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STALKING, LA PROTEZIONE CHE NESSUNO PUO' DARE, INCHIESTA DI FLAVIA AMABILE

Il mio molestatore impunito


Fra caserme di carabinieri e commissariati di polizia
alla ricerca di una protezione che nessuno può dare


FLAVIA AMABILE

«Mi scusi, devo fare una denuncia per stalking...» «Sto...che?». Da tre giorni giro per commissariati e caserme di Roma alla ricerca di un poliziotto o un carabiniere in grado di dirmi chi mai mi difenderà dalla persecuzione di un maniaco. Mi prende di mira soprattutto di notte con telefonate piene di oscenità. Da un po' di tempo ha iniziato anche a venire a citofonare a casa. Alle due, alle tre: mi sveglio di soprassalto, corro alla finestra, ma lui è già fuggito.

Lo racconto a marescialli e agenti. E' un tentativo di chiedere protezione. Un tentativo disperato, quasi inutile. Dopo aver spiegato con chiarezza che per stalking intendo le molestie e che voglio denunciare qualcuno, inizia l'attesa.

Le denunce finiscono tutte nello stesso calderone. Si tratti di un furto di un'auto, di uno smarrimento di un portafogli o di una persecuzione al commissariato di Monteverde indicano a tutti la stessa saletta con una poltroncina lercia e odore di caffé stantio nell'aria. Dal fondo arriva la voce dell'agente: scandisce il numero di telefono della persona seduta accanto a lui, con il risultato che tutti noi in attesa potremmo appuntarcelo. Se non volessi far sapere in giro la storia che sto per raccontare ho scelto il posto sbagliato.

«Avanti il prossimo», urla l'agente dieci minuti dopo, nemmeno fossimo dal dentista. Tocca a me, entro. Racconto, provo a far capire che ho paura, che dopo le telefonate e l'assalto al citofono non c'è che l'aggressione personale, la violenza. L'agente si avvicina, stavolta abbassa la voce e con lo sguardo annacquato che alcuni uomini usano quando vogliono apparire irresistibili mi dice: «Una questione d'amore, eh?».

Non è esattamente Johnny Depp, quindi devio rapidamente: «No, ho l'impressione che si tratti di un problema con alcuni vicini, c'è stata una lite, o forse qualcosa sul lavoro, o semplicemente un pazzo ha scelto me...». Un po' deluso, l'agente apre un cassetto. «Può fare la denuncia anche tramite Internet, ecco il modulo, mi raccomando descriva bene quello che le accade. Quante volte citofona?». «Una a settimana, più o meno». Vabbé, scriva tre, altrimenti non la guardano nemmeno la sua denuncia». Possibilità che qualcuno trovi il mio molestatore? «Mah, se non sa chi é e lui non lascia tracce telefoniche, non saprei...» Prendo il foglio, ringrazio e esco. Avanti il prossimo.

Il ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna da mesi sta lavorando alla legge che dovrebbe portare risultati decisivi quando prima o poi il Parlamento la approverà: i molestatori, se fermati in flagrante, potranno essere arrestati e subiranno il processo in tempi rapidissimi. E quelle come me che subiscono le violenze ma non sanno chi le compie? Chi ci aiuterà mai? Il ministro ha annunciato anche una nuova sezione per la repressione dello stalking fra i Carabinieri con persone preparate ad ascoltare e aiutare le donne.

Punto, decisa, verso la caserma Trastevere. Il carabiniere in portineria mi osserva con diffidenza: controlla il mio documento, non abito in zona e loro agiscono solo per aree di competenza, ma mi procura un colloquio con il maresciallo. Entro in un ufficio pulito, ordinato, il maresciallo ascolta con attenzione. «Non sospetta di nessuno? Allora non resta che chiedere i tabulati. Ci vorranno tre mesi per ottenerli».

Dunque aspetto tre mesi. E poi? Se il mio molestatore telefona da una cabina? Se ha una scheda intestata a un extracomunitario o a qualcuno di irreperibile? Il maresciallo allarga le braccia. «Il nostro è un tentativo, non possiamo fare di più». Alla caserma dei carabinieri dell'Aventino sono anche più chiari: «Se il suo molestatore chiama da una cabina non c'è nulla da fare: non possiamo di certo mettere un carabiniere lì in attesa. Queste cose accadono solo nelle fiction: a Roma abbiamo emergenze più gravi di cui occuparci».

Al commissariato di polizia del Celio nemmeno mi fanno salire in una stanza. E' domenica, sono a ranghi ridotti e non hanno tempo da perdere. Un agente in borghese mi fa raccontare tutto in portineria. Ripeto per l'ennesima volta della persecuzione, della progressione delle molestie e della mia angoscia. «Che cosa può fare? Provi a chiamare una volante quando sente la citofonata. Abita in periferia? Allora, lasci perdere: impiegherebbe troppo tempo. Ma, scusi, non può cambiare scheda o staccare il citofono?».

LA STAMPA, 26 gennaio 2009

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