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America Latina, “Pace senza confini”, tra diseguaglianze e crisi della democrazia

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA - Il 2018 è stato l’annus horribilis per la salute della democrazia in America Latina. Secondo il Latinobarometro, solo il 48% degli intervistati appoggia la democrazia. Cinque punti in meno dell’anno precedente, la percentuale più bassa dell’ultimo quindicennio. E intanto i giornalisti sono uccisi, i narcotrafficanti controllano il Messico, i bambini muoiono alla frontiera, il femminicidio è accettato e l’Amazzonia brucia. Questi i temi della tavola rotonda “America Latina: diseguaglianza e crisi della democrazia”, all’interno dell’incontro internazionale “Pace senza frontiere” organizzato a Madrid dalla Comunità di Sant’Egidio. Nella tregiorni (15-17 settembre) che riunisce capi religiosi, leader politici e esponenti della cultura, infatti, si sono svolte 27 panel dedicati a migranti, ambiente e zone calde del mondo.

La crisi di credibilità della democrazia. Aprendo la conferenza, Guzman Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, ha voluto soffermarsi proprio sul dato del Latinobarometro: “Ancora più forte è la disillusione verso la democrazia tra i giovani 16-26enni. Diverse sono le cause della crisi della credibilità, dagli scandali giudiziari alla corruzione che lega imprenditori e politici, dalla disarticolazione dei partiti politici a un certo esaurimento delle sinistre tradizionali politiche e intellettuali”. Su tutto, l’assenza di Stato permette il proliferare di gruppi criminali, che arrivano a gestire il narcotraffico insieme a politici e forze dell’ordine. “Nel 2016 – precisa la giornalista di Avvenire Lucia Capuzzi – si è ufficialmente chiusa l’ultima guerra del continente, quella colombiana. Ma non si può dire che l’America Latina sia in pace, nel mondo post Guerra fredda si affermano conflitti interni anomali”.

Messico, tra fosse comune, narcotraffico e giornalisti uccisi. Il caso del Messico, con i suoi 120 milioni di abitanti, è emblematico. Qui, nello stato di Jalisco, lo scorso 3 settembre sono stati ritrovati 119 cadaveri tagliati a pezzi in sacchi neri della spazzatura, in una fossa comune che è stata ribattezzata “el pozo del los horrores”. Per le autorità, sono vittime della guerra tra bande rivali del narcotraffico. A fine agosto è stato ritrovato il cadavere colpito da decine di coltellate di Nevith Condes Jaramillo, il decimo giornalista messicano ammazzato dall’inizio del 2019 (100 dal 2000 secondo Reportères sans frontières). Nella città di Tejupilco era in prima linea contro il crimine organizzato, seguendo la cronaca locale. Spiega la collega Anabel Hernández García: “Quando uno guarda il profilo dei giornalisti assassinati, si rende conto che la maggior parte ha ricevuto prima minacce da parte di qualche autorità”.

La testimonianza di Anabel Hernández García. Sulla situazione messicana sono intervenuti a Madrid Diego Enrique Osorno e Anabel Hernández García, giornalista e scrittrice che è stata lei stessa più volte minacciata di morte e aggredita fisicamente. “In Messico – ha detto – siamo arrivati a 266mila persone assassinate, 27.173 bambini e adolescenti. A questi si aggiungono 37.435 desaparecidos, molti dei quali erano casalinghe e ragazzi di scuola”. I corpi femminili testimoniano la violenza di questa guerra: “Vengono assassinate dopo mutilazioni e accanimento sessuale; nel 2019 sono già 504 le donne uccise con metodi sessuali violenti”. La giornalista punta il dito contro gli ultimi tre presidenti Fox, Calderón e Peña Nieto: “Giustificano tutte queste morti dicendo che non costituiscono un problema perché riguarderebbero bande criminali che si fanno la guerra tra di loro: non è una motivazione accettabile che 27mila bambini sarebbero narcotrafficanti”. Certo le droghe sono al centro della guerra: “L’allora presidente Fox aveva fatto un’alleanza con il Cartello di Sinaloa: con il piano Messico Sicuro del 2003-4 l’esercito faceva irruzione solo contro i trafficanti che non appartenevano al Cartello, mentre gli ex militari dei Los Zetas tagliavano le teste e toglievano la pelle. In questo modo Sinaloa ha occupato tutti gli spazi liberati”.

Padre Solalinde e la difesa dei migranti. Secondo padre Alejandro Solalinde, che nel 2007 ha fondato il centro “Hermanos en camino” per aiutare i migranti diretti negli Usa, “il sistema neocapitalista ha generato oligarchie e corruzione politica, con politici diventati narcotrafficanti e viceversa”. Per il sacerdote, una speranza per il Messico viene dall’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador, vincitore delle elezioni del luglio 2018. “C’è carenza – dice – di occasioni partecipative, la Chiesa può essere un fattore di cambiamento importante”. Lui, come anche l’arcivescovo di Lima Carlos Castilllo Mattosoglio, ha sottolineato come sempre più la Chiesa non deve accettare l’uso strumentale dei simboli religiosi da parte di chi si definisce cattolico ma poi appoggia i narcotrafficanti, i femminicidi e i metodi criminali. Per fermare Solalinde nella sua difesa dei migranti, lo hanno picchiato, minacciato e organizzato attentati al suo rifugio per migranti di Ixtepec. In un’occasione le autorità municipali lo informarono che se non chiudeva il centro entro 48 ore, lo avrebbero bruciato. Ma anche quando si scoprì che un killer era stato pagato per ammazzarlo, ha scelto di non tacere. “Dobbiamo – ha detto – guardare alle migrazioni con una visuale diversa perché alcuni uomini sono considerati irregolari per le leggi di qualche stato, ma nessun uomo è illegale”.

I vescovi dell’Amazzonia e le critiche a Bolsonaro. Il vescovo brasiliano di Miracema do Tocantins, Philip Dickmans, ha portato a Madrid la voce dell’Amazzonia. Durissimo l’attacco a Bolsonaro: “L'attuale governo, nella persona del suo presidente, vuole sfruttare questa vasta terra in qualsiasi modo. Profitto, denaro, sfruttamento senza limiti e senza rispetto. Gli Indios e i popoli fluviali sono visti come pigri, senza futuro, che ritardano lo sviluppo”. E ancora: “Il presidente ha firmato una misura provvisoria che apre l'area amazzonica allo sfruttamento: a luglio la deforestazione è aumentata del 300%. I villaggi indigeni vengono invasi, i leader vengono uccisi, le persone devono spostarsi. Con una maggiore libertà di comprare armi, la violenza aumenta. Andiamo verso un nuovo Far West, dove la legge del grande e del potente parla più forte”.

Il prossimo sinodo amazzonico e i timori del Governo. Dickmans, missionario in Amazzonia da 22 anni, ha detto che “i vescovi si sono riuniti più volte per difendere i popoli e le loro terre. Sacerdoti, religiosi e dirigenti sono morti perché hanno parlato con voce profetica. Altri sono stati minacciati o addirittura arrestati senza giusta causa. Ma, come disse Oscar Romero, una Chiesa senza persecuzione non è una chiesa profetica”. Ecco perché il Sinodo amazzonico (“Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale”), indetto da Papa Francesco dal 6 al 27 ottobre, sembra essere una preoccupazione del governo: “Per il presidente Bolsonaro – conclude il vescovo – la Conferenza episcopale dell’Amazzonia è la parte più marcia della chiesa cattolica, per la sua difesa dei meno favoriti. Ecco perché il Governo vuole censurarci”.

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