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Lo scontro sul femminismo e le generazioni a confronto

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Selfie di ragazzine che non conoscono (o danno per scontate) le grandi battaglie per i diritti delle donne. Sono state liquidate così le 12 mila di #womenagainstfeminism (ve ne abbiamo parlato qui, ieri). Ed è vero. In quella carrellata di foto non c’è traccia delle marce per il diritto al voto, il divorzio o l’aborto. Anzi, quelle stesse conquiste, soprattutto sulla decisione se tenere o meno un figlio, in alcuni casi vengono rifiutate (“avere un figlio non è una scelta ma un privilegio”, scrive una ragazza). Per esprimersi queste ragazze (per lo più bianche) usano i selfie, gli hashtag, i tweet. Sono libere, possono mettersi in primo piano, di fronte al mondo. Non si rendono conto, come ricorda loro un’ “avversaria” “pro feminism”, che senza il femminismo probabilmente i loro auto-scatti e la loro auto-determinazione non esisterebbero nemmeno.

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Chi conosce bene gli Stati Uniti spiega come questa manifestazione virtuale vada inquadrata tra il fondamentalismo cristiano e le disparità sociali sempre più forti che vedono la classe media in ginocchio rifugiarsi nei “vecchi buoni valori di una volta” con un marito al lavoro (ringraziando Dio che un lavoro c’è) e una moglie a casa che lo aspetta. Le manager della Silicon Valley sono lì a dimostrarlo, tra un proclama più o meno convinto e l’altro: la parità di genere riguarda la fascia di età 40-60, livelli di istruzione alti (né Marissa mayer, né Sheryl Sandberg hanno studiato in una scuola pubblica) e per lo più è ancora legata al colore della pelle. Negli stessi colossi del tech gli impiegati in media sono al 70 per cento uomini. Normale dunque che il 99.9 per cento della popolazione non si senta rappresentato dallo 0.1 per cento. Tanto più se le stesse esponenti del femminismo 3.0 non sempre hanno tempo, voglia ed energie per accollarsi il compito di rappresentare le altre come fa Marissa Mayer in questa intervista.

Ma è anche vero che, per quanto deprimente #womenagainstfeminism appaia alla sinistra madre (e figlia) delle marce per i diritti delle donne, liquidarlo gridando all’ignoranza è un errore madornale. Se si sposta un momento lo sguardo sull’Italia si vede un esercito di ragazze e donne gridare una sola parola:LAVORO. E, ancora, in un paese in cui  una su quattro perde il posto dopo il primo figlio, parlare di femminismo non è impresa facile. Oggi per molte ragazze sentirsi spiegare da una ristretta cerchia di affermate signore in carriera che devono battersi per la parità di genere quando non possono nemmeno pagarsi la rata di un mutuo o dell’asilo, è forse il peggior affronto. Il rischio però è che queste giovani non scelgano di combattere ma cerchino rifugio e conforto nel mondo delle nonne (quello dove era tutto più difficile ma al contempo più facile) e non proseguano quel cammino di auto determinazione e di lotta per i propri diritti che inevitabilmente investe ogni generazione. Di donne e di uomini. Dare un calcio alla parola femminismo non pare dunque risolvere granché i problemi. Altro errore è percepire le manager e le donne in posizioni di comando come delle nemiche. Quando, invece, hanno sicuramente il merito (magari non tutte) di lavorare per cambiare le cose anche a beneficio delle più giovani. Non da ultimo, come già scritto ieri, associare la dicotomia ricche/povere, colte/ignoranti, bigotte/illuminate alla discussione diritti sì/diritto no inevitabilmente impoverisce il dibattito e non dà voce a tutte quelle realtà che ogni giorno combattono nell’ombra (senza selfie e proclami) contro la violenza sulle donne, contro le discriminazioni o a favore dell’educazione femminile nel mondo.

Al di là dell’effetto mediatico della campagna, #womenagainstfeminism rimane importante. Va ascoltato, senza trattarlo come argomento da salotto o come un hashtag su Twitter. Ma allo stesso tempo è un campanello d’allarme per chi crede che la democrazia e il progresso passino anche dalla parità. E ci costringe a riflettere sulle parole e sui concetti. Un esercizio che non fa mai male e che su questo blog viene fatto quotidianamente.

Twitter @martaserafini 

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