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LETTERA Donne: siamo più fragili che mai! (prima parte)

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

Niccolò Tesla, un ingegnere visionario, eccentrico ci aveva promesso che questo secolo sarebbe stato quello in cui si sarebbe raggiunta la parità delle donne. Aveva sostenuto riguardo alla condizione femminile: “Questa battaglia verso la parità di genere porterà a un nuovo ordine, in cui la donna sarà superiore. Non nella superficiale imitazione fisica dell’uomo, le donne dimostreranno prima la loro uguaglianza e poi la loro superiorità, ma nel risveglio dell’intelletto femminile.” Ma questo secolo vede ancora donne perseguitate per motivi religiosi, razziali, costrette all’immigrazione e quando sbarcano sulle nostre coste nei loro occhi leggiamo le violenze e i ricatti subiti prima e durante la traversata. Si potrebbe dire, che questi sono casi limite, ma nel cosiddetto mondo evoluto dove non è necessaria la forza fisica per sopravvivere, abbiamo raggiunto una sostanziale parità e la donna ha l’opportunità di realizzare i suoi sogni e portare a termine i suoi progetti lavorativi. In realtà se guardiamo il mondo accademico, in Italia, il 70% delle donne in accademia è assegnista di ricerca o ricercatrice e solo il 10% è professore ordinario. Eppure, il 61% dei laureati è rappresentato da donne. Al contrario, la distribuzione degli uomini mostra che solo il 51% occupa posizioni di assegnista o ricercatore, e ben il 25% è professore ordinario. Si chiama “soffitto di cristallo” (glass ceiling) ed è quella barriera apparentemente invisibile, sociale culturale e psicologica, che preclude alle donne, che pur affollano e con successo le aule universitarie, l’accesso alle posizioni apicali della carriera accademica. Le difficoltà di avanzamento di carriera delle donne sono spesso connesse a una loro presunta minore competitività e produttività. I dati mostrano che le donne meno spesso degli uomini sono riconosciute come le responsabili scientifiche di una pubblicazione di ricerca. Inoltre, nella competizione per l’accesso ai fondi di ricerca, le ricercatrici hanno minori tassi di vittoria rispetto agli uomini, insomma partono già svantaggiate. Molti degli abbandoni delle carriere scientifiche e del lavoro accademico sono legati alle condizioni difficili delle donne le quali, molto più degli uomini, si trovano a dover conciliare impegni fuori e dentro casa. Solo ad alcune donne cosiddette “outliner” è concesso di fare carriera. A queste donne viene chiesto un impegno sovrumano che permette loro di essere professioniste, madri, mogli e figlie perfette. Se consideriamo le pubblicità, lo specchio dei costumi e delle preferenze della società, ci vengono presentate donne belle, sorridenti, con la “mano sinistra” lavorano e con la destra gestiscono i figli, sono perfette donne di casa: accolgono gli ospiti a braccia aperte dopo una giornata di lavoro infernale. La cultura di massa vuol farci credere che basti un “integratore minerale” o una macchina che frena da sola per supportare le donne del XXI secolo e trasfomarle in eroine delle pari opportunità. La quotidianità di una donna è un impasto di momenti di frustrazione, di gioia, si stanchezza, di solitudine, di solidarietà data e ricevuta, di sguardi di rimprovero, di sensi di colpa ed inadeguatezza, tutto viene acuito quando la professione (conquistata magari a prezzo di sacrifici) la allontana da casa, magari proprio quando un figlio ha la febbre… Scenari come questi possono sembrare banali ma rappresentano la quotidianità di molte Europee, dispari anche nelle politiche di conciliazione messe in campo dalla singola nazione. (prima parte)

Valeria Caso,

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