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Manifesto contestato a Potenza: intervengono i promotori

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

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"Una enorme e spropositata polemica". Ha definito così la presidente dell'associazione Sinergie Lucane Paola Faggiano la richiesta della Consigliera ragionale Pari opportunità Ivana Pipponzi di rimuovere il manifesto realizzato dalla stessa associazione per promuovere un evento sulla violenza contro le donne che si terrà il prossimo 13 aprile a Potenza.In particolare ha creato parecchia "indignazione" il titolo: “Amore, ma se mi uccidi, poi chi picchi?” che richiama un cortometraggio oggetto dell'incontro del quale sul manifesto, tuttavia, non vi è alcun riferimento. Completamente decontestualizzato, è stato riportato sulla pubblicità senza aggiungere altro se non il luogo e l'ora dell'appuntamento.Spiega Faggiano: “L'intento del manifesto è di essere d'impatto e centrare il problema alla base della personalità distorta e ambivalente dell'uomo che esercita violenza sulla stessa persona che dichiara di amare. Lo fa con un ossimoro ma soprattutto attraverso una domanda che inchioda il carnefice di fronte a questo meccanismo malato. Io credo che si debba guardare oltre e riflettere ed è questo che si voleva con un titolo così forte ma che ha nel suo stesso sottotitolo la spiegazione. Del resto – continua – è stato usato e bene in Campania, sposato dalle stesse istituzioni e non mi pare ci sia stata alcuna polemica se non i complimenti per l’efficacia, se pur forte, del messaggio. Io credo che anche chi polemizza sulla diversità di comunicazione, uno un cortometraggio, l’altro un manifesto, non si è fermato a capire e a leggere anche il sottotitolo che come fa il cortometraggio spiega il paradosso creato nel titolo. Il nostro scopo – conclude la presidente di Sinergie Lucane – che già abbiamo trattato l’argomento e ne conosciamo la delicatezza, è quello di alzare il livello della riflessione con una comunicazione forte perché non esiste un linguaggio di genere per affrontare un fenomeno psichiatrico e sociale come il femminicidio ma piuttosto esiste un obiettivo: dis-velare una verità profonda e dolorosa, alle volte l'istinto di morte e l'istinto d'amore coesistono, e con questo linguaggio che è stato impiegato, provocatorio e di rottura, vogliamo dare una forte spinta alla battaglia di tutta la comunità per provare a risolvere questo grave crimine”.Intanto sull'argomento è intervenuta anche la presidente della Commissione regionale Pari opportunità Angela Blasi: "Quando ci si interroga come comunità su alcuni problemi è perchè si mette in conto di poter ottenere delle risposte. Il dibattito scatenato da un manifesto dimostra la necessità di affrontare determinate tematiche quali la violenza contro le donne tenendo presente il contesto e il messaggio che si vuol dare utilizzando un opportuno linguaggio. È naturale rimanere perplessi rispetto a un messaggio quale “Amore, ma se mi uccidi , dopo chi picchi?”, un messaggio che può e deve suscitare ribrezzo, una frase che se si decontestualizza ( è il titolo di un cortometraggio) corre il rischio di creare fraintendimenti pericolosi.Il linguaggio, oggi , può essere un elemento fondamentale per la battaglia contro la violenza, ma spesso può rappresentare anche un'arma inadeguata.  La nostra città - conclude - ha dimostrato di essere attenta alla lettura dei messaggi e non ha mai lesinato critiche nel giudicarli. Facciamo si, allora, che questo episodio possa servire per crescere culturalmente con la consapevolezza che le parole che si esternano sono importanti e possono essere pericolose se ostili".
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