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SENTENZA UNIONE EUROPEA SU PENSIONE DONNE: DA DISCUTERE NEI PROSSIMI GIORNI

PENSIONI:   SENTENZA UE DA DISCUTERE NEI PROSSIMI GIORNI


L'adeguamento alla sentenza della Corte di Lussemburgo ''e' un punto su cui dobbiamo discutere nei prossimi giorni''. Lo ha detto il titolare dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso della trasmissione 'In Mezzora' su Rai Tre in riferimento alla violazione riscontrata dalla Corte di Giustizia europea da parte dell'Italia sulla differenza di assegno pensionistico di vecchiaia tra uomini e donne nella pubblica amministrazione. Violazione a seguito della quale si aperta, il 25 giugno scorso, la procedura di infrazione della Commissione Ue.

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La proposta, che si inserisce in un percorso piu' ampio di riforma, prevede, da un lato, lo spostamento graduale di un paio d'anni dell'eta' minima per il pensionamento femminile, all'interno di una manovra di re-introduzione del pensionamento flessibile per tutti (contemplato anche dalla proposta Cazzola) e, dall'altro, il riequilibrio del sistema di welfare tra produzione e riproduzione, che stabilisca cioe' che i diritti sociali possano derivare oltre che dal lavoro retribuito anche dal lavoro di cura. ''L'innalzamento progressivo di due anni -dicono Ponzellini, Piazza e Soru- e' opportuno, oltre che, probabilmente, per il fatto che non ci sono alternative alle pressioni che ci vengono dall'Europa, anche perche', senza negare il beneficio di una piu' bassa eta' di pensionamento, bisogna considerare che gia' ora in molti casi (e in tutti, dal momento in cui entrera' in vigore il regime contributivo totale) il pensionamento a 60 anni e' svantaggioso perche' significa di doversi accontentare di importi piu' bassi. A maggior ragione se si calcola che le donne hanno spesso alle spalle percorsi lavorativi piu' discontinui di quelli dei maschi, proprio per il loro impegno nel lavoro di cura, in particolare per la maternita'''. Per quanto riguarda il riconoscimento del lavoro di cura e quindi della figura del 'caregiver universale' (senza distinzione tra donne e uomini), le autrici chiariscono che ''deve avere insieme un valore simbolico (rendere finalmente visibile il lavoro di cura e il suo valore per la societa') e un valore monetario (stabilire una remunerazione, se non diretta almeno in termini di crediti ai fini previdenziali per le attivita' di cura)''.

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La soluzione per il riconoscimento del lavoro di cura sta in ''supporti per i caregivers non generici, ne' troppo complicati''. Si tratterebbe di ''riconoscere e remunerare (direttamente e/o indirettamente) il lavoro di cura, non fare distinzioni tra caregivers maschi e femmine (tranne naturalmente per la maternita'), favorire la condivisione della cura tra genitori, favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e scoraggiarne l'abbandono, sostenere la maternita' e la paternita' dei giovani, rendendo piu' facile la scelta i fare figli (anche nel precariato e nella disoccupazione) contro all'attuale tendenza delle giovani coppie a rimandare, allargare le possibilita' di scelta nelle opzioni di cura (diretta, servizi pubblici, mercato) per genitori e caregivers, percorrere strade sostenibili per la finanza pubblica''. Per le donne, inoltre, va assicurata un'indennita' di maternita' a tutte, indipendentemente dal fatto che lavorino per il mercato o no, per le cinque mensilita' gia' previste per le lavoratrici dipendenti, di importo pari al 150% dell'attuale pensione sociale indicizzabile e utile ai fine pensionistici. L'indennita' potrebbe essere a carico della fiscalita' generale, mentre la corrispondente contribuzione figurativa andrebbe a carico dell'Inps, calcolandola, prima della pensione, sulla base della media del reddito dei 5 anni migliori della carriera lavorativa. ''Una seria indennizzazione della maternita' -concludono le autrici- puo' rendere piu' facile portare a termine il progetto di maternita' per quelle donne che attualmente sentono troppo rischiosa la loro situazione di disoccupate, precarie o percettrici di redditi bassi e discontinui''.  Adnkronos 28-GIU-09

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