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Morti, vivi e pari opportunità

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

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15/02/2018 11:21

Cosa vuol dire pari opportunità? E soprattutto, quale applicazione concreta un tale concetto deve avere nel vivere civile allorchè ne è investita la collettività e per essa lo Stato?

Sono le domande che sorgono spontanee innanzi all’ennesimo “casus belli” ingenerato dall’iniziativa comunale che lo scorso 10 febbraio ha voluto celebrare pubblicamente quel giorno del ricordo che dal 2004 ha giustamente riportato alla luce e all’attenzione il terribile dramma delle Foibe. Per decenni le violenze dei comunisti titini furono ingiustamente obliate ed oggi, finalmente, il ricordo di quei martiri è tornato a risvegliare le coscienze. Esattamente come accade il 27 gennaio di ogni anno, allorchè si fa memoria della Shoa, l’olocausto degli ebrei voluto dalla follia nazista. Verrebbe da dire, con il più ovvio degli aforismi, che i morti sono morti, bianchi, neri, rossi o gialli che siano: ogni vita, ogni essere umano è degno di rispetto e di tutela, e dinanzi a violenza, sopraffazione e omicidio, il ricordo non ha né può avere colori. A meno che non siano i vivi, come sempre accade, ad attribuirglieli.

Ed è quanto, con triste e monotona ripetitività, sembra verificarsi ogni volta, con toni più o meno accesi, allorchè queste due ricorrenze così tristi e così singolarmente ravvicinate tornano a ripetersi. Ma stavolta, al di là delle divisioni, delle iniziative fatte e di quelle mancate e delle inevitabili polemiche, a colpire gli osservatori più acuti è lo “spunto” o forse sarebbe più opportuno definirlo “scusa”, che ha portato un rappresentante del governo cittadino a celebrare pubblicamente l’una e non l’altra triste ricorrenza.

E l’errore, a parer di chi scrive, è grave poiché tale da far sospettare una, c’è da augurarsi involontaria, strumentalizzazione del ruolo istituzionale ricoperto.

Per comprenderlo occorre riepilogare la cronaca dell’evento: il 9 febbraio compare sul sito del comune un comunicato in cui testualmente si rende nota la commemorazione “dei Martiri delle Foibe, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati e della vicenda del confine orientale”. La cerimonia, come ovvio, si tiene nel piazzale dedicato a tali vittime, ma ciò che colpisce è la rappresentante della giunta che di persona lo pubblicizza: “Dedicheremo al ricordo delle vittime degli eccidi di massa compiuti dai titini –  dichiara l’assessore Elisa Masotti – un momento di preghiera con don Valerio Shango e verrà deposta una corona. Alla cerimonia sono invitate a partecipare le istituzioni, le autorità, le scuole e la cittadinanza”. Elisa Masotti, collega giornalista nonché docente, è l’assessore (leggiamo sempre dal sito) “all’Innovazione tecnologica, Digitalizzazione della P.A., Rapporti con le Associazioni, Pari opportunità”. Immediatamente viene da chiedersi: a quale titolo un esponente del governo comunale che detiene tali deleghe si occupa, organizza e sponsorizza un evento di tal genere?

L’arcano, vista la distonia fra gli incarichi istituzionali assunti e l’iniziativa organizzata, si disvela solo all’esito della polemica sollevata dal consigliere di opposizione Alessio Angelucci. Nel suo attacco alla Masotti l’esponente di minoranza si concentra su un problema di opportunità e di disparità, relativamente alla commemorazione del 10 febbraio: in soldoni, il Comune – dice Angelucci – fa differenze fra morti causati da neri (Olocausto) e martiri uccisi da rossi (Foibe), dimenticando i primi e celebrando pubblicamente gli altri. Secca arriva la replica dell’assessore che, in realtà, si rivela un clamoroso boomerang: l’arcano è svelato. Sul “Messaggero” di ieri si legge: “Replica, sul proprio profilo facebook dell’assessore Elisa Masotti: “Il consigliere comunale Angelucci dichiara in modo errato che il Comune di Rieti ha ricordato solo i Martiri delle Foibe massacrati dai comunisti, dimenticando l’Olocausto. Bugia. Grave. Il Comune di Rieti ha dedicato manifesti affissi in tutta la città ad entrambe le tragedie. La mia iniziativa aggiuntiva in piazza Martiri delle Foibe ha voluto rimarcare il senso delle pari opportunità negate dalla Giunta Petrangeli per 5 lunghi anni” .

Un doppio autogol, quello dell’esponente della giunta Cicchetti, da far impallidire persino il buon Niccolai, difensore del Cagliari campione d’Italia del “filosofo” Manlio Scopigno, divenuto famoso proprio per i gol segnati nella sua porta. Il primo: un assessore alle pari opportunità non parrebbe avere alcun titolo per organizzare ( “La mia iniziativa aggiuntiva”) una manifestazione in ricordo di una tragedia. Se difatti – come affermato testualmente – ciò accade in forza di tale delega, siamo di fronte ad un uso improprio della stessa e ad una sua (in)volontaria strumentalizzazione. Com’è noto, difatti, il principio di pari opportunità è stato introdotto al fine di ridurre ed annullare le differenze di genere ed in particolare quelle fra uomini e donne. Come si legge su internet “Le pari opportunità sono un principio giuridico inteso come l’assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale o politico” (https://it.wikipedia.org/wiki/Pari_opportunità).

Dunque, un principio che riguarda i vivi e che nulla ha a che vedere con manifestazioni in memoria di martiri trucidati che, al massimo, dovrebbe essere appannaggio della massima autorità comunale, ovvero il sindaco. Secondo ed ancor più grave autogol, ovvero: violare le “pari opportunità” di cui s’invoca la tutela, ritenendo di ripristinarle. In sintesi: il rimedio è peggiore del male. Se davvero l’assessore avesse voluto attuare il principio sbandierato (“il senso delle pari opportunità negate dalla Giunta Petrangeli per 5 lunghi anni”) non avrebbe non potuto farlo senza consentire “pari opportunità” ad entrambe le tragedie, anzi in tal modo distinguendosi dai predecessori tanto criticati. Il celebrarne solo una, pubblicamente (la pratica dei “manifestini” lascia il tempo che trova), affermando di aver voluto in tal modo “ripristinare” tale parità torna ad essere un disconoscimento dello stesso “diritto” che, stavolta, viene negato (sempre chè sia vero che la precedente giunta abbia fatto quanto di cui è accusata) all’altra tragedia.

Intanto i morti restano morti e il loro sacrificio, a distanza di tanti anni, sembra avvenuto invano. Allora non resta che ricordare i tanti martiri delle violenze e delle divisioni con la bellissima chiusura de “’A livella”, bellissima poesia sulla morte del principe Antonio de’ Curtis (in arte Totò). Così, come accade nel memorabile colloquio fra il nobile ed il netturbino, posti vicino al cimitero, sembra di sentire i morti delle due tragedie dialogare e l’uno dire all’altro: Perciò, stamme a ssenti… nun fa’ ‘o restivo, suppuorteme vicino – che te ‘mporta? Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive: nuje simmo serie… appartenimmo â morte! .”

Francesco Saverio Pasquetti

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