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Afghanistan, la richiesta di aiuto di Jamila: «Portatemi via dai talebani»

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Una richiesta di aiuto arrivata via Messenger: «Aiutatemi a fuggire da questo Paese». Jamila (il nome è di fantasia) è una donna afghana, una docente universitaria, da sempre impegnata contro il terrorismo e gli estremismi, in difesa della democrazia, delle donne e dei loro diritti. Non aggiungeremo altri dettagli del suo ricco curriculum di attivista proprio per non renderla identificabile: la sua vita, da quando i talebani hanno preso il controllo dell’Afghanistan, è a rischio. Oggi Jamila vive nascosta.

«Ho smesso di lavorare il 10 agosto», ci spiega. «Anche le mie colleghe sono a casa e non possono andare in ufficio. Fra i colleghi uomini, alcuni – quelli che avevano o hanno trovato un modo per entrare in contatto con i talebani - stanno continuando il loro lavoro, ma altri – quelli il cui lavoro risultava sgradito agli estremisti – sono dovuti scappare».

Da allora, Jamila passa il suo tempo a casa, «cerco notizie aggiornate sulle possibilità di evacuazione e cambio domicilio giorno dopo giorno». Di uscire e di incontrare altre persone non c’è possibilità: «Sono certa che mi seguirebbero. Temo per la mia vita». Sì, perché Jamila ha anche ricevuto intimidazioni personali: «Quando i talebani hanno preso il controllo della città, hanno ricattato alcuni dei miei amici».

Intanto, i diritti ottenuti attraverso tutte le lotte per cui Jamila si era spesa insieme alle altre attiviste sono stati cancellati: «Tutte le libertà e le opportunità sono state inesorabilmente revocate. Le donne, in Afghanistan, non possono più nemmeno indossare quello che vogliono».

Jamila non aveva mai creduto alle parole di apparente apertura che i talebani avevano pronunciato subito dopo avere preso il controllo, e si aspettava che la situazione degenerasse rapidamente. «Credo anche che peggiorerà di giorno in giorno, perché gli estremisti non credono a nessun valore moderno, come la democrazia, la libertà di espressione e i diritti delle donne. Anzi, i talebani considerano infedeli i difensori della democrazia e dei diritti delle donne: li arrestano con vari pretesti e li uccidono». Lei chiede invece che la comunità internazionale si preoccupi dei diritti umani degli afghani, delle donne e di «quelle persone che hanno lavorato duramente per lo sviluppo di questi valori».

Jamila sta scrivendo a tutti quelli che ha conosciuto, negli anni, grazie al suo lavoro e al suo impegno di attivista, e che vivono fuori dall’Afghanistan, «ma nessuno mi sta ascoltando. Vorrei che lanciaste una petizione per me, che mi portaste via da questo Paese». Da un Paese che ama e per il quale ha combattuto a lungo, ma che oggi è diventato il luogo più inospitale e pericoloso per la sua vita.

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