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IL POTERE E LA POLITICA NON SONO DELLE DONNE

L'INDAGINE. Comune e Università hanno presentato la prima relazione di genere. Per le donne sono pochi i posti di potere o dirigenziali

I livelli dirigenziali e i posti nelle istituzioni sono dei maschi. «Ma la situazione in rosa non è drammatica e dà segnali di miglioramento»

Il Comune scatta la fotografia in rosa e in azzurro della propria attività amministrativa e salta fuori che «per le donne la situazione non è drammatica e, anzi, dà speranze concrete di miglioramento». È infatti una sorta di bilancio bicolore quello tracciato dall'assessorato alle Pari opportunità con la Relazione di genere. Uno strumento che permette di identificare lo stato di fatto, le iniziative svolte e l'impegno economico diviso per maschi e femmine con l'obiettivo di individuare più facilmente dove è necessario intervenire per creare un equilibrio tra uomini e donne in tutti gli ambiti della vita pubblica.
«Il Comune di Verona è tra le prime amministrazioni in Italia a realizzare questo studio», spiega l'assessore alle Pari opportunità Vittorio Di Dio presentando l'iniziativa insieme al prorettore dell'Università Bettina Campedelli. «È una relazione che nasce nell'ambito del progetto "La Carta Europea per l'uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale", co-finanziato dalla Regione Veneto che costituisce uno strumento in grado di analizzare e valutare le scelte politiche e gli impegni economico-finanziari dell'amministrazione». E aggiunge: «Il progetto è frutto del lavoro congiunto tra le componenti del comitato Pari Opportunità, il settore Controllo Interno di Gestione e il dipartimento di Economia Aziendale dell'Università di Verona, la consulta delle Associazioni Femminili oltre a numerosi enti presenti sul territorio veronese che hanno collaborato fattivamente, fornendo dati e informazioni indispensabili».
«Il quadro che ne esce è tutto sommato positivo e con il tempo non potrà che migliorare» dice Di Dio precisando che la relazione «permetterà all'amministrazione di pianificare politiche future in modo più mirato identificando in quale ambito è più urgente investire per riequilibrare le opportunità tra i diversi generi».
Uno di questi ambiti riguarda la stessa amministrazione comunale dove il maggior numero di dipendenti è donna (1704 femmine contro 715 maschi nel 2009) ma di queste solo una piccola parte occupa posizioni dirigenziali: il 34,59 per cento (media tra il 2007 e il 2009) dei dirigenti comunali è donna e il 65,41 per cento è uomo. La situazione però migliora se ci si riferisce ai dipendenti di categoria D che come stipendio è secondo solo a quello del dirigente dove i numeri si invertono e le donne sono quasi il 66 per cento. Scendendo di categoria sale progressivamente il numero delle donne e diminuisce quello degli uomini fino alla classe degli insegnanti occupata al 96,66 per cento da donne.
Un altro dato che spicca è quello dei lavoratori precari: nel 2009 su 79 impiegati a tempo determinato, 78 erano donne, in maggioranza insegnanti. «Guardando all'intera società», prosegue la Campedelli, «notiamo che oltre il 60 per cento è composta da donne e la maggioranza si trova in una fascia di età cosiddetta della conciliazione famiglia-lavoro che necessita quindi di tutti quei servizi di supporto alla cura di anziani, giovani e bambini». E se le donne imprenditrici si dimostrano più forti dei maschi a superare la crisi, i dati dimostrano ancora invece la difficoltà delle donne ad entrare nella politica attiva: solo il 7 per cento occupa il posto di assessore (1 su 13), 27 è la percentuale rosa nel Consiglio comunale che scende a 18 nelle circoscrizioni e solo il 4,54 per cento occupava nel triennio 2007-2009 cariche nelle imprese a partecipazioni comunale. G.Coz. 01/05/2011

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