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«Le mostrai un volantino, così mia madre scoprì che ero gay»- Corriere.it

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

di Tommaso Labate

Ingegnere, deputato del Pd, è l’autore del contestato disegno di legge sulla omotransfobia: «Non è vero che i genitori sanno d’istinto di avere un figlio omosessuale. Se sono credente? Non più, anche se da ragazzo andavo in parrocchia e leggevo a messa. Oggi credo nella scienza»

«Con una bottiglia in mano, una buona bottiglia, andrei a festeggiare in una delle tantissime case rifugio che ci sono in Italia, a brindare con chi vive là dentro, con chi là dentro magari ha smesso di soffrire oppure ha cambiato modo di farlo. Sono i luoghi che accolgono le tantissime persone cacciate di casa dai genitori subito dopo aver comunicato loro che sono gay, lesbiche o trans. Non immagina nemmeno le volte in cui tutto questo succede subito, essere cacciati dalla mamma o dal papà, non appena lo si dice, “mamma sono lesbica”, “papà sono gay”. L’arretratezza culturale che pervade la nostra società produce reazioni di odio, di rifiuto; reazioni che possono arrivare a superare, in forza, anche l’amore che sulla carta dovrebbe essere più grande, quello di un genitore per un figlio. Il giorno che succederà festeggerò là dentro. In una casa famiglia». Alessandro Zan chiude gli occhi e immagina il giorno in cui accadrà. Il giorno in cui — a seguito di parole che i cronisti o gli osservatori della politica sono abituati a sentire quotidianamente, «la Camera approva», «il Senato approva» — il disegno di legge che contrasta l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, che porta il suo nome, verrà approvato in via definitiva.

Immagina il gesto semplice di festeggiare con una buona bottiglia in una casa famiglia, di brindare insieme a qualcuno che per il suo essere omosessuale è stato sbattuto fuori casa. Una festa normale per un giorno storico, che renderà normale la vita di tantissimi che una vita normale non possono averla. Padovano, ingegnere, classe ‘73, esponente di primo piano della comunità Lgbtq+ e deputato del Pd alla seconda legislatura - non per forza in quest’ordine di importanza - Zan sta chiudendo le ultime pagine del suo libro che uscirà a settembre per Piemme. Vorrebbe intitolarlo Senza paura ma il titolo è ovviamente provvisorio, si vedrà.

Quando ha detto a casa che era omosessuale? «Appena sono tornato dall’Erasmus a Sunderland. Quel periodo in Inghilterra mi ha aiutato a capire che il mondo non era, per fortuna, come lo vedevo con i miei occhi di studente universitario nato e cresciuto in Italia. Non si sceglie di essere omosessuali, non lo si diventa: lo si è e basta. Io so di essere gay praticamente da sempre».

Sua mamma lo immaginava? «Questa è una delle tante credenze che andrebbero sfatate, quella che i genitori sappiano. Non è assolutamente così. I miei non lo sapevano».

Come andò? «La prima cosa che feci al ritorno dall’Inghilterra fu correre a iscrivermi all’Arcigay di Padova. La prima iniziativa che contribuii a organizzare fu un evento insieme all’allora ministra delle Pari Opportunità del governo D’Alema, la professoressa Laura Balbo, una sociologa illuminata che insegnava all’università di Padova. Credo sia stata la prima componente di un governo italiano a dichiararsi favorevole al matrimonio gay. La invitammo all’iniziativa senza troppe aspettative; invece aderì subito, con grande entusiasmo. Quell’iniziativa fu la scusa con cui lo dissi a casa».

Si ricorda le parole che usò? «Presi una locandina stampata con ben in vista il logo dell’Arcigay e la portai da mia mamma, tutto contento. “Guarda qua che cosa abbiamo organizzato!”».

In quell’«abbiamo» c’era il senso di una vita. Sua mamma come reagì? «Rimase disorientata. Ovviamente non lo sapeva né se lo aspettava. Questa è ancora un’epoca in cui per gli esseri umani vige la presunzione di eterosessualità. Per cui, a meno di non rientrare in uno di quegli stereotipi secondo cui si possono considerare omosessuali alcuni adolescenti, un genitore non sa quasi mai che il figlio è gay fino a che non glielo dice».

