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Loujain, in carcere per aver guidato l'auto in Arabia Saudita

Scritto da Euronews. Postato in Euronews

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La prestigiosa Dakar arriva al gran finale venerdì a Jeddah, capitale dell'Arabia Saudita. Ma un'edizione celebrata per la presenza al via di 17 donne - tra cui l'italiana Camelia Liparoti, stride con la dura repressione dei diritti delle donne.

Le attiviste speravano che la Dakar fosse l'occasione giusta per riaccendere i riflettori sulla battaglia di Loujain al-Hathloul, 31enne in carcere vicino a Riad da due anni e mezzo per aver guidato una macchina prima che la legge lo consentisse alle donne.

Accuse di terrorismo

"È rimasta vittima di una campagna di diffamazione al momento del suo arresto - dice la sorella Alia al-Hathloul, intervistata da Euronews - secondo cui Loujain è una spia di governi stranieri.

Ci sono voluti dieci mesi solo per formalizzare le accuse nei suoi confronti . Ora è stata condannata a cinque anni per terrorismo ma è perseguitata per il suo attivismo.

Torture e molestie

"Per tre settimane dopo l'arresto non abbiamo potuto parlarle - continua Alia - Dopo le è stato concesso di usare il telefono. Alcuni mesi più tardi i miei genitori le hanno fatto visita in carcere quello che hanno visto li ha scioccati: Loujain tremava visibilmente, non riusciva a sedersi, aveva uno sguardo terrorizzato e segni sul corpo. Non ha detto nulla per un paio di mesi, ma poi ha fatto vedere i polsi, neri per le scariche elettriche.

Ha raccontato tutto: di notte si svegliava trovando uomini nella sua cella. Di giorno erano costanti minacce di stupro e morte, botte, elettroshock e waterboarding".

Sportwashing

L'ordine delle torture a sua sorella, è convinta Alia, arriva direttamente dal principe della corona, che l'ha minacciata personalmente di morte.

Nel 2021 circuito di Formula 1 approderà a Jeddah; l'Arabia Saudita presiederà in autunno il G20 e cerca di accreditarsi a livello internazionale anche con eventi sportivi di prestigio. Una strategia già ribattezzata Sportswashing. Allo stesso tempo un regime brutale continua a silenziare le voci critiche.

Fonte: Euronews (click per aprire)

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