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Mobilitazione continua per la Casa delle donne di Roma

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

«La casa siamo tutte»: lo slogan che è anche un hashtag, un passaparola, sinonimo di identità e condivisione di intenti, segna una mobilitazione e una protesta che non accennano a diminuire. L’obiettivo è difendere dalle minacce di «riallineare alle moderne esigenze dell’amministrazione capitolina», in altre parole di sfrattare, la Casa internazionale delle donne di Roma che da 25 anni – molti di più se si tiene conto delle occupazioni degli anni Ottanta –, sorge lungo la riva destra del Tevere nel secentesco palazzo detto del Buon Pastore, un tempo carcere femminile e convento di suore, poi Casa comune delle donne nata per sostenere la libertà femminile individuale e collettiva.

Dopo la rumorosa protesta in piazza del Campidoglio tra cori, slogan («Si sfrattano le donne, la vita si disprezza e Roma affoga nella monnezza…») e volti noti della politica e della cultura (dall’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, alle scrittrici Dacia Maraini e Lidia Ravera, dall’ex ministra Marianna Madia alle attrici Sonia Bergamasco e Veronica Pivetti), la Festa delle Giornaliste si terrà proprio nell’orto della Casa delle donne (via della Lungara 19), giovedì 14 giugno, dalle 19 alle 22, «Perché la casa è un bene di tutti, punto di riferimento per le lotte in difesa dei diritti delle donne e presidio contro la violenza maschile sulle donne. Un luogo aperto e importante di accoglienza e di dibattito politico, memoria e simbolo da trent’anni delle lotte che hanno fatto progredire i diritti di tutte le donne», si legge nel comunicato congiunto di numerose Commissioni per le pari opportunità (Fnsi, Usigrai, Ordine dei Giornalisti del Lazio, Associazione Stampa Romana) e dell’associazione GiULiA (giornaliste unite libere autonome).

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Una Casa frequentata da circa 30mila donne ogni anno, con 30 associazioni, cooperative, onlus che fanno parte del direttivo. «Il voto del 10 giugno ha segnalato quanto sia sbagliato questo modo di gestire la cosa pubblica. È al tempo stesso insipienza e ostilità politica nei nostri confronti», dichiara Irene Giacobbe che insieme a Edda Billi e Gina Di Francesco guida l’Affi (Associazione federativa femminista internazionale) nata legalmente nel 1992 proprio per dare vita al progetto della Casa. Progetto che in realtà risale agli anni Ottanta quando il Comune di Roma al termine di una trattativa con il Cfs (Centro Femminista Separatista) sanciva nella delibera del 5 agosto 1983 il cambio di sede dal Governo Vecchio (il palazzo Nardini occupato dal Movimento di liberazione della donna nel 1976) all’ex Buon Pastore, destinato a «finalità sociali, con particolare riguardo alle esigenze della collettività femminile cittadina (Casa della Donna, sede di movimenti femministi)». Racconta Irene: «Nonostante avessimo chiesto ripetutamente di avere il titolo per restare, dobbiamo aspettare fino al 2000 per la firma di una convenzione con il Comune, mentre è sindaco Francesco Rutelli: il progetto dell’Affi vede finalmente la luce; insieme al Cfs creiamo il soggetto giuridico, un consorzio con 10 associazioni. Ma, come si sa, alle donne non si regala niente: si stabilisce che dobbiamo pagare anche il periodo pregresso, 128 milioni da ammortizzare in un certo numero di anni, e che noi abbiamo puntualmente pagato, mentre l’affitto sarà di 4.500 euro al mese».

Nel 2003 viene consegnato il palazzo finalmente restaurato, grazie ai fondi di Roma Capitale; gli arredi sono stati concordati con criteri condivisi («non è un hotel di lusso!»), la parte ottocentesca è destinata alla Commissione delle Elette al Comune di Roma (formata da donne del Pds, Psi, Si, Dc e Verdi) e si valorizza l’archivio riconosciuto come pubblico, che raccoglie i preziosi documenti del femminismo della seconda ondata. Ma che cosa succede? «Arriva la giunta Alemanno e noi abbiamo accumulato 450mila euro di affitti arretrati – prosegue Irene Giacobbe –, rinnoviamo la convenzione, spalmando il pregresso fino al 2020. Ma il problema è che al momento della consegna il palazzo restaurato non era perfettamente agibile, non lo era il ristorante, né lo erano numerose sale, abbiamo pagato multe salate… Inoltre il Comune non si è mai fatto carico della manutenzione né ordinaria né straordinaria e 4.500 metri quadrati compresi il giardino e i corridoi sono tanti. Paghiamo puntualmente tutte le utenze, assai onerose, mentre per l’affitto, che nel frattempo è aumentato fino a 7.500 euro al mese, versiamo 2.500 euro e ripetutamente chiediamo di rivedere il contratto».

Intanto il debito sale a 800mila euro, a fronte di ben 600 mila euro di affitto regolarmente pagato in tutti questi anni. La svolta avviene con l’attacco dell’attuale amministrazione, che, sostiene Irene, colpisce tutti i progetti dove si realizza una socialità tra le persone, come la comunità artistica Angelo Mai, l’associazione di volontariato Grande Cocomero, o Lucha y Siesta che si occupa di sostenere le donne vittime di violenza, esperienze vive che non costano niente al Comune, ospitate in luoghi un tempo abbandonati. «Noi siamo però l’unica realtà per cui è stata forzatamente votata una mozione che vuole “riallinearci”. Ma se noi non ci fossimo, che cosa farebbero della Casa, e degli altri 200 luoghi vuoti, chiusi e dimenticati, di proprietà del Comune?», si chiede Irene.

