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LETTERA APERTA ALLE DONNE DI MARIA LAURA RODOTA'

Un articolo di Maria Laura Rodotà sul Corriere della Sera:

IL CASO
Veline, escort, maschilismo
Lettera aperta alle donne


È il momento di un neofemminismo. Ripartiamo dall'autostima
Care donne italiane, o meglio ca­re donne italiane che cominciano a discutere di deriva maschilista-mi­sogina nel nostro Paese e dell'im­broglio sesso-politica che sta im­bambolando la nostra repub­blica, che si preoccupano della video-velinocrazia che condiziona le nostre vite di mature (invisibili) e giovani (preferibilmente scollate); care tutte, che si fa? Finora qualcuna ha parlato di «silenzio delle donne»; molte altre, non ita­liane, si sono chieste perché da noi non ci si ribella; altre ancora han­no obiettato che la chirurgia plasti­ca è più popolare in Spagna, che le sceme da reality sono ovunque, che le ragazze che fanno carriera grazie ai potenti sono un fenome­no globale. Altre sono d'accordo sulle critiche alla mercificazio­ne- cooptazione come unico mezzo femminile per emergere, ma si di­vidono sulle iniziative: manifesta­re, rompere le scatole in modo ca­pillare, o inventarsi dell'altro. Han­no iniziato frange avanzate di stu­diose e polemiste. Continueranno, forse, donne normali. Grazie alla diffusione virale, più che di edito­riali, di documentari.

Corpi vili?
Perché è da vari mesi, dall'inizio del caso Berlusconi-Noemi-e poi al­tre, che parecchie donne provano un senso di umiliazione collettiva. È da ancora prima che qualcuna mo­stra segni di intolleranza attiva. Al­l'inizio dell'anno è uscito un docu­mentario, Il corpo delle donne di Lo­rella Zanardo, prima presentato in eventi semicarbonari, poi mostrato da Gad Lerner all' Infedele , ora feno­meno sul Web: è un rapido e terrifi­cante montaggio-sovrapposizione di immagini tv che lascia tramortite davanti a un evidente modello di Femmina Unica raggiungibile solo a furia di diete, reggiseni e chirurgia ( vedere Il corpo delle donne online e poi correre al cinema per Video­cracy di Erik Gandini può produrre gravi stati depressivi bipartisan, at­tenzione). Poi i corpi sono diventati veri, di ragazzine che dicevano papi, di escort nel letto grande, eccetera. Poi ci sono le ragazze della tv, va da sé.

Studiose all'attacco
Ma ci sono anche le quasi-ex ra­gazze dell'università, in genere espa­triate.
Come Nadia Urbinati, che in­segna teoria politica alla Columbia di New York. E ha scritto: «Le don­ne sono sempre lo specchio della so­cietà, il segno più eloquente della condizione nella quale versa il loro Paese: quando muoiono per le vio­lenze perpetrate da un potere tiran­nico o quando viaggiano con voli prepagati per ritirare un cotillon a forma di farfalla... È urgente che si levino voci di critica, di sconcerto, di denuncia; voci di donne». E poi Michela Marzano, apprezzata filoso­fa a Parigi: «Perché tante donne cre­dono che il solo modo per emergere sia quello di ridursi a oggetti di pul­sioni, contemplate per il corpo-fetic­cio che incarnano, e ridicolizzate per la loro incompetenza professio­nale davanti alla telecamera? Quale libertà resta oggi alle donne in un Paese in cui il potere in carica propo­ne loro un modello unico di riuscita e di comportamento?». Conclude Marzano: «Facciamo, allora, in mo­do che il ventunesimo secolo, col pretesto di essere 'alla moda', non sia la tomba di tutte le conquiste femminili del secolo scorso». C'è chi dice «allora scendiamo in piaz­za ». E chi ironizza.

Veline e velini
Come Nicoletta Tiliacos, femmi­nista storica e penna del Foglio , che attacca «la piattezza di questa ver­sione vittimistica e irreale della "donna italiana silenziosa"». Inter­pellata, Tiliacos precisa: «Altro che silenzio, sono anni che non sentivo discutere tanto. Se dobbiamo pole­mizzare sulla cooptazione in politi­ca, parliamo di veline ma anche di velini. E poi non stiamo parlando di donne passive, ma di donne che fanno delle scelte. Intorno ai palaz­zi del potere ci sono sempre state le garçonnières . Se ora le ragazze vo­gliono uscire e diventare deputate, non mi scandalizzo». Anche se sui media di centrodestra però c'è chi si scandalizza, e come. C'è Sofia Ventura, professore di scienza della politica a Bologna, autrice di un ar­ticolo sul velinismo per la fondazio­ne finiana FareFuturo che in prima­vera ha scatenato risse. Ventura vorrebbe più indignazione, e più trasversale: «Ho visto Il corpo delle donne insieme a un gruppo di stu­denti di Sciences-Po a Parigi. Erano tutti inorriditi. Ho discusso alla Fe­sta democratica di Bologna. E tra le dirigenti Pd ho trovato molto benal­trismo, molto conformismo detta­to dalla fedeltà ai leader. Che in Ita­lia sono maschilisti».

L'autostima bassa
Sono maschilisti, di sicuro. Ma le donne italiane, sembrano registra­re il più basso tasso di autostima nel mondo occidentale. Tengono la tv accesa, non badano alle bellezze bipartisan, non si arrabbiano per non passare per matte. Anche le po­litiche. Secondo una ricerca della so­ciologa Donata Francescato, le no­stre parlamentari hanno enormi dif­ficoltà a pensarsi come leader. Quel­le di sinistra ancor più di quelle di destra. Dice Ventura: «È un dato tra­gico. È un problema di tutte. Forse bisognerebbe partire da un'analisi collettiva.. E iniziare a parlare. Nella vita quotidiana e nella vita politica, superando le divisioni di partito. Per smetterla col conformismo veli­naro. Se non lo facciamo, se non li­beriamo i talenti femminili, questo Paese è condannato a una lenta ago­nia ». Ma di nuovo: come si fa?

Un nuovo femminismo?
«Io non sono pessimista», cerca di tirar su il morale Eva Cantarella, storica del diritto. «Perché ricordo il vecchio femminismo. Si era in po­che, e bisognava convincere la stra­grande maggioranza delle donne, quelle che erano chiuse in casa e di­cevano "ma io non sono discrimina­ta". Ed è successo, e molto è cambia­to. Certo, ci vuole molto tempo, e un'attività capillare. Per questo non sono contraria a scendere in piazza. In una fase in cui siamo tutti incate­nati agli schermi, la parola pubblica sarebbe la vera novità. Mi viene in mente la canzone di Giorgio Gaber, che invitava ad andare nelle strade e nelle piazze. Il diritto universale non passa per le case, continuereb­be Gaber. Anche perché, nota Tilia­cos che pure non è d'accordo, «guar­dare troppa tv rallenta il metaboli­smo ». Forse le donne italiane sareb­bero più contente del loro corpo se si dessero una mossa, di questi tem­pi, vai a sapere.

Maria Laura Rodotà

 

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