Stampa

Le donne dicono no alla legge Pillon: "Ritorno al Medioevo del diritto di famiglia" - La Repubblica

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA - Un ritorno al Medioevo. Questo comporterebbe, secondo le Donne in Rete contro la Violenza l'approvazione del DDL Pillon, proposta di legge che nei prossimi giorni verrà presa in esame dal Parlamento.

"Mentre i media riportano quotidianamente storie di femminicidi, stupri, violenze e abusi, in una sequenza cronicizzata di orrore - spiegano le rappresentanti della rete dei centri antiviolenza - , non solo continuiamo a sentir parlare del problema come di un'emergenza sociale a dispetto dell'evidenza dei dati che dimostrano ampiamente come la violenza maschile contro le donne sia un problema strutturale e profondamente radicato nel nostro paese, ma registriamo l'avanzare indisturbato di proposte di legge che, se approvate, favorirebbero inevitabilmente il persistere della violenza, in particolare quella intrafamiliare".

Il coordinamento, in particolare, ritiene che il DDL 735 presentato dal senatore Pillon rappresenti "la sistematizzazione di un processo di riappropriazione del potere maschile minacciato dalle nuove norme transnazionali e in particolare dalla Convenzione di Instanbul".

Il disegno di legge "Norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità" intende dare attuazione a quanto previsto in materia nel contratto di Governo attraverso una serie di modifiche normative, a partire dalla mediazione civile obbligatoria in tutte le separazioni in cui siano coinvolti i figli minorenni, prevedendo l'equilibrio tra entrambe le figure genitoriali e tempi paritari nella cura e nell'educazione, e quindi affidamento congiunto e doppio domicilio per i minori.

Il DDL Pillon prevede anche il mantenimento in forma diretta dei figli, senza automatismi nel riconoscimento di un assegno da corrispondere al coniuge attribuendo a ciascuno specifici capitoli di spesa, in misura proporzionale al reddito e ai tempi di permanenza presso ciascun genitore del minore, e il contrasto dell'alienazione genitoriale "che, disconfermata dal mondo scientifico, rientra mal camuffata come supposta tutela dei 'diritti relazionali' dei minori", precisano da Donne in Rete contro la Violenza.

"Il DDL - si legge nella petizione attivata su Chiange.org - fa pensare che chi ha redatto il testo sia completamente decontestualizzato e non tenga conto di cosa accade nei tribunali, nei territori e soprattutto tra le mura domestiche. Il testo sembra quasi completamente ignorare la pervasività e l'insistenza della violenza maschile che determina in maniera molto significativa le richieste di separazioni e genera le situazioni di maggiori tensioni nell'affidamento dei figli che diventano per i padri oggetto di contesa e strumento per continuare ad esercitare potere e controllo sulle madri".

"Ignora inoltre - si legge ancora nella petizione - il persistente squilibrio di potere e di accesso alle risorse proponendo un'equiparazione tra i genitori, il doppio domicilio dei minori, l'eliminazione dell'assegno di mantenimento e dando per scontate disponibilità economiche molto spesso impossibili da garantire per le donne in un paese con elevatissimi tassi di disoccupazione femminile, dove è ancora presente il gap salariale, che continua ad espellere dal mercato del lavoro le madri, ne penalizza la carriera e garantisce sempre meno servizi in grado di conciliare le scelte genitoriali con quelle professionali, mentre scarica i crescenti tagli al welfare sulle donne schiacciate dai compiti di cura".

Il dispositivo proposto appare dunque, secondo il coordinamento dei centri antiviolenza, una presa di posizione consapevole e di parte "che alimenta il senso di frustrazione e di rivalsa dei padri separati, rischia di sostenere gli interessi della parte peggiore di ordini professionali, oltre che supportare una cultura patriarcale e fascista che, fingendo di mettere al centro la famiglia come istituto astratto e borghese, tenta di schiacciare la soggettività e la libertà delle donne ancorché dei minori".