In realtà, come ha sostenuto l’attrice e attivista Jasmine Trinca, la casa nei confronti del Comune non ha un debito ma un «credito» perché viene svolto per la città un grandissimo lavoro di volontariato non ricompensato, un lavoro speso per le donne di Roma e del mondo che ha un valore anche monetario. Il sindaco Ignazio Marino l’aveva riconosciuto, e attraverso una ricognizione aveva stabilito che il valore dei servizi sociali e culturali offerti alla città equivaleva a 750mila euro all’anno. «La giunta attuale – dice ancora Irene Giacobbe – sostiene che quella ricognizione non è mai stata votata, magari è vero, ma allora perché non ci pensano loro a farla. La verità è che lotti contro i mulini a vento. Persone incompetenti spulciano la convenzione per trovare cavilli come il fatto che non ci sono attività commerciali, tipo negozi… Noi abbiamo chiesto di rivedere la convenzione anche alla luce della legge del terzo settore che consente di dare questi luoghi in comodato d’uso, come è accaduto per la Casa delle donne di Milano e per quella di Bari dove il Comune si accolla anche l’onere di alcuni servizi. Ma acceleriamo! Più si ritarda una soluzione, più aumenta il nostro debito che sale di 5 mila euro ogni mese…».

Intanto prosegue la mobilitazione con la raccolta delle firme di solidarietà, che sono ormai quasi 100 mila, e dei fondi, già ricevuti dalla Regione Lazio e dal Manifesto, cui si aggiunge una miriade di donazioni private. Perché è davvero la Casa di tutte, dove non solo sono nati il Virginia Woolf, il Comitato promotore della legge contro la violenza sessuale, il centro StuFe (Studi sul femminismo) e tanto altro, ma anche oggi rappresenta e offre uno spazio a una moltitudine di gruppi, sodalizi, riviste. Basta pensare che all’interno dell’Affi, che è solo una delle 30 associazioni del Consorzio, ci sono realtà ricche di storia e cultura, come la Women International League for Peace and Freedom, il più antico sodalizio di donne per la pace con sede a Ginevra, o il Paese delle donne, storica rivista femminista, o ancora Donne in nero, Pari o Dispare…

«Dobbiamo lavorare sulla riduzione del debito – concorda Vittoria Tola, responsabile nazionale dell’Udi (Unione donne italiane), dal 2015 in via Lungara 19 – una soluzione sarebbe scorporare le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria, che sono state sottovalutate, e diminuire l’affitto, spalmando tutto il debito su un numero di anni più elevato. Se non vogliono il comodato d’uso, trovino almeno una soluzione rateale e ragionevole e riconoscano che non si tratta di una struttura che fa economia di mercato». L’Udi romana è in realtà nella casa dai tempi delle occupazioni degli anni Ottanta, ma da tre anni con l’arrivo dell’Udi nazionale, è disponibile anche l’archivio più importante d’Italia per la storia delle donne, cui si accede da via della Penitenza 37; un archivio riconosciuto dalla stessa Soprintendenza, che raccoglie 73 anni di storia al femminile, con centinaia di migliaia di fotografie. «Ora il nostro archivio, che fino al 2015 era rimasto nello spazio fatiscente di via dell’Arco di Parma, è affiancato da quello della Casa, sui movimenti femministi dagli anni Settanta, a costituire il polo archivistico più grande d’Europa, con un servizio pubblico che svolgiamo gratuitamente. Noi non siamo nemmeno morose, l’affitto l’abbiamo sempre pagato, ma ora vogliono imporci un canone di mercato, oltre a contestarci un danno erariale perché non trovano le ricevute dei lavori fatti in via dell’Arco di Parma fra il 1993 e il 1999. A sentire queste obiezioni, veniva da ridere persino alla guardia di finanza!».

Ma Virginia Raggi dopo la batosta del voto cambierà linea politica? «Temo di no – risponde Vittoria Tola –, la scusa è che hanno perso per colpa delle buche, ma non serve cambiare un assessore o un altro. Il problema è che lei e la sua giunta non riescono a entrare in sintonia con la storia di questa città, che è stata la capitale delle donne dalla Liberazione in poi. Oltre alla contabilità rigorosa, ci vuole la politica». Sempre il 14 giugno, a sostegno della Casa, alle ore 21, verrà presentato in anteprima il film L’affido di Xavier Legrand, premiato con il Leone d’argento e il Leone del futuro all’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un film che, come spiega il regista, «rivela la violenza sotterranea, le paure taciute, le minacce sommesse» vissute ogni giorno da migliaia di donne, in tutto il mondo. Saranno presenti, tra le altre, Titti Carrano, avvocata e già presidente di D.i.Re, e Francesca Koch, della Casa internazionale delle donne.

La Casa siamo tutte «Con il Comune abbiamo un credito, non un debito per il valore dei servizi offerti alla città» A Roma continua la mobilitazione. Oggi festa delle giornaliste in via della Lungara Mobilitazione continua per la Casa. Oggi festa delle giornaliste in via della Lungara «Roma è sempre stata la capitale delle donne Questa giunta non è in sintonia con la storia» Mobilitazione continua per la Casa. Oggi festa delle giornaliste in via della Lungara «Roma è sempre stata la capitale delle donne Oltre alla contabilità serve una visione politica» Mobilitazione continua in via della Lungara 19 Centomila firme per difendere la «Casa di tutte» E oggi a Roma grande festa delle giornaliste

14 giugno 2018 (modifica il 14 giugno 2018 | 07:02)

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