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Estrema destra in Emilia, la testimonianza: “Noi insegnanti intimidite nelle piazze e sui social”

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

I primi striscioni davanti alla scuola di Poggetto, frazione di San Pietro in Casale, sono apparsi in una notte di fine gennaio. “La favola del gender che non esiste”, “Il sesso non è un gioco, così aiuti solo il pedofilo”. Portavano il simbolo dell’associazione Evita Peron, le donne dell’estrema destra. L’ultimo, stavolta firmato da Forza Nuova, è stato appeso sempre col favore del buio ai primi di giugno. In mezzo intimidazioni e insulti via Facebook nei confronti delle insegnanti, fake news e volantinaggi nei paesi. A raccontare gli attacchi dell’estrema destra nel terre dell’Unione Reno-Galliera, tra Bologna e Ferrara, è Samanta Picciaiola, insegnante e presidente dell’associazione culturale “Falling book”, nata come gruppo di lettura sui diritti delle donne e il rispetto delle differenze di genere. È in questa veste che accetta di parlare. «Sono stati mesi terribili, ti isolano ed è quello che vogliono, è la strategia dell’estrema destra. Noi non eravamo certo preparate. Per fortuna abbiamo saputo reagire».Samanta ricostruisce il clima di tensione che ha scosso piccole comunità e scuole primarie della Bassa. Nel mirino è finito lo spettacolo “Fa’ afafine” proposto negli istituti comprensivi di San Pietro in Casale, Pieve di Cento e San Giorgio di Piano. Quando è andato in scena, a fine gennaio al teatro di Castello d’Argile, c’erano i carabinieri a scortare gli scuolabus. A tutela dei bambini vista la controffensiva che ha saldato Forza Nuova coi cattolici più oltranzisti contro “la teoria no gender”. «Fa paura uno striscione? Certo. Era un attacco alle insegnanti che volevano portare gli alunni a vedere lo spettacolo, con il consenso dei genitori. Un atto intimidatorio. L’accusa poi di pedofilia è pesantissima. La cosa più disarmante è che non ti puoi difendere, non hai davanti il volto di un genitore con il quale puoi parlare e confrontarti, non sai chi c’è dietro». Dietro ci sono le sigle della destra estrema, ma anche comitati di genitori costituiti ad hoc. «Non erano composti da mamme e papà delle nostre scuole — osserva Samanta — in realtà dietro c’è una struttura ad ombrello, sono gruppi creati e guidati dall’alto, che si muovono nell’anonimato perché, dicono, non si sentono tutelati nelle loro scelte morali». È quel mosaico attraverso il quale poi Forza Nuova costruisce appoggi e interventi. Poi ci sono gli attacchi via social.«Quelli sono stati durissimi, un vero e proprio linciaggio: buttatevi nel Reno, psicopatiche, vi spezziamo le rotule. Ecco quello che scrivevano, quello che abbiamo dovuto subire. Non puoi nemmeno denunciare nessuno perché commenti generici, non rivolti a persone con nome e cognome. Il risultato? Ci siamo sentite minacciate, fortemente giudicate, si è creato un clima di tensione che ha scosso la vita scolastica ». Il secondo attacco è partito con una notizia falsa: la messa in scena di “celebrazione” di nozze gay in classe. Nonostante le smentite, sono ripartite le intimidazioni. Un altro striscione davanti alla primaria di Poggetto, tolto dal sindaco Claudio Pezzoli che ha sporto denuncia. E ancora volantini, anche durante il presidio a metà giugno a difesa della scuola, contro «modi e toni fascisti », nella piazza di San Pietro in Casale. «Anche in quell’occasione ci hanno provato, attaccando la nostra associazione che aderisce alla rete Educare alle differenze. Siamo state difese, abbiamo reagito chiedendo aiuto alla stessa Rete e ai Cobas. Ma forse occorreva una presa di posizione più forte da parte delle istituzioni».Sono Comuni governati dal Pd. «Ma il fenomeno in parte è ancora sottovalutato: “Sono quattro gatti, non ci date peso”. Certo che sono pochi, ma sono organizzati e non hanno timore di uscire allo scoperto, praticano l’intimidazione e la violenza verbale. Non so se è la punta di un iceberg. Per me è il segnale negativo di un radicamento a cui i nostri territori non erano abituati. Nella scuola si è sempre lavorato sull’accettazione delle differenze, dalla disabilità a chi viene da altri mondi e culture. Perché non dovremmo farlo sull’identità di genere? Ora bisogna ricreare fiducia con le famiglie e difendere la tenuta democratica».
Argomenti:
provincia Bologna
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