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L'emancipazione, i diritti delle donne, le diversità culturali. L'intervista con Giulia Marzetti, ingegnere chimico di Fermo "a spasso" per il mondo

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

L'emancipazione, i diritti delle donne, le diversità culturali. L'intervista con Giulia Marzetti, ingegnere chimico di Fermo "a spasso" per il mondo

Ciao Giulia. Di dove sei e cosa fai nella vita?

Sono nata a Fermo, cresciuta nel Nord Italia e sono un ingegnere chimico. Attualmente lavoro nel settore delle rinnovabili nel Regno Unito, dove ho studiato.

Quando il tuo primo viaggio e perché?Direi il mio primo viaggio da sola a imparare l’inglese in Irlanda ai corsi estivi del Trinity College quando ero una adolescente. Da quel momento sono passati piu’ di dieci anni. All’epoca l’Irlanda mi era sembrata una terra magica e mi ero ripromessa di ritornare in quella università a studiare. Il caso ha voluto che continuassi gli studi nel Regno Unito invece, ma sono tornata in Irlanda molto spesso.

 

Parlaci dei posti e delle persone più “particolari” che hai visto e incontrato.

Sicuramente il Bangladesh perché è un paese poco turistico e poco conosciuto e la gente è ancora genuina. Cox Bazar (sul delta del Gange) è la più grande spiaggia intoccata al mondo e sta cominciando a diventare a ragione un paradiso per i surfisti. Nonostante sia un paese molto conservatore, e purtroppo è stato alla ribalta sui giornali per gli attacchi terroristici, in genere la maggior parte della gente si è dimostrata molto gentile con me.È un paese fondamentalmente contraddittorio: a volte non riuscivo a trovare nessuno che mi desse indicazioni per strada perche’ le donne non parlano senza il permesso del marito/tutore e ovviamente la popolazione maschile non parla con una donna occidentale. Altre volte ho trovato invece persone gentilissime che mi hanno accompagnato dove dovessi andare senza chiedere nulla in cambio. Nonostante ci siano parecchi pregiudizi sugli stranieri nel paese, ho trovato persone molto interessate alla mia storia e disposte a condividere la loro. Mentre l’ambasciate italiana - nonostante i miei tentativi di contattarli per registrare la mia presenza nel paese e chiedere consigli sulla sicurezza in generale - non mi ha mai risposto, la polizia del paese si è offerta più volte di scortarmi nelle aree più rurali.

 

Il paese più culturalmente diverso dall'Italia che hai visitato.Oramai sono talmente abituata che mi e’ molto difficile realizzare le differenze culturali, non mi stupisco più di molte cose. Di sicuro i paesi asiatici (in particolare il Giappone) e i paesi del Medio Oriente sono generalmente molto diversi dall’Italia. Mi riferisco soprattutto alla concezione di famiglia e della donna.

Hai trovato delle difficoltà nei tuoi viaggi? Se sì dove e quali, come le hai affrontate e risolte.Si molte, dal perdermi per strada a non arrivare al posto giusto. Non trovare nessuno che mi venisse a prendere all’aeroporto (come invece era stato specificato) in un paese come il Bangladesh. Anche trovarsi senza soldi, telefono e carte di credito funzionanti a notte fonda in aeroporto in Australia e non sapere come raggiungere l’ostello. Di solito in queste situazioni estreme mi preoccupavo un sacco. In realtà il fatto di viaggiare da sola è per me un modo per combattere questa ansia. Ora invece sono convinta che generalmente le cose andranno sempre bene. Porto sempre con me i numeri di emergenza, un indirizzo di un hotel in una zona sicura della città (può venire utile nel caso bisogna chiedere indicazioni o si necessiti un posto sicuro diverso dal proprio alloggio) più un contatto di una persona locale. Generalmente ho sempre trovato persone gentile e disposte ad aiutarmi, a lasciarmi usare il loro telefono e a darmi un passaggio. Sono convinta che mantenendo la calma e la lucidità, le situazioni si risolvono.

 

Hai mai avuto paura?Si ho avuto brutte esperienze su couchsurfing. Nonostante sia un sito con un concetto bellissimo e abbia incontrato persone stupende, ci sono molti ragazzi che lo utilizzano solo con un secondo fine e purtroppo nonostante io sia sempre chiara sulle mie intenzioni, la situazione può sfuggire di mano. L’anno scorso quando è successo il caso delle due ragazze uccise in Paraguay e dell’hashtag #viajosola è stato un evento a cui mi sono relazionata subito. Purtroppo c’è ancora questa triste concezione che se capita qualcosa a una donna quando viaggia è perché’ “se l’è cercata”. Come spiacevoli eventi possono capitare dove viviamo, ugualmente possono capitare quando si viaggia.Di sicuro anche in Bangladesh, perché non essendo un paese turistico hanno idee strane sugli stranieri. Ero più preoccupata di eventuali rapimenti o attacchi terroristici che per la mia sicurezza in quanto donna sola o turista. Un paio di volte mi sono resa conto di persone che mi seguivano mentre erano per strada. Di solito sono molto diffidente a viaggiare da sola e prendo tutte le precauzioni possibili, incluso non comunicare con nessuno se non è strettamente necessario.

Sei impegnata nei diritti sulle donne e in molti progetti umanitari. Ce ne vuoi parlare e come è nato questo sentimento.Quando sono stata in India ho realizzato che c’è tanto potenziale e speranza negli occhioni di quelle ragazze indiane che ho visto nei villagi e per loro andare a scuola fino alla maggiore età (cosa per noi normalissima) non è concepibile. Anche la docilità con cui accettano che la loro vita sia solamente andare a scuola fino alla pubertà e poi occuparsi della casa per essere pronte a sposarsi è disarmante. Ovviamente sono cose risapute, ma quando ci si rende conto che questi sono costumi diffusi anche nelle classi sociali più elevate e istruite e che per una donna, arrivati i 28 anni e essere single o non volersi sposare è considerata una maledizione fanno decisamente riflettere. In sintonia con questa linea di pensiero, per le ragazze è normale mettere da parte i loro sogni e ubbidire a qualsiasi cosa la famiglia dica, per questo maltrattamenti familiari sono molto diffusi. È una cosa che fa riflettere perché è una tradizione dura a morire e a volte sono le ragazze le prime a difendere questo meccanismo. Due film molto belli per spiegare la situazione sono “The world before her” e "Dangal", che parla della prima donna wrestler indiana alle olimpiadi. Quindi con questo mio interesse mi sono avvicinata al progetto di Grameen Bank – che si occupa di microprestiti per l’imprenditoria femminile - e altri progetti umanitari in particolare con il Rotary. È una cosa che mi piacerebbe molto portare avanti, magari con il servizio civile o aprendo un progetto mio.

 

 

Il paese in cui è stato più difficile poter portare avanti le tue idee.Forse proprio il Regno Unito, in particolare in questo periodo di incertezza politica. Le cose generalmente funzionano abbastanza bene; tuttavia non posso negare che sia un paese abbastanza classista, dove gli stranieri sono considerati effettivamente meno dei cittadini britannici e la burocrazia è a suo modo ostica. Basti pensare a questa storia della Brexit e a quante nuove regole verranno introdotte e a quanto poca informazione venga data alla popolazione. Coloro che danno consigli legali sono i primi a non sapere cosa succederà. A volte sono le stesse aziende o Risorse Umane a non sapere se i cittadini Europei abbiano il diritto di lavorare per loro. Anche l’Italia in parte. Per me fare l’università senza avere l’adeguata l’opportunità di fare stage/tirocini e esperienza all’estero per la paura di perdere sessioni di esami è stato uno dei principali motivi per cui me ne sono andata.

 

Il tuo è un grande esempio di emancipazione. Credo forse il fatto che continui in un mondo professionale essenzialmente maschile, dove si lavora spesso sul campo, sia già una scelta anticonvenzionale. Ho avuto già molta difficoltà a trovare lavoro per quello in cui credo. Poi viaggiare da sola e soprattutto rinunciare a molte cose a cui magari i miei coetanei pensano già, ad esempio posporre un piano di relazione-famiglia, sia una scelta anticonvenzionale. Generalmente anche l'allontanamento dalla famiglia perché non nego che la mia mi vorrebbe in Italia con un lavoro sicuro.Di sicuro anche tante rinunce perché non nego che per viaggiare così tanto, bisogna ripensare le proprie priorità e rinunciare a cose che magari sono importanti per altre mie coetanee (shopping, uscite etc..) Emancipazione da cosa generalmente pensano gli altri, perché penso alle mie idee e progetti senza curarmi troppo delle opinioni della gente e del loro criticismo.

 

Non senti la lontananza da casa? Pensi di tornare un giorno?Sì, non nascondo che ultimamente sto sentendo la mancanza di casa, specialmente in questo periodo di incertezza geopolitica dove trovare un posto dove stabilirsi e un lavoro è molto difficile. Detto ciò sentirei come una sconfitta tornare a casa senza un progetto preciso o una garanzia di crescita professionale.

 

Hai visitato moltissimi posti. Ancora ti stupisci quando ne visiti di nuovi?A volte si e a volte no. Per esempio in Arabia Saudita non mi sono stupita per nulla, era proprio come l'aspettavo. Di sicuro posso attribuire questa cosa al fatto che i locali sono molto rispettosi degli stranieri in genere.E invece in Giappone, che ho visitato di recente, mi sono stupida. Me lo aspettavo molto più tecnologico e più aperto, e invece ho trovato una cultura molto ermetica: poche persone parlano inglese, molte poche indicazioni in inglese e molta poca propensione agli stranieri in generale. Però mi piace sempre ripetere “It’s not better, it’s not worse, it’s just different”. Per questo non riesco mai a scegliere il posto che mi è piaciuto di più; sono tutti belli in modo diverso.

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