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I diritti delle donne sono diritti umani

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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È stata con la risoluzione 54/134 che nel 1999 l’Assemblea generale dell’Onu ha proclamato il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Una data scelta non dall’Onu ma dalle attiviste che nell’incontro femminista Latinoamericano e dei Caraibi di Bogotà nel 1981, scelsero il 25 novembre per ricordare il femminicidio di Stato delle sorelle Mirabal, attiviste dominicane uccise su ordine del dittatore Rafael Trujillo nel 1960. Ma cosa è cambiato da allora? Da anni il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, rilancia la campagna mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, anche se i dati della stessa Onu ci dicono che, malgrado gli sforzi degli organi internazionali, Ong e l’impegno di alcuni governi nazionali, la situazione è ancora lontana dalla soluzione. Violenza nelle relazioni intime, stupro di guerra, gendercidio, matrimoni forzati, femminicidio privato e di Stato, riduzione in schiavitù sessuale di bambine e ragazze, sono solo alcuni dei punti ancora in sospeso per un cambiamento reale e radicale come quello che viene auspicato su scala mondiale, almeno nelle intenzioni. L’Onu oggi dice apertamente che, malgrado convenzioni, risoluzioni e protocolli internazionali che hanno come argomento la violenza di genere, «la forma più comune di violenza contro le donne è la violenza inflitta da un partner intimo», aggiungendo poi che «in media, almeno una donna su tre è stata picchiata, abusata sessualmente o aggredita dal partner durante la sua vita», e che «secondo i dati della Banca Mondiale, lo stupro e la violenza domestica sono il maggior pericolo per una donna di età compresa tra 15 e 44 anni».

Oltre a questo, viene specificato che la metà di tutte le donne assassinate nel mondo sono uccise dal partner o ex, un dato che in Australia, Canada, Israele, Sud Africa e Stati Uniti, è compreso tra il 40-70% (dati OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità), mentre in Colombia avviene ogni sei giorni. Stime che indicano come nel mondo ancora adesso una donna su 5 sia vittima di stupro o tentato stupro. A questo si aggiungano, tra gli altri, femminicidi per dote (sud est asiatico) in cui una donna viene uccisa da marito o suoceri perché la sua famiglia non può soddisfare le richieste di pagamento; matrimoni forzati in età precoce, estesi in tutto il mondo e con alta incidenza in Africa e in Asia meridionale, che comportano relazioni sessuali imposte a bambine e ragazze giovani, con esposizione a parti precoci, malattie e mancato accesso alla scolarizzazione; stupri di guerra, che in Ruanda nel ’94 hanno coinvolto circa 500’000 donne, e in Bosnia sulle 50’000.

Ogni anno, per l’Onu, circa 2 milioni di persone, per l’80% donne, bambine e bambini, sono vittime di tratta per prostituzione, lavoro forzato, schiavitù o servitù. Circa 140’000’000 di ragazze e donne, che vivono oggi, hanno subito mutilazioni genitali, soprattutto in Africa e in Medio Oriente, mentre i femminicidi per adulterio con donne uccise da membri della famiglia, sarebbero circa 5000 ogni anno (dati UNFPA). In Europa, Nord America e Australia, più della metà delle disabili sono state vittime di violenze, mentre il 50% delle donne nell’Unione europea avrebbero subìto una forma di molestia sessuale sul lavoro. E se più della metà di tutte le nuove infezioni da HIV si verificano tra i 15 e i 24 anni, oltre il 60% dei sieropositivi in questa fascia di età sono donne di cui molte esposte a violenza sessuale, che nel caso degli stupri in zone di conflitto armato, vengono infette da HIV intenzionalmente in quanto strumento di guerra di un gruppo etnico contro un altro.

Sempre l’Onu ci dice poi che il costo di tutto questo è altissimo, sia per quelli diretti di assistenza e sostegno alle donne, spesso accompagnate dai figli, sia per quelli della giustizia: costi annuali che negli Stati Uniti, solo per la violenza domestica, superano i 5,8 miliardi di dollari; in Gran Bretagna si aggirano sulle 23 miliardi di sterline; e in Canada arrivano ai 1000 milioni di dollari canadesi.

Riguardo la violenza domestica, che è una delle forme di violenza endemica in tutto il mondo, circa 102 Paesi membri non dispongono di specifiche disposizioni di legge, e lo stupro coniugale non è un reato in almeno 53 Stati. In particolare sul femminicidio, secondo il rapporto della Special Rapporteur dell’Onu Rashida Manjoo, a fronte di un tasso di omicidi di uomini rimasto stabile negli ultimi 10 anni, è in atto un aumento delle uccisioni di donne con movente di genere, che tra il 2004 e il 2009 è stato stimato in circa 66’000 vittime all’anno a livello globale: quasi un quinto di tutte le vittime totali. E se «le cause profonde della violenza contro le donne – dichiara l’Onu – si trovano in relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne», le strategie di contrasto, in date come queste, si rivolgono, oltre che alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica, alle leadership politiche dei diversi Paesi, non solo perché la violenza contro le donne è pervasiva in tutto il mondo ma perché risulta necessaria una più ampia e scientifica raccolta di dati ufficiali ovunque: un deficit evidenziato in moltissimi Stati, e supportato da uno studio OMS che dal 2005 ha reso noto che dal 55% al 95% delle donne che subiscono violenza, soprattutto domestica, non hanno mai contattato la polizia, una ONG o chiesto aiuto.

In questo panorama sconfortante, le campagne internazionali hanno quindi l’onere di sensibilizzare tutti, e la campagna «Say NO – UNITE», lanciata nel 2009 dall’Un-Women, quest’anno non solo si vestirà di arancione – colore prescelto per la campagna internazionale – ma durerà con questo colore addosso per 16 giorni: si parte dal 25 novembre per arrivare al 10 dicembre, tracciando un filo ideale che unisca la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, alla Giornata in cui si celebrano i diritti umani, per riconfermare l’idea che i diritti delle donne sono diritti umani.

25 novembre 2013

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