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Chi è Ela Bhatt, la paladina dei diritti delle donne indiane di cui vogliamo sapere tutto (e subito)

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Da poco ha festeggiato il suo ottantottesimo compleanno: abiti tradizionali, capelli grigi raccolti, grinta e determinazione da vendere, ma mai urlata. Ela Bhatt è un simbolo, non solo perché ha dedicato la sua intera esistenza agli ultimi, ma anche perché lo ha fatto con la sua voce gentile, all'insegna della non violenza. Proprio come il Mahatma Gandhi ha insegnato: il padre della disobbedienza civile che ha condotto l'India alla liberazione dal colonialismo britannico è stato infatti per lei un modello, l'ispirazione che ha segnato la sua vita e le sue azioni nel segno di una rivoluzione pacifica. Una rivoluzione gentile. Nata ad Ahmedabad, una delle città più popolose del Subcontinente indiano, Ela aveva in un certo senso il futuro già segnato: suo padre infatti era un avvocato, mentre sua madre un'attivista per i diritti delle donne. Suo nonno aveva partecipato alla Marcia del Sale, la manifestazione non-violenta che nel 1930 era stata guidata dal Mahatma Gandhi contro il colonialismo britannico. Cresciuta nella città di Surat, studia arte e inglese, prima di approdare agli studi in Legge che segneranno la sua vita: Ela diventa un avvocato e comincia a lavorare per il dipartimento legale dell'Associazione dei Lavoratori Tessili nella sua città natale. Difende gli operai, che all'epoca vivevano in condizioni di estrema povertà, e che non hanno voce perché oltre a essere poveri, sono anche analfabeti e quindi più facili da sfruttare (in particolare le donne).

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Ela Bhatt e i suoi nipoti

Wikimedia Commons

Dopo il matrimonio e l'ingresso in politica, si ritrova a capo del primo sindacato indiano dedicato alle donne: sono loro la categoria più vessata, ma non solo. Ela si rende conto che le donne nel suo Paese sono invisibili - perché povere, analfabete e soprattutto perché donne - e vuole dar loro voce. L'impresa non è per niente facile, ma nel 1972 nasce la Sewa. Self Employed Women Association. Ela si rivolge alle lavoratrici invisibili, quelle che lavorano a cottimo per pochi spiccioli, facendo lavori logoranti e spesso in condizioni malsane. Il suo sindacato si occupa di tutti gli aspetti, dalla salute all'educazione, dalla tutela alla difesa dei diritti, fino a seguire l'aspetto finanziario. Sì, perché il sogno di Ela Bhatt è ancora più grande: vuole creare la prima banca del microcredito riservata alle donne. La prima al mondo. Desidera che le lavoratrici che vivono nelle baracche, che devono piegarsi a ore e ore di lavoro in condizioni rischiose, possano avere una vita migliore. Desidera che per loro ci siano non solo diritti e tutele, ma anche opportunità, perché le donne, in India ma non solo, hanno un potenziale. Segue passo passo i progetti delle lavoratrici, se sono analfabete insegna loro a leggere e scrivere. Quando la Sewa Bank vede finalmente la luce e comincia a muoversi sulle sue gambe, Ela abbandona il progetto, lasciando che siano altre donne a dirigere il progetto. Come una mamma, insegna alle sue figlie a muovere i primi passi nel mondo, ma poi lascia che vadano da sole per la loro strada. Il suo libro "Siamo povere, ma siamo tante", riassume perfettamente la sua idea di Empowerment femminile: l'unione fa la forza, sempre, ma sopratutto quando si è tra i più poveri. Nel 2007 viene invitata da Nelson Mandela a unirsi al gruppo The Elders, organizzazione internazionale non-governativa formata da figure pubbliche come ex uomini di stato, pacifisti, attivisti per i diritti umani. Negli ultimi anni, Ela Bhatt è diventata Rettrice dell'università Gandhiana del Gujarat ed è ancora molto attiva. Hillary Clinton nel 2012 l'ha definita "una delle mie eroine". Per le donne indiane, le più povere, Ela Bhatt è semplicemente la Grande Madre.

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