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Scuola, solidarietà non competizione - Avanti

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

La scuola dovrebbe educare alla solidarietà non alla competizione, in questo senso è comprensibile e condivisibile la reazione dei Sindacati alla pubblicazione dell’ultima ricerca della Fondazione Agnelli, sul portale “eduscopio”, relativa ai risultati ottenuti dai giovani italiani al termine del secondo ciclo di studi.

 

Tuttavia ci sono alcuni elementi interessanti in tale ricerca, a cominciare dai parametri utilizzati per la valutazione. Parametri semplici da acquisire e, nella loro semplicità, oggettivi.

L’autorevolezza della Fondazione Agnelli, al netto del patente “imprinting” ideologico che ne orienta l’agire ma non ne inficia la professionalità, dovrebbe far riflettere su quanto è stato fatto negli ultimi decenni per definire l’efficacia del sistema scolastico pubblico nazionale.

Negli anni, all’interno delle scuole sono stati creati e imposti variegati comitati di valutazione, fumosi rapporti di autovalutazione, fantasiosi piani di miglioramento, affollate commissioni e task-force di vario genere, quanto di più fantasioso e macchinoso si potesse immaginare mentre la realtà, come sembra dimostrare la Fondazione Agnelli con la sua ricerca, è ben più semplice.

 

L’Istruzione pubblica ha il compito di offrire ai cittadini di domani la possibilità di poter partecipare alla vita della comunità in maniera efficace, realizzando al contempo le proprie aspirazioni individuali. Nel percorso di formazione e istruzione, i giovani devono acquisire conoscenze e la capacità di saper coniugare tali conoscenze con le proprie peculiarità, sviluppando efficaci competenze culturali, tecniche e sociali.

I parametri per misurare l’efficacia di questo percorso, come sembra dimostrare la Fondazione Agnelli, sono efficacemente misurabili, al termine del secondo ciclo di istruzione (sull’organizzazione dei cicli noi socialisti stiamo portando avanti una impegnativa riflessione), attraverso i risultati ottenuti nei primi due anni universitari oppure attraverso le opportunità di lavoro sfruttate nel primo biennio post diploma.

Dunque niente stravaganti e originali soluzioni da calare negli Istituti scolastici e utili sono a “distrarre” i docenti dal proprio compito, costringendoli ad improvvisarsi “valutatori di sistemi di gestione qualità”, ma affidabili rilevazioni fatte al termine dei cicli scolastici ed effettuate da agenti esterni al sistema.

 

A volte la strada più semplice è quella che non viene intrapresa. Il perché di tale scelta sta alla politica trovarlo e purtroppo l’impressione, avvalorata dai fatti e dai risultati, è che da anni si stia spacciando per valutazione ciò che in realtà altro non è se non il pernicioso tentativo, celato dietro la ricerca dell’efficienza, di impantanare l’istruzione statale creando una divisione sociale tra coloro che hanno nell’istruzione pubblica l’unico strumento per godere di pari opportunità e chi dispone, sin dalla nascita, di ottime opportunità fornite dal contesto sociale in cui ha avuto la fortuna di nascere.

 

Luca FantòReferente PSI scuola, università e ricerca

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