Contro lo stupro di guerra: un protocollo internazionale a Londra
La violenza sessuale nei conflitti è una vera e propria arma di guerra: deve essere denunciata e non deve più essere un tabù.
Angelina Jolie ha concluso così la conferenza di Londra contro la violenza sessuale nei conflitti. La dichiarazione finale è stata sottoscritta da 155 paesi di ogni continente:
“Noi non riusciremo a eliminare lo stupro in zona di guerra in una notte – ha detto Jolie – ma se ci sforziamo tutti insieme, se riusciamo a condividere ciò che abbiamo imparato e convincere altri ad unirsi a noi, so che troveremo la forza per tenere la rotta e dire basta all’impunità”.
Fra gli ospiti c’era anche il segretario di stato statunitense John Kerry:
“Allora perché proprio adesso? Perché migliaia di anni dopo che lo stupro è stato iscritto nel lessico della guerra, sappiamo che è il momento di cancellarlo e di ricacciare la violenza sessuale nei secoli bui, perché esista solo nei libri di storia”.
Non si hanno stime generali sul fenomeno, che è mondiale, ma qualche esempio può dare un’idea dell’entità del fenomeno. È stato calcolato che nella Repubblica democratica del Congo vengono violentate da soldati o miliziani 36 donne.
Durante il conflitto in Bosnia, negli anni Novanta, fra le 20mila e le 30mila donne sono state violentate, ma appena sessanta persone circa sono state rinviate a giudizio.
Un protocollo scritto da esperti durante la conferenza dovrebbe aiutare a fornire strumenti adeguati per combattere il fenomeno.
Nella dichiarazione finale si legge, tra l’altro, che lo stupro in guerra non è un crimine minore e che da oggi in poi la vergogna per questi crimini deve ricadere su chi la compie e non sulle vittime.