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A Cipro il movimento femminista è giovane e alza la voce: «Non c'è etnia, siamo solo donne»

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Women’s rights protesters gathered outside the Cypriot Embassy before marching to Parliament Square in protest and support of a 19-year-old British woman (photo by Mike Kemp/In Pictures via Getty Images)

La condanna della 19enne inglese, a una pena di quattro mesi con la condizionale decisa da un tribunale di Cipro in seguito alla sua denuncia di stupro, che i giudici riterrebbero falsa, ha scosso l’isola.

Il caso

Il caso, aveva sollevato un acceso dibattito nel Paese mediterraneo, tanto che davanti al tribunale prima della sentenza si sono radunate decine di femministe con striscioni di sostegno alla ragazza con scritte come: “Ti crediamo” e “No significa no”. Anche diverse donne israeliane sono volate a Cipro per unirsi alla protesta, indignate per il trattamento riservato alla giovane. La ragazza è uscita in lacrime dalla Corte distrettuale di Famagosta, accompagnata dalla madre.

La giovane era stata dichiarata colpevole a dicembre dopo che aveva ritrattato la denuncia per uno stupro di gruppo ad opera di 12 giovani israeliani in una stanza d’hotel, nel luglio scorso.

Al processo, però, aveva affermato che era stata la polizia a spingerla a ritirare la denuncia. Il suo avvocato, Lewis Power, ha spiegato che ora tornerà in patria, ma ha avvertito che il caso «non è assolutamente chiuso» e non ha escluso un ricorso alla Corte europea per i diritti dell’Uomo «perché il processo non è stato equo».

Tutto parte di qui

Una storia con molti, troppi punti oscuri. La sensazione di molti, è che la ragazza sia stata doppiamente vittima. La prima volta di uno stupro di gruppo e, la seconda, di giochi di potere: Cipro avrebbe infatti ‘favorito’ il ritiro delle accuse per non rovinare i suoi rapporto diplomatici con Israele.  

«Lei era un sacrificio essenziale, non avrebbero permesso a nessuno di mettersi in mezzo», ha detto Zelia Gregoriou, docente dell’Università di Cipro e membro dell’associazione femminista che ha sostenuto la ragazza fin dall’inizio. 

Cipro e il femminismo

L’isola è ancora in uno stato di forte arretramento sui diritti di genere e la preoccupazione da parte delle donne è molta. Su un’isola in cui il femminismo è ancora considerato da molti come una parolaccia, il caso britannico ha dato nuova linfa e incoraggiato gli attivisti, soprattutto i giovanissimi. Galvanizzando i movimenti delle femministe cipriote.

«È stato un momento decisivo – ha dichiarato Zelia Gregoriou – Ci ha permesso senza vergogna, e con coraggio, di dare ai problemi alloro nome – ha aggiunto – E misogino e patriarcale sono tra questi».

Movimento donne molto giovane

A differenza di altri membri dell’UE, il movimento delle donne nello stato più orientale dell’Unione europea è una forza molto giovane. I discorsi sulla liberazione della donna sono stati appannaggio di pochi, in una nazione in cui il dibattito sul dramma della divisione politica dell’isola ha dominato per lungo tempo. Tutto ciò, tuttavia, si è dissipato davanti al tribunale distrettuale di Famagosta, dove la lotta britannica per la giustizia – anche se tardivamente – ha trovato la sua giusta visibilità. 

Non è stato facile

I social media erano già in fermento con post che offendevano e giudicavano la giovane: «C’era come la sensazione che fosse il modo in cui le nostre istituzioni si stavano comportando ad alimentare questo veleno nella società», ha affermato Eliana Gogaki, insegnante sostenittrice della rete Network Against Violence Against Women (NAVAW). «Stavano gestendo un caso di abuso e violenza come se la vittima fosse la colpevole».

Un caso universale

Ma finalmente dalla Gran Bretagna a Israele, il caso dello stupro ad Ayia Napa, la città di villeggiatura cipriota amata dagli inglesi dove si è svolta la vicenda, diventa una storia universale per le femministe di tutto il mondo.

Per la femminista Elena Sztokman, presente fuori dal tribunale, si tratta anche «di un caso dal potenziale fortissimo» per procedere con il cambiamento culturale lanciato da #MeToo. «Le donne – afferma l’attivista – stanno ridisegnando i confini perché qui oggi stiamo dicendo che non condividiamo qualcosa tutte insieme senza divisioni. Io oggi qui non sono un’israeliana, sono solo una donna».

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