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Scuole chiuse, i genitori protestano  - Bolzano

Scritto da Google News. Postato in Pari Opportunità

Bolzano. Un’accorata lettera aperta ai vertici provinciali, sottoscritta da oltre cinquecento genitori altoatesini. «Non lasciateci soli - chiedono - durante la Fase 2».

Figli spariti dall’agenda

La gestione dei figli, sostengono i genitori nella lettera agli assessori provinciali alla scuola e alla famiglia, al presidente Kompatscher e alla commissione pari opportunità, «sembra sparita sia dai dibattiti dell’opinione pubblica che dai tavoli di lavoro tecnici». Le famiglie, però, ora chiedono una risposta da parte delle autorità su diversi temi: restituire ai ragazzi la socialità della scuola, colmare il gap che la didattica virtuale comporta, garantire alle famiglie un qualche tipo di welfare in termini di assistenza all’infanzia ora che i genitori devono tornare al lavoro.

La scuola che manca, a tutti

In un momento così impegnativo, si prosegue, la scuola potrebbe essere uno strumento importante attraverso cui bambini e ragazzi elaborano e condividono traumi e disagi che il Covid e la convivenza forzata e prolungata colle famiglie hanno comportato. «Se la scuola non riapre, il rapporto alunni–insegnanti, il contatto coi ragazzi risulta sempre più difficile: difficoltà tecnologiche per ragazzi e insegnanti, necessità di un impegno proattivo dei genitori impegnati nello smart working, ragazzi problematici o portatori di handicap che perdono l’aspetto sociale fondamentale per lo sviluppo psico-fisico di un minore». Per non parlare dei bambini provenienti da famiglie problematiche o violente. «Scuola e strutture ricettive per l’infanzia sono il luogo in cui ci si accorge se il bambino è pulito, nutrito o al contrario se è disperato o subisce maltrattamenti. I casi di violenza domestica aumentano quando le condizioni economiche familiari peggiorano». Perciò «urge ripristinare la scuola anche come elemento di controllo. Per restituire voce ai più piccoli e più indifesi».

Il gap virtuale

La didattica virtuale, si sostiene oltre, non è democratica. «Accentua le differenze demografiche esistenti. I fronti su cui tale disparità viene aumentata sono svariati e attingono a fattori diversi». Ci sono di mezzo fattori tecnologici, ambientali, sociali. La presenza attiva dei genitori poi «è conditio sine qua non per tutti gli scolari di elementari e primi anni delle medie, per i quali è impensabile un’autonomia nel destreggiarsi all’interno di registri elettronici, videotutorial, materiali didattici, incarnando quindi la figura dell’istruttore. I genitori però non sono insegnanti e non possono e non devono sostituirsi ad essi». La scuola virtuale «non è aperta a tutti e non tutela appieno il diritto costituzionale all’istruzione».

Il welfare fantasma

In mancanza di alternative da parte delle autorità competenti, si va oltre, quelle famiglie che hanno a disposizione il cosiddetto welfare di comodo si vedranno costrette a tornare alle vecchie abitudini, andando ad affidare i bambini ai nonni. «Una quarantena nonni-nipoti, mettendo così in pericolo proprio la categoria più a rischio, gli anziani. Esattamente quella fascia di popolazione che restrizioni e chiusure forzate mirano a tutelare». E le famiglie che non dispongono di nonni su cui contare? «Uno dei due genitori - tendenzialmente la figura femminile - si vedrà costretto a rinunciare al proprio lavoro, con tutto quello che ne deriva in termini di minori entrate per il bilancio famigliare e di risorse e competenze perse per il tessuto economico locale». L’ipotesi smart working da casa in combinazione alla gestione dei bambini «verrà sicuramente intrapresa da molti, laddove le aziende lo mettano a disposizione». Tuttavia, soprattutto nel caso di bambini piccoli o non autosufficienti, «l’attenzione e il rendimento lavorativo ne risulteranno pesantemente penalizzati». In sostanza, saranno sia le aziende a pagare, in termini di minori risultati, che i lavoratori in sede di valutazioni di fine anno». Quasi tutti i paesi Ue (Francia, Olanda, Germania, Austria ecc.) pensano ad una ripartenza che vada di pari passo con la riapertura di scuole e strutture di accudimento dell’infanzia. Anche a livello nazionale alcune realtà, come ad esempio la Provincia di Trento e il Comune di Empoli, si propongono come progetti pilota per sperimentare alcune soluzioni propedeutiche alla riapertura di settembre. Le modalità non sono certe ma sono state fatte delle ipotesi: lezioni all’aperto (come in Danimarca); usare spazi inutilizzati per le lezioni in modo da garantire il distanziamento sociale; workshop in piccoli gruppi; alternanza scuola fisica e didattica online all’interno delle classi su una base di turnazione; ingressi scaglionati e così via. «E in provincia di Bolzano - si chiede - cosa si pensa di fare? Che risposte vengono date alle famiglie?» Quelle elencate sopra sono solo delle opzioni possibili. «È compito della politica individuare le soluzioni più idonee ed efficaci calate sul territorio locale».

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