riflessione da una contrapposizione, che viene fatta sia in campo di contrarietà o favore rispetto all’aborto: la contrapposizione tra diritti dell’embrione e diritti della donna. Un falso problema, una distorsione che ha distolto energie e pensiero a un tema che andrebbe trattato con una visione assolutamente al contrario. Scrive Caterina Botti - e le sue parole mi appaiono al tempo stesso ovviamente giuste e sconvolgenti ogni riferimento finora ascoltato o letto - che il rapporto embrione-donna è in realtà una relazione, nella quale gli interessi non sono contrapposti ma coincidenti e, proseguendo il discorso, la competenza morale e decisionale che la donna sviluppa in questa situazione deriva proprio dal suo stato di gravidanza. Vive una tensione interna la donna incinta, un dialogo interiore che sviluppa in lei uno spazio pieno di responsabilità che deriva dall’esperienza stessa che sta vivendo, a prescindere da quello che poi deciderà di fare. E la decisione è libera, ma va contestualizzata nel vissuto e nelle condizioni particolari che la donna vive, in dialogo col suo corpo e nella relazione coll’embrione.

Mettere la mondo bambini o bambine significa cercare di garantire loro buone condizioni di vita e queste non sono solo materiali ma consistono anche nella garanzia di un contesto affettivo, nella disponibilità e desiderio di saper volere loro bene, di prendersene cura in una relazione accogliente. Occorre dunque riconoscere alla donna la capacità di giudicare se queste condizioni possono esistere e garantiscono la vita di chi verrà al mondo. Se pensa che così non sia l’aborto appare certamente non una scelta immorale ma un gesto morale, di difesa e non di attacco alla vita.

Il volume, nella seconda parte, si avvia con uno scritto di Ilaria Boiano che delinea le principali azioni di erosione del diritto all’aborto in Italia e nel mondo. Un quadro preoccupante, già lo dicevo, anche nel nostro Paese, in cui si assiste a una progressiva ‘delegittimazione sociale dell’accesso delle donne all’aborto, presupposto culturale per modificare il quadro normativo’. Una sorta di criminalizzazione progressiva che rinforza i pregiudizi sessisti contro le donne e apre la strada e aggrava la diffusione della violenza. Di nuovo un richiamo forte alla centralità della questione dell’aborto, non solo per la difesa dei nostri diritti, ma per lo sviluppo di una concezione diversa di relazioni tra donne e contesti politici e giuridici, e una rivoluzione etica – cos’è l’etica se non si mette continuamente in discussione? – che solo l’approccio morale e conoscitivo dell’esperienza femminile può proporre (ma quanti anni fa scrisse il suo libro fondamentale Carol Gilligan?).

Il testo, infine, propone alcuni studi di casi nazionali, raccontati dall’interno: Irlanda, Polonia, Spagna, Brasile, Argentina e Cile. E mi sembrano interessanti le righe conclusive dello scritto dedicato ad Argentina e Cile contro un discorso pubblico, che crede di aver assolto il proprio compito, di aver dimostrato il proprio volto ‘buonista’ nel mostrare le donne che intendono abortire solo nel loro dolore. La sofferenza fa indubbiamente parte di questa scelta, ma non credo affatto ne sia la componente principale, che deve essere la consapevolezza di agire all’interno del proprio diritto di cittadina e in favore della propria vita e di chi non potrà nascere perché non ci sono le condizioni per una sua vita serena e dignitosa.

Ilaria Boiano, Caterina Botti (a cura di), Dai nostri corpi sotto accusa, ed. Ediesse, Roma 2019, pp.193, 14 euro

6 gennaio 2020 (modifica il 6 gennaio 2020 | 19:36)

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