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Trino, la moschea senza barriere: «Uomini e donne insieme»

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

TRINO (Vercelli) Le vie per la parità di genere nell’Islam possono passare anche per un baratto. La moschea è stata ricavata nel 2013 nei magazzini di una azienda metalmeccanica ormai abbandonata, nella zona dei cementifici. All’ingresso c’è una targa di ottone, con sopra scritto la data dell’apertura. È uno spazio di 240 metri quadrati, che comprende un locale ricavato al fondo dello stanzone tirando su tre muri e isolato da tutto il resto. Le donne pregano lì dentro, in una camera senza finestre, solo due ventilatori a dare sollievo dal caldo, collegate con una televisione a circuito chiuso. Ambienti separati. Fino ad oggi. L’immobile, di proprietà dell’associazione Al Ferdaouus, non era mai stato messo in regola. Mancava il cambio della destinazione d’uso, da industriale a luogo di culto. Mancavano i permessi. Tutti sapevano che era la moschea più grande del Piemonte orientale, più grande anche di quelle di Vercelli e Alessandria, ma la precedente amministrazione, forse temendo la reazione degli abitanti, non aveva mai messo i timbri dell’ufficialità, lasciando la moschea nel limbo del semplice luogo di ritrovo, una proprietà privata.

La proposta

L’idea è venuta a Roberto Rosso, cinque legislature in Parlamento, due volte viceministro, che della politica di Trino, ottomila abitanti tra le risaie del Vercellese, coltura che venne introdotta dai monaci circestensi che costruirono qui la loro prima abbazia, è sempre stato il dominus. Si definisce un vecchio liberale, un moderato di centrodestra, quindi al momento senza fissa dimora. Quando il suo delfino ed ex assistente Daniele Pane ha vinto le elezioni con una lista civica, anche a trazione leghista, è andato a parlare con l’imam Omar Ali, egiziano, 35 anni. E in buona sostanza ha proposto un do ut des. Io vi rilascio tutte le autorizzazioni per l’agibilità della moschea, voi in cambio vi uniformate all’articolo 3 della nostra Costituzione, quello che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua eccetera. Quindi, per favore, abbattete quei tre muri e in cambio avrete l’agibilità.

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La trattativa

Sembrava una provocazione, e forse all’inizio lo era. Omar Ali invece ha pensato che i tempi fossero maturi per far pregare insieme le donne e gli uomini. La trattativa non è stata facile. All’inizio la comunità islamica di Trino, che conta 650 cittadini di nazionalità marocchina, quasi tutti figli di ex dipendenti dei cementifici, non ha reagito bene. La prima volta che l’imam ha illustrato il progetto è stato quasi aggredito. «Senza moschea» spiega Ali «saremmo stati costretti a pregare in strada, dove la separazione è impossibile. Tanto valeva accettare la proposta. Qualcuno griderà ancora, ma un poco alla volta si calmerà. In fondo quando tutti sono tranquilli, vuole dire che c’è qualcosa che non funziona. I tempi sono maturi per una scelta del genere, e in quanto imam e guida della comunità, me ne assumo la responsabilità».

Il «via libera»

C’era bisogno anche di una benedizione dall’alto. Durante una trasmissione televisiva, Rosso ha contattato Izzedin Elzir, l’imam di Firenze che da sette anni è presidente dell’Unione delle comunità islamiche italiane, chiedendogli cosa ne pensasse. La sua risposta positiva ha avuto un certo peso negli ambienti più moderati della comunità musulmana di Trino. Ieri è stata istruita la pratica in Comune. Il muro verrà abbattuto entro la fine di agosto. E la moschea di Trino diventerà la prima in Italia senza spazi separati. Era nata come una boutade, è diventata una faccenda seria. Non sarà come a Berlino, dove nel giugno del 2017 è sorta una moschea aperta a tutte le confessioni dell’Islam grazie al lavoro delle associazioni per i diritti delle donne e intitolata al filosofo medioevale Averroè. Ma è un passo importante. «La strada da seguire è questa» dice soddisfatto Elzir. «La separazione tra i sessi non corrisponde ai dettami di Maometto, che non ne ha mai parlato. È una consuetudine nata da una lettura estrema e parziale del messaggio coranico. Ormai è vecchia, da superare. Il nostro compito, come musulmani italiani, è proprio quello di indicare la direzione per un Islam moderno e integrato. Ben venga l’esempio di Trino».

Le reazioni

Nel dialetto trinese, a metà tra quello monferrino e il vercellese, röe è il termine che indica i circoli che si formano fuori dai locali. L’agorà di Trino è il bar Sport, nella piazza centrale del paese, frequentato da italiani e musulmani. Basta passare una mezz’ora tra i capannelli di persone per capire che la strada sarà anche quella giusta ma non sarà facile da percorrere. «Andremo a pregare altrove. Apriremo subito un’altra moschea» dice Abdallah Faouzi, un anziano signore che tiene per mano la nipotina di cinque anni. «Le donne distraggono gli uomini dalla preghiera, e le loro voci non dovrebbero mai sentirsi mentre parla l’imam. La loro presenza è un sacrilegio». Neppure l’ipotesi di una divisione per settori, prima gli uomini, poi i bambini, e dietro le donne, sembra convincere il signor Faouzi. «Il Corano lo proibisce» continua a ripetere. Da politico navigato, Rosso è consapevole del fatto che pure per lui non sarà una passeggiata. La situazione di stallo con la mancata concessione dell’agibilità rispondeva anche ad esigenze elettorali di quieto vivere. «Adesso che stiamo per mettere tutto nero su bianco, ci saranno ancora più proteste, da una parte e dall’altra. Pazienza, ce ne faremo una ragione. Mi sembra che sia un passo in avanti per il quale vale la pena di spendersi». Siccome la politica è fatta di compromessi, Rosso e la nuova amministrazione stanno pensando di dedicare un monumento ai trinesi che al seguito del marchese del Monferrato divennero crociati e andarono a combattere in Terra santa. Un colpo al cerchio e uno alla botte. A volte si cambia anche così.

11 luglio 2018 (modifica il 12 luglio 2018 | 07:15)

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