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Quattro azioni per la parità salariale: ecco la proposta di legge del Pd

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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di Manuela Perrone

Inattivi e giovani, le spine del mercato del lavoro

3' di lettura

Report delle imprese anche sotto i cento dipendenti, pubblicità e trasparenza, più controlli e sanzioni, un “bollino” per le aziende virtuose. Quattro azioni per raggiungere la parità salariale e renderla “mainstream”, aiutando le donne italiane - che già lavorano meno rispetto agli uomini (le occupate sono il 49%, gli occupati il 67%) - a colmare il gap che le vede guadagnare fino a un quinto in meno dei colleghi a parità di mansioni. Con una penalizzazione aggiuntiva per le madri impiegate nel settore privato: a vent’anni dalla nascita di un figlio, vengono pagate fino al 12% in meno rispetto a quelle senza figli. Alla Camera è stata appena presentata una proposta di legge del Pd, prima firmataria Chiara Gribaudo, sottoscritta anche da Renata Polverini (Forza Italia) e da Tiziana Ciprini (M5S). Con il sigillo del segretario dem Nicola Zingaretti: «Una battaglia giusta. Siamo certi che con la collaborazione del mondo produttivo il nostro Paese farà un significativo passo in avanti per il rispetto dei diritti delle donne».

Più report da tutte le aziende, anche piccoleIl testo si compone di due soli articoli. Il primo modifica il Codice delle pari opportunità (Dlgs 198/2006), introducendo la possibilità per le aziende pubbliche e private sotto i cento dipendenti (per quelle sopra i cento è già un obbligo) di redigere il rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile su base volontaria. Il documento deve contenere la fotografia dei dipendenti in ognuna delle professioni e in relazione a tutte le variabili utili: stato di assunzioni, formazione, promozione professionale, livelli, passaggi di categoria o di qualifica, altri fenomeni di mobilità, intervento della Cassa integrazione guadagni, licenziamenti, prepensionamenti e pensionamenti, retribuzione effettivamente corrisposta.

Online gli elenchi delle impreseNella stessa norma si chiede all’Inps di inviare ogni anno al ministero del Lavoro l’elenco delle imprese che ricadono nell’applicazione della norma. Si prevede inoltre che sul sito del dicastero sia pubblicato l’elenco delle aziende che hanno trasmesso il rapporto e quelle che non lo hanno fatto.Il “bollino” a chi rispetta i parametri minimiNon solo. Viene interamente sostituito il comma 3 dell’articolo 46 del Codice, richiedendo che il decreto ministeriale previsto per specificare le modalità di redazione del report indichi anche le modalità di accesso da parte dei dipendenti dell’azienda interessata, le modalità di pubblicazione degli estremi del documento sul sito dell’impresa, i parametri minimi di rispetto delle pari opportunità. A chi li rispetta sarà attribuita una «certificazione di pari opportunità di lavoro»: un “timbro” rilasciato tenendo conto dell’attività di controllo e verifica svolta dalle rappresentanze sindacali aziendali e delle consigliere di parità.Controlli e sanzioniIl Codice già prevede che le imprese inadempienti segnalate dal ministero debbano essere invitate a provvedere entro 60 giorni dalla Direzione regionale del lavoro. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni descritte all’articolo 11 del Dpr 520/1955: una multa da 103,29 euro a 516,46. Adesso si integra la disposizione stabilendo che se si superano i dodici mesi può essere disposta la sospensione per un anno dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda. All’Ispettorato nazionale del lavoro è affidato il compito di vigilare sulla veridicità dei rapporti trasmessi dalle imprese: in presenza di report mendaci si applicano le sanzioni suddette e le pene previste dall’articolo 483 del Codice penale (falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico), ovvero la reclusione fino a due anni.

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