"Per tutto questo - conclude la petizione - noi come centri antiviolenza con la nostra esperienza trentennale di lavoro con le donne, come movimento delle donne, come singole, riteniamo assolutamente inaccettabile che tale provvedimento possa procedere nel suo iter di approvazione e ci opporremo con tutte le modalità possibili per bloccarlo dichiarandone il suo vero intento liberticida e il pericolo che rappresenta".

"La cosa migliore del c.d. Ddl Pillon, ossia il disegno di legge n. 375/2018, che vede appunto fra i primi firmatari il senatore della Lega Simone Pillon, e che si propone di riformare in modo profondo alcuni istituti del diritto di famiglia, specie con riferimento alle separazioni e all’affidamento dei minori, è che la sua entrata in vigore, almeno stando alle parole del Vice Presidente del Consiglio Luigi Di Maio, è di là da venire, visto che, afferma testualmente il leader dei 5 stelle, 'non è nei programmi di approvazione dei prossimi mesi perché così non va' ", commenta l'avvocato e magistrato onorario della Procura di Lucca Fabrizio Bartelloni.

"E in effetti - continua - l’analisi del testo proposto sembra far emergere molte ombre e assai poche luci, tanto da aver indotto i primi commentatori ad affermare la necessità di una integrale riscrittura piuttosto che la sua modifica attraverso vari emendamenti. In attesa di scoprire quali saranno le reali intenzioni del Governo in proposito non si può non osservare come il disegno di legge in questione, pur partendo dall’apparente e meritorio proposito di creare, all’interno dei procedimenti di separazione tra coniugi, 'equilibrio tra le figure genitoriali e tempi paritari' nell’accudimento dei figli, contenga poi disposizioni che paiono andare, in concreto, nella direzione opposta".

"La previsione, ad esempio, - precisa Bartelloni - della mediazione civile obbligatoria (e onerosa) per le questioni in cui siano coinvolti figli minorenni, introdotta oltretutto con il dichiarato intento di 'salvaguardare per quanto possibile l’unità della famiglia', rischia di produrre effetti opposti a quelli che vorrebbe perseguire, ossia l’alleggerimento del carico giudiziario per le questioni familiari e il contenimento dei costi per i coniugi separandi, visto che da un lato onera di un procedimento più farraginoso e di spese probabilmente più rilevanti tutte quelle coppie con figli minori che, fino a oggi, in condizioni di non conflittualità e reciproco accordo, potevano far ricorso a una snella e tutto sommato economica procedura giudiziaria di separazione consensuale; dall’altro perché nei casi opposti, ossia in quelle situazioni in cui la procedura di separazione è figlia di condizioni di forte conflittualità o addirittura di abusi e violenza di un coniuge nei confronti dell’altro, obbliga le due parti a mantenere frequenti e reiterati contatti, finalizzati alla definizione del 'piano genitoriale' previsto dalla nuova normativa, con il conseguente rischio di procrastinare e aggravare condizioni di disagio e di violenza, quantomeno psicologica, che finirebbero inevitabilmente per incidere anche sull’accordo fissato dal suddetto piano".

"Questo - continua il penalista - soprattutto considerando che lo stesso provvedimento di legge stabilisce che, 'indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori', il minore ha diritto a mantenere 'un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, a ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali e a trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati, paritetici ed equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale', concretizzandosi tutto ciò nell’obbligo per i figli di trascorrere almeno dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, con ciascun genitore, a meno che non ci sia un 'motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica' dei figli stessi. Non solo: i figli avranno il doppio domicilio, ossia presso ciascuno dei genitori, 'ai fini delle comunicazioni scolastiche, amministrative e relative alla salute'. Si vorrebbe realizzare, insomma, un obbligo, al contempo, di ripartizione e condivisione fra ex coniugi nell’educazione di figli, che se appare teoricamente utile per temperare quelle situazioni di fatto in cui tale equilibrio, pur in presenza di quell’affido condiviso che dalla L. 54/2006 è divenuto il provvedimento più applicato in sede giurisdizionale, in concreto poi non si realizza, in pratica rischia di innescare invece meccanismi di prevaricazione nei confronti del genitore socio-economicamente più debole (statisticamente le madri), specie in quelle situazioni di soggezione dovute a precedenti (e poi perduranti?) condotte vessatorie e violente che richiederebbero invece un allontanamento e un distacco fra gli ex coniugi, in primis a tutela dei figli, già provati da un clima di estrema conflittualità fra i genitori in costanza di matrimonio".

