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Una su 40 ce la fa. Perché non 20?

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

Una su quaranta. Ecco quante sono le donne amministratore delegato nelle maggiori aziende italiane che compongono l’indice Fitse Mib (Eni, Enel, Fca, A2A, Leonardo, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Snam, Italgas…). Sei su 82 le donne Rettore nel nostro Paese. Meno 20% di media, a livello globale, il divario retributivo tra uomo e donna. Per colmarlo, secondo il Global Wage Report 2018/19, ci vorranno 10 generazioni (257 anni). Un tempo insormontabile, o quanto meno imbarazzante per una civiltà evoluta.

Eppure a oggi i numeri sono questi, nonostante la preparazione, l’impegno e la tenacia delle donne laureate, oggi pari al 56% del totale dei laureati in Italia. Le ragazze sono anche più brillanti: il 24,9% delle femmine si laurea con 110 e lode, contro il 19,6% dei maschi. E il voto medio conseguito alla laurea è pari a 103,7 per le donne e a 101,9 per i maschi. Per molte stagioni abbiamo invocato aiuti e leggi di Stato. “Gigante pensaci tu” diceva, quando ero bambina, una popolarissima pubblicità di cioccolata, e il Gigante ci ha pensato: con la Legge Golfo-Mosca, che ormai da nove anni pretende una buona rappresentanza di donne (inizialmente 33%, oggi 40%) nei Consigli di amministrazione delle aziende quotate italiane.

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Al Gigante oggi vorremmo chiedere più asili, più scuole, più servizi per la famiglia, più quote di genere anche per i primi livelli direttivi delle aziende. Ma perché sprecare la voce, nel mezzo di una pandemia. Sarebbe in questo momento inappropriato. E inutile. E allora mettiamo il nostro impegno laddove possiamo incidere. In noi stesse, certo, e nelle nostre organizzazioni.

Care aziende e organizzazioni si può fare di più e allora facciamolo. Cominciamo con l’individuare le cinque posizioni chiave per il futuro della nostra azienda. Nei due anni successivi adottiamo una rigida politica di assunzioni 50% donne - 50% uomini a tutti i livelli organizzativi. Sviluppiamo un sistema remunerativo forte e una politica sui percorsi di carriera che tengano conto della parità di genere, per eliminare a partire dal concreto i pregiudizi, anche inconsci, e che includa espressamente pari stipendi e pari opportunità di crescita. È una piccola ricetta del World Economic Forum (Quaderno Dicembre 2019), una ricetta alla portata di tutti, che ha il sapore degli ingredienti buoni che nelle nostre organizzazioni abbiamo già. Basta seguire accuratamente il processo, rispettare i tempi di cottura e... non dimenticare il lievito: formazione, formazione, formazione.

L’ultimo anello di questa catena sono i singoli, le donne impegnate quotidianamente nel loro lavoro. Forza, coraggio, fiducia sono i pilastri dell’empowerment; valgono per tutti, donne e uomini, impegnati nel proprio percorso di crescita e di miglioramento di sé. Io aggiungerei le fondamenta, cioè le competenze. Competenze sempre più profonde, aggiornate e digitali. Competenze tecniche e manageriali di comprovata solidità. Non le possediamo? Attrezziamoci. Si può. Nei prossimi 257 anni cosa diremo a quel direttore generale di un grande gruppo industriale, che per la posizione di direttore acquisti e logistica ci dichiara «assolutamente per questo ruolo non posso inserire una donna, non ho mai avuto una donna in un ruolo così strategico e di gestione di una squadra numerosa e complessa»? Cosa diremo a quell’amministratore delegato di una banca italiana che per la posizione di direttore investimenti ci confida «è implicito che possiamo considerare solo uomini per questo incarico»? Non diremo un bel nulla, perché li avremo sostituiti con competenti manager inclusivi, empatici e con visione di lungo termine, uomini o donne non sarà più rilevante. Esistono già ora sul mercato, basta assumerli.

7 marzo 2020 (modifica il 7 marzo 2020 | 15:02)

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