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la voce di una donna che rompe il silenzio

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Il 9 febbraio del 2012, nel distretto di Swat, in Pakistan, un miliziano dei talebani sale su un bus e chiede ai passeggeri: "Chi di voi è Malala?".

Nessuno parla, ma gli sguardi che si depositano su una ragazzina di appena quindici anni sono più eloquenti di qualsiasi indicazione.

Quella ragazza seduta sul pullman, che fa ritorno da scuola, è Malala Yousafzai. E’ finita tra gli obiettivi degli estremisti da quando ha iniziato a denunciare, attraverso un blog pubblicato dalla BBC, la pesante condizione di vita di una ragazza che vive in una regione controllata dai talebani, rivendicando il diritto all’istruzione femminile.

"Il saggio proverbio 'La penna è più potente della spada' dice la verità. Gli estremisti hanno paura dei libri e delle penne. Il potere dell'educazione li spaventa".

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Il miliziano spara, il proiettile colpisce la testa e il collo della ragazza. Ma le pallottole dei talebani possono fare poco: Malala si salva, la spinta verso il cambiamento si è innescata.

Da quel momento in poi, la sua battaglia per rivendicare quella rivoluzionaria normalità dalla quale sono ancora escluse moltissime donne nel mondo sarà inarrestabile.

 Malala, la voce di tante

L'attentato non l'ha fermata. Anzi, la sua voce è più forte di prima, perché alla sua si sono aggiunte quelle di tante altre, in giro per il mondo. Malala continua a testimoniare. Ma soprattutto, continua a lottare per i diritti civili e l'uguaglianza di genere.

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Dopo diversi interventi chirurgici e la riabilitazione in Inghilterra, Malala è tornata a studiare (oggi è una studentessa all'Università di Oxford) e ha ripreso a combattere.

Il 12 luglio 2013, nel giorno del suo sedicesimo compleanno, con un discorso tenuto alle Nazioni Unite, l'attivista ha acceso i riflettori sulle donne oppresse nella marginalità, private dell'accesso all'istruzione: "oggi, mi concentro sui diritti delle donne e sull'istruzione delle ragazze, perché sono quelle che soffrono di più".

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Insieme al padre, Ziauddin Yousafzai, Malala ha costituito la fondazione che porta il suo nome, occupandosi di promuovere l'istruzione per tutte le bambine nel mondo, agendo specialmente in Pakistan, Afghanistan, India, Nigeria e nei paesi ospitanti rifugiati siriani. 

Proprio un anno dopo il suo intervento all'Onu, Malala accorre a fianco delle ragazze nigeriane, incontrando le famiglie delle tante giovani studentesse del paese africano rapite dal gruppo terroristico di Boko Haram, amplificando la loro voce nel pretendere che queste tornino a casa sane e salve. 

Il Premio Nobel per la Pace 

Nell'autunno 2014, Malala riceve il Nobel per la Pace: a soli diciassette anni, l'attivista pakistana è la più giovane a cui sia mai stato conferito questo premio.

Il discorso pronunciato in occasione della cerimonia - alla quale presenziano ragazze siriane, nigeriane e pakistane invitate da Malala -, è l'ennesimo richiamo all'azione:

Non è più tempo di provare pietà. È tempo di agire in modo che sia l'ultima volta che si possa vedere un bambino privato di istruzione. 

L'azione, per Malala, è espressione instancabile: nel 2015 apre una scuola per rifugiati siriani in Libano, poi incontra i profughi dei campi in Kenya e Rwanda.

Prima di entrare all'università di Oxford, Malala ha compiuto un lungo viaggio tra Nord America, America Latina, Asia e Africa: si tratta del Girl Power Trip.

Ogni ragazza che ha incontrato le ha raccontato la propria storia; ogni storia ascoltata, viene riportata nei suoi colloqui con i leader degli stati di tutto il mondo, esortando i governi ad agire per sostenere le giovani donne.

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L'istruzione è la soluzione: se tutte le ragazze andassero a scuola per 12 anni, i paesi medio poveri aggiungerebbero 92 miliardi di dollari l’anno alle loro economie.

Affidandosi alle analisi della Brookings Institution, Malala ha illustrato come la scuola secondaria sia uno dei migliori investimenti persino per contrastare i cambiamenti climatici. Le ragazze che hanno avuto una scolarizzazione hanno più opportunità di avere figli con la possibilità di andare a scuola, non si sposano da giovani e sono meno soggetti a contrarre l’HIV.

Femminismo e Islam

A volte non basta una vita per innescare un cambiamento. Il coraggio di Malala l'ha portata a sfidare i talebani a undici anni, a farsi voce di un intero movimento di lotta a quindici. 

È una ragazza di fede islamica, ma rifiuta che la sua religione possa essere utilizzata per soffocare nell'ignoranza le persone, reprimendo sogni e ambizioni di bambine e ragazze.

Nel famoso discorso tenuto al Palazzo di Vetro, ha parlato così degli integralisti islamici: "Pensano che Dio sia un piccolo esseruccio conservatore pronto a puntare la pistola alla testa delle persone solo per il fatto che queste vadano a scuola".

Il Pakistan è un Paese democratico, amante della pace. I Pashtun vogliono educazione per i loro figli e figlie.

L'Islam è una religione di pace, umanità e fratellanza. Che dice: è un preciso dovere quello di dare un'educazione a ogni bambino.

Uno schiaffo agli estremisti, trafitti dalle sue paroli pungenti, garbatamente feroci. Ma uno schiaffo anche a tutti coloro persuasi dall'idea che l'Islam sia una religione inconciliabile con l'emancipazione femminile, veicolo di valori destinati a scontrarsi senza compromessi con quelli occidentali. 

Nell'intervista con Emma Watson rilasciata in occasione dell'uscita del documentario sulla sua vita, l'attivista ha rivendicato per sé stessa la parola "femminista": "Viene considerata una parola "difficile" ma non c'è niente di male nel definirsi femminista. Io sono femminista e tutti quanti dovremmo esserlo, perché femminismo è un altro modo per dire uguaglianza.

Malala come icona: l'omaggio degli U2

Nel 2013, l'impegno per promuovere l'istruzione delle bambine nel mondo e le sue battaglie per i diritti civili le valsero il riconoscimento di Amnesty International, che la nominò ambasciatrice della coscienza.

A consegnarle il premio, in una cerimonia a Dublino, fu il frontman degli U2, Bono Vox. Una donna coraggiosa, una donna che ispira il mondo: la rockband irlandese, nell'ultimo tour celebrativo dell'album The Joshua Tree, ha portato con sé anche l'iconica attivista pakistana. 

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