"E se è pur vero - spiega l'avvocato - che la nuova normativa si dichiara inapplicabile al genitore che si sia macchiato di condotte violente, è la stessa normativa a prevedere che le stesse debbano essere accertate in sede giudiziale (con un evidente e insanabile scollamento fra i tempi della giustizia civile, e tanto più della mediazione obbligatoria, e quelli dell’accertamento penale), e a proporre l’introduzione di una significativa modifica all’art. 572 del codice penale, ossia la norma che punisce il reato di maltrattamenti in famiglia, prevedendo che tali condotte debbano avere il connotato della 'sistematicità' in luogo della 'abitualità' oggi prevista, ossia essere pressoché continue, restringendo in modo significativo il campo di applicazione della fattispecie. Tutto ciò, oltretutto, non produrrebbe probabilmente nemmeno l’auspicato effetto deflattivo sui procedimenti giurisdizionali, visto che ogni eventuale violazione delle condizioni previste negli articolati e capzioni 'piani genitoriali' di paventata futura introduzione non avrebbe alcun altro rimedio possibile se non il ricorso al Giudice (con il conseguente aggravio di spesa a carico delle parti e l’ovvia difficoltà di accesso a tale “rimedio” del coniuge patrimonialmente più svantaggiato)".

"Se a ciò si aggiungono, da un lato le disposizioni riguardanti l’introduzione del c.d. mantenimento diretto, ossia la soppressione dell’assegno di mantenimento per il figlio minore (che di fatto toglie rilevanza anche al recentemente novellato art. 570 c.p. che sanziona penalmente l’inosservanza di tale contribuzione, aggravando così ulteriormente la posizione del coniuge debole) e la sua sostituzione con la previsione secondo cui ciascun genitore deve contribuire direttamente a livello economico per il tempo in cui il figlio gli è affidato e che il piano genitoriale debba contenere la ripartizione per ciascun capitolo di spesa, sia delle spese ordinarie che di quelle straordinarie; e dall’altro quelle dirette a neutralizzare il rischio della c.d. alienazione genitoriale, ossia il trauma psicologico subito dal figlio minorenne in caso di condotta di uno dei genitori tesa a ostacolare i contatti con l’altro (effetto peraltro ancora assai discusso in ambito scientifico), con la previsione di una possibilità d’intervento coercitivo e fortemente invasivo del Giudice anche laddove tale rischio sia soltanto denunciato ma non dimostrato (gli articoli 17 e 18 del ddl dicono infatti che se il figlio minore manifesta 'comunque' rifiuto, alienazione o estraniazione verso uno dei genitori, 'pur in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori' stessi, il giudice può prendere dei provvedimenti d’urgenza: limitazione o sospensione della responsabilità genitoriale, inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore e anche il 'collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata'), non si possono che ritenere fondate le preoccupazioni e le proteste delle numerose associazioni a tutela della donna (come già detto statisticamente parte debole a livello socio-economico nelle procedure di separazione), ma anche da diverse associazioni di avvocati, psicologi e operatori che si occupano di famiglia e minori, da giuristi, anche cattolici, da giudici minorili, dai centri antiviolenza, dai movimenti femministi e anche dalle relatrici speciali delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne, in ordine alla possibile entrata in vigore di una siffatta normativa", conclude Bartelloni. 

Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna