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Rita Montagnana, la ragazza che lottò per la libertà delle donne – Eco Internazionale

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Per Madri Costituenti

Di Francesca Rao – Rita nacque a Torino nel 1895, in una famiglia di religione ebraica e fortemente socialista.

Sin da piccola fu incoraggiata a imparare un mestiere. Iniziò così a lavorare in fabbrica come apprendista sarta e, ben consapevole di quali fossero i suoi diritti, seppur adolescente, aderì agli scioperi delle sarte torinesi avvenuti tra il 1909 e il 1911. Dopo essersi iscritta alla Camera del Lavoro, nel 1914 entrò nel partito socialista iniziando a muovere i primi passi verso quella carriera politica che la porterà a Montecitorio.

All’interno del PSI ricoprì l’incarico di dirigente provinciale e regionale del movimento giovanile. Già segretaria del Circolo femminile La Difesa, nel 1919 aderì al movimento dei Consigli operai e all’occupazione delle fabbriche. Nel 1921, fu tra coloro che fondarono il Partito Comunista d’Italia, e venne inviata alla I Conferenza femminile internazionale e al III Congresso del Komintern.

image Rita fu chiamata a Roma alla Direzione del partito, e le fu affidato il bisettimanale La Compagna. Con l’avvento del fascismo entrò in clandestinità con il nome di Marisa. Divenne un fenicottero, appellativo dato alle militanti comuniste che trasportavano materiali politici sovversivi. Nel 1924 sposò Palmiro Togliatti, dal quale ebbe un figlio, e dal 1926 furono costretti all’esilio tra Unione sovietica, Francia e Svizzera. A Mosca, assieme a undici donne ammesse su un totale di centocinque uomini italiani, frequentò la Scuola leninista. Una volta terminata partì alla volta della Spagna per combattere nella guerra civile. Rientrata in Urss prima della vittoria dell’esercito franchista, decise di focalizzare la sua militanza alle istanze femminili con le trasmissioni di Radio Mosca indirizzate alle donne e poi dal 1941 partecipò a Radio Milano Libertà, destinata agli italiani in nome dell’unità antifascista.

Rientrata in Italia nel 1944, riprese a pieno l’attività politica occupandosi dell’organizzazione femminile del partito. Rita era convinta che l’esperienza della guerra avesse segnato le italiane, e affermava: «le donne si presentano oggi davanti al Paese sotto un aspetto nuovo, non più come mute spettatrici degli avvenimenti, ma come collaboratrici sicure, intelligenti, preziose».

Il 15 settembre del 1944 diede vita all’Udi, (Unione Donne Italiane), con rappresentanti comuniste, socialiste, del partito d’azione e del partito della sinistra cristiana. Era riuscita a stabilire relazioni unitarie con i movimenti femminili di tutti i partiti e le vecchie associazioni femministe, per la costituzione il 25 ottobre del Comitato pro voto. Rivendicava con orgoglio la conquista del suffragio femminile adottato nel Consiglio dei ministri del 30 gennaio 1945: «Largo dunque fin da oggi alle donne nei posti di Governo, largo alle donne nell’Assemblea Costituente, largo alle donne nelle Amministrazioni comunali; giusta retribuzione del lavoro femminile; tutte le vie del lavoro e del sapere aperte alle giovani».

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Fu una delle organizzatrici delle prime celebrazioni italiane, subito dopo la fine della guerra, della Giornata internazionale della donna: a lei, a Teresa Mattei e a Teresa Noce si deve anche  la scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo.

Il 2 giugno 1946, la Montagnana, risultò prima fra gli eletti del Pci, nel XIII Collegio (Bologna-Ferrara-Forlì-Ravenna). A quasi cinquant’anni entrò a Montecitorio forte del prestigio accumulato nella lotta politica e sindacale, nella clandestinità, nel lungo esilio in URSS e nell’attività nei movimenti femminili.

La sua carriera politica si è chiusa prima del tempo. Possiamo definire Rita il prototipo della donna colta, intelligente, caparbia, forte, marginalizzata poiché considerata una presenza scomoda per qualche potente del suo stesso partito. La fine del suo matrimonio con Togliatti, le costò anche la scomparsa politica. Emarginata progressivamente dal partito, tornò a Torino, dove morì nel 1979, in totale riserbo, accudendo il figlio gravemente malato di cui il padre si disinteressò completamente.

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