E torniamo alle case rifugio abitate da tantissime persone che sono state allontanate dalla propria casa. A quel momento iniziale.«In quel momento inizia un percorso anche per un genitore, non ci sono per fortuna solo quelli che cacciano di casa i figli. In tanti sono portati ad avere una reazione del tipo “oddio ma dove avrò sbagliato?”. In realtà non c’è nessuno che sbaglia. L’omosessualità non è una scelta. È e basta, come l’eterosessualità».

«SONO RIMASTO DELUSO DALL’EX MINISTRA RENZIANA ELENA BONETTI: ELIO VITO, DI FORZA ITALIA, INVECE È STATO UNA SORPRESA»

C’è stato un momento del iter della sua legge, che non è ancora finito, in cui ha pensato di lasciar perdere? «Mai, neanche per un secondo. Lo spirito che sta alla base di questo disegno di legge è molto facile da capire. Ci sono tantissime persone che in questo Paese non hanno la stessa dignità degli altri? Ecco, diamo a trans, lesbiche e gay quella dignità che non hanno».

C’è chi accusa lei e il Pd di non voler accettare alcune mediazione.«Questo non è vero. Fin dal giorno in cui è stato presentato il testo base, di mediazioni ne abbiamo fatte tantissime. Dico “abbiamo” perché una legge del genere non la si approva da soli».

Qualcuno che l’ha delusa per un sostegno che non è arrivato, o che non è stato come se lo aspettava? «La ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti. Era favorevole al testo. Poi il suo partito, Italia Viva, ha presentato degli emendamenti che puntano a stravolgere la legge. La sua pari grado del governo del Belgio, Sarah Schlitz, ha manifestato pubblicamente il suo sostegno al ddl Zan così com’è. Mi sarei aspettato la stessa convinzione dalla ministra Bonetti, che ha deciso invece di seguire più le indicazioni del suo partito che le prerogative del suo ministero».

Qualcuno che invece l’ha sorpresa in positivo?«Il deputato di Forza Italia Elio Vito. Un liberale vero, che sta lottando per una legge liberale contro le tantissime resistenze che ci sono nel suo partito e i tentativi di affondare la norma che ci sono nella sua coalizione, il centrodestra. Elio Vito è una persona magnifica, il suo sostegno alla guerra contro l’omotransfobia è commovente».

La bugia sulla legge che le ha dato più fastidio? «Ospite di Maurizio Costanzo, Giorgia Meloni ha detto che con l’approvazione del ddl Zan si andrebbe nelle scuole elementari a chiedere a maschietti e femminucce di scambiarsi i vestiti per spiegargli cosa sia l’omosessualità. Una fake news. Semplicemente, la legge prevede la possibilità per le scuole di organizzare dei progetti contro le discriminazioni».

Scusi, dei progetti del genere non dovrebbero essere già previsti da altre leggi?«È esattamente così. La norma del disegno di legge che mi vede primo firmatario contiene un rimando alla legge sulla cosiddetta “buona scuola”, approvata all’epoca del governo Renzi. Abbiamo preso quel pezzo e portato anche nel ddl Zan. Punto».

Le è mai capitato di sentirsi solo, in questa battaglia? «Mai. Neanche nei momenti in cui il dibattito, dentro e fuori le Aule del Parlamento, è diventato più violento. Per sentirsi meno soli, a volte, basta farsi un giro a piedi per le strade. Tanti giovani che incontro, a volte, mi urlano “ti voglio bene”. Impossibile sentirsi soli».

«Se Dio ci avesse voluto diversi, avremmo potuto cambiare sesso da soli», ha detto la senatrice leghista Faggi. «Una frase agghiacciante come i tentativi dell’ostruzionismo della Lega di affondare la legge».

Lei è credente? «No. O quantomeno non lo sono più. Da ragazzo ho frequentato l’Acr, l’Azione cattolica dei ragazzi. Andavo, come tantissimi altri ragazzi, in parrocchia; e qualche volta ho anche letto durante la messa. Poi mi sono lentamente staccato da una Chiesa per cui le persone come me sono addirittura considerate un pericolo per l’umanità. Papa Ratzinger avrebbe ribadito questo concetto con grande chiarezza».

Quindi addio alla fede. «Aggiunga che ho una visione illuministica del mondo. Credo nella scienza. E sono un ingegnere».

2 agosto 2021 (modifica il 2 agosto 2021 | 08:17)

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