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Lottarono per i diritti dei disabili

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

imagein foto: A sinistra una scena del film ’Il figlio della luna’, a destra Lucia e Fulvio Frisone

Rai1 ripropone Il figlio della luna. Diretto da Gianfranco Albano, con Lunetta Savino, il film racconta la vera storia di Fulvio Frisone, nato con una tetraplegia spastica distonica, e il coraggio di mamma Lucia. La donna ha lottato con determinazione contro pregiudizi, leggi ingiuste e limiti fisici della disabilità, per garantire a suo figlio una vita normale. Oggi Frisone è uno stimatissimo fisico nucleare. Lunetta Savino ha raccontato la storia di Fulvio e Lucia su Fanpage.it, a partire dall'incontro con la signora Frisone:

"Dopo averla conosciuta per il film, ogni tanto mi telefonava. Quando ci siamo incontrate la prima volta, mi sono sentita sotto esame, squadrata. Io guardavo lei per capire l'essenza di questa donna che avrei dovuto interpretare e lei osservava me. Si chiedeva come potessi riuscire a interpretarla. Quando vide il film, però, ci fu una grandissima emozione e un abbraccio. Rimase colpita dalla mia interpretazione e disse di essere grata a me e al regista perché questo film raccontava bene la loro storia".

Fulvio Frisone è nato il 19 gennaio del 1966. La sua vita è stata fin da subito in salita.

Sì, ci fu un problema in sala parto, come capitava spesso alla fine degli anni '60 nei parti con il forcipe e la ventosa. Fulvio Frisone nacque tetraplegico spastico distonico, dunque con una grave disabilità.

All'inizio, mamma Lucia ebbe un comprensibile momento di sconforto.

Proprio come si vede nel film, entrò in una chiesa e si sfogò con Gesù. Ce lo ha raccontato la vera Lucia, che ebbe questo confronto diretto con Cristo. Poi, però, si asciugò le lacrime e iniziò a lottare, andando avanti come un treno.

I medici le dissero che suo figlio non avrebbe mai parlato, ma Lucia si intestardì. Disse a Fulvio: "O ti metti in testa di parlare, o resterai sempre in un angolo".

Lucia diede inizio a una battaglia per dare una vita normale a suo figlio. Riuscì, con la sua dedizione, a farlo esprimere verbalmente. Intuì che Fulvio non era affatto stupido. È vero, non si poteva muovere. In realtà non poteva fare quasi niente, però era intelligente. Lucia si accorse che c'era una luce in quello sguardo, c'era qualcosa oltre quel corpo malmesso. Non voleva che Fulvio venisse relegato in un istituto per disabili e dimenticato lì.

Per amore di Fulvio, Lucia trascurò in parte il resto della famiglia: il marito Carmelo e le prime due figlie.

Lo amava talmente tanto questo figlio che si dedicò totalmente a lui. Quando nasce un figlio che ha problemi così grossi, assorbe completamente l'attenzione della madre. Lucia rimase sola con Fulvio. A un certo punto, lei e il marito si separarono. Carmelo se ne andò, non riuscì a reggere questo rapporto così forte, stretto e univoco tra madre e figlio.

Al centro spastici, intanto, Lucia incontrava mamme avvilite, stanche, che non avevano la sua stessa forza di lottare.

Le incoraggiava, le spronava, mostrava loro come comportarsi, le invitava a non arrendersi, a lottare per dare ai loro figli gli stessi diritti di cui godevano i loro coetanei. Tutte le battaglie di Lucia non erano solo per suo figlio, ma anche per tutti gli altri ragazzi nelle sue stesse condizioni. Se rompi tabù e pregiudizi, se ne avvantaggiano tutti.

Lucia decise di iscrivere Fulvio alla scuola pubblica e, anche in questo caso, non mancarono gli ostacoli.

Lucia era convinta che la normalità passasse anche dall'istruzione. Per Fulvio era arrivato il momento di frequentare la scuola media, come tutti i bambini della sua età. Diversi istituti, però, lo rifiutarono perché le aule non erano adatte a lui. Lucia non guardò in faccia niente e nessuno. Dopo essersi battuta come una leonessa per avere ciò che spettava di diritto a suo figlio, riuscì a ottenere di farlo ammettere.

A 16 anni, Fulvio iniziò a manifestare il suo apprezzamento per le donne. Nel film, Lucia si rivolge a un commissario per contattare una prostituta. Le cose andarono davvero così?

Sì, è vero. È tutto vero. Lucia capì che il figlio era nell'età in cui si sperimenta l'amore e il sesso e si diede da fare. Procurò una prostituta al figlio per farle fare esperienza. Un'altra battaglia importante nella quale fece sentire la sua voce fu quella di non precludere la sessualità ai ragazzi disabili. Voleva che il figlio avesse una vita come tutti gli altri, nonostante questa grave disabilità.

Dopo aver completato le scuole medie, Fulvio desiderava frequentare il liceo. La legge si mise di traverso.

La legge prevedeva l'assistenza solo fino alle scuole medie. Ma anche stavolta, Lucia non accettò di starsene zitta. Sarebbe stato più facile arrendersi, ma lei non si fermava davanti a niente. Parlò con i giornalisti, attirò l'attenzione sul suo caso e ottenne una delibera ad hoc per dare assistenza a Fulvio e permettergli di continuare i suoi studi. Creò un precedente. La scena in cui Lucia affronta il politico e dice: "Se la legge fa schifo, si cambia", rende l'idea del carattere risoluto della mamma di Fulvio.

È importante rimarcare che Fulvio Frisone non chiese mai privilegi, ma solo di essere trattato come tutti gli altri.

All'esame di maturità gli fu data la possibilità di portare due materie anziché quattro, evitando gli orali, ma lui rifiutò questo favore. Incontrò per la sua strada bravi insegnanti, come la maestra di sostegno, poi un professore che lottò per lui. Figure fondamentali che aiutarono Lucia. Io spero che siano sempre meno delle eccezioni.

E alla fine, Fulvio si è anche laureato.

Grazie ai suoi studi è diventato fisico nucleare. Questa è una storia di riscatto, che racconta una vittoria sul campo. Certo, combattuta allo stremo delle proprie forze.

Qual è il messaggio fondamentale della storia di Fulvio e Lucia Frisone?

È una storia esemplare, perché rompe il tabù della disabilità, insegna che le persone fragili devono avere le stesse opportunità di tutti gli altri. Che i limiti vanno sfidati. Un mondo veramente al servizio dei più fragili, è un mondo civile, moderno. È importante che il servizio pubblico racconti storie come questa, con autenticità e senza cedere al pietismo, per tenere alta l'attenzione su questi problemi.

A che punto siamo in Italia nel garantire una vita normale a chi convive con la disabilità?

Siamo proprio in alto mare. Basta andare in giro per accorgersi che c'è ancora poca attenzione ai disabili. C'è tantissimo da fare. Occorre puntare di più sulla sanità e sul welfare. Sono cose essenziali per la crescita di un Paese. Parliamo di battaglie fondamentali, di civiltà. A volte senti che hanno tolto dei soldi all'assegno di accompagnamento dei disabili. Non esiste, è impensabile. Troppe cose si devono ancora fare per smettere di tenere ai margini i più deboli